Cass. pen., sez. II, sentenza 19/04/2019, n. 17322

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 19/04/2019, n. 17322
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17322
Data del deposito : 19 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da C E, nato a Rossano il 3.4.1984, C A, nata a Pescara il 5.5.1989, SCUDERIA ITALIAE S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Teramo del 10.8.2018 Visti gli atti, l'ordinanza e i ricorsi;
Udita nell'udienza camerale del 18 gennaio 2019 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina A R P;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di L T, che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio l'ordinanza impugnata, in accoglimento del terzo motivo dei ricorsi, e di rigettare nel resto;
Udito l'avv. C M, difensore dei ricorrenti, che ha chiesto l'accoglimento dei ricorsi

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 10 agosto 2018 il Tribunale del riesame di Teramo ha confermato il decreto emesso dal G.I.P. presso lo stesso Tribunale, con cui è stato disposto il sequestro preventivo sulle somme di denaro nella disponibilità dell'indagato C E per un importo pari ad euro 400.879,13 ovvero, in caso di mancato reperimento del profitto diretto, su altri beni nella sua disponibilità per un valore corrispondente. C E è indagato in ordine ai reati di cui agli artt. 81, 110, 483 e 640 co. 2 c.p. (capo 1);
81, 110, 483 e 640 co. 2 c.p. (capo 3);
81, 110, 483 e 640 co. 2 C.p. (capo 4), per avere posto in essere delitti di truffa ai danni dell'Erario, inducendo in errore i funzionari della Motorizzazione civile di Teramo ed immatricolando in Italia, sulla base di documentazione falsificata, delle autovetture, importate e rivendute ai clienti nazionali senza assolvere all'obbligo di versamento dell'IVA (ovvero effettuando il versamento in misura inferiore a quella dovuta). Avverso l'anzidetta ordinanza del Tribunale del riesame il difensore di C E, C A e SCUDERIA ITALIAE s.r.l.s. ha proposto ricorsi per cassazione, deducendo i seguenti motivi: 1) erronea applicazione della legge con riguardo alla competenza territoriale: secondo i ricorrenti, la consumazione delle truffe sarebbe avvenuta nei luoghi di conseguimento del profitto, ossia presso le sedi delle società alienanti, tutte localizzate nel territorio di Reggio Emilia, ove i singoli acquirenti avrebbero versato il prezzo di acquisto delle vetture, indicate in rubrica. Comunque, pur a volere in ipotesi ammettere che il destinatario finale dell'ingiusto profitto fosse stato l'indagato, la competenza si sarebbe dovuta radicare nel luogo di residenza del medesimo: dapprima, Trento e, di seguito, Pescara. Di contro, l'ordinanza impugnata avrebbe anticipato il momento consumativo dei reati all'induzione in errore dei funzionari della Motorizzazione civile di Teramo, destinatari della documentazione falsificata, senza considerare l'effettivo conseguimento dell'ingiusto profitto, con la conseguenza che, apparendo il profitto indeterminato, sarebbero dovute valere le regole suppletive di cui all'art. 9 c. p.p., 2) erronea applicazione della legge penale e motivazione apparente in ordine al fumus commissi delicti, per avere il giudice del merito qualificato i veicoli di importazione come nuovi, nel senso indicato dal quarto comma dell'art. 38 D.L. 30 agosto 1993 n. 331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, pur in mancanza di accertamenti documentali. La falsità della documentazione acquisita, poi, non sarebbe mai stata oggetto di una consulenza tecnica, finalizzata alla verifica delle sottoscrizioni delle dichiarazioni degli acquirenti finali, che sarebbero coloro che risponderebbero dell'effettivo assolvimento dell'imposta, sicché il semplice disconoscimento delle menzionate sottoscrizioni sarebbe dovuta essere valorizzata come una dichiarazione etero accusatoria, priva dei necessari elementi di riscontro, da parte di soggetti astrattamente coinvolti nell'ipotesi di reato, per la loro solidarietà nel pagamento degli oneri fiscali non assolti. Mancherebbero poi indici di riferibilità a C E ovvero alla società Scuderia Italiae s.r.l.s. delle operazioni di vendita dei veicoli;3) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e motivazione apparente, per essere il sequestro, finalizzato alla confisca diretta, stato "eseguito su tutti i conti correnti riferibili all'indagato C E, senza alcuna individuazione, con reale certezza, dell'appartenenza delle somme e questo giustifica, altresì, i motivi dei ricorso del terzo interessato Scuderia Italiae s.r.l.s. titolare della provvista oggetto di sequestro sul conto corrente". Inoltre, sarebbero state sequestrate somme senza considerare il profitto conseguito da ciascun coindagato e sarebbero rimaste prive di risposta le doglianze in merito sia al superamento del valore reale dei beni, sottoposti a sequestro, rispetto a quanto richiesto dal P.M. sia alla mancata disponibilità da parte dell'indagato C dell'immobile, sito in Montesilvano, Strada comunale del Chiappinello 84/4, intestato alla moglie separata C A, estranea al reato. Tale immobile sarebbe stato acquistato dalla C in regime di separazione dei beni e sarebbe gravato da un mutuo, i cui ratei sarebbero stati corrisposti con denaro della stessa C o comunque con denaro dell'indagato ma a quest'ultimo restituito dalla C. All'odierna udienza camerale, celebrata ai sensi dell'art. 127 c.p.p., si è proceduto al controllo della regolarità degli avvisi di rito;
all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E' fondato il terzo motivo del ricorso, nella parte concernente il sequestro disposto sull'immobile intestato a C A, mentre i ricorsi sono inammissibili nel resto 1.1 Il primo motivo dei ricorsi è manifestamente infondato. L'eccezione di incompetenza territoriale, reiterata con il ricorso in scrutinio, è già stata disattesa dal Tribunale del riesame di Teramo, che ha rimarcato che i delitti di truffa sono stati posti in essere ai danni dell'Erario, inducendo in errore i funzionari della Motorizzazione civile di Teramo ed immatricolando in Italia, sulla base di documentazione falsificata, delle autovetture, importate e rivendute ai clienti nazionali, senza assolvere all'obbligo di versamento dell'IVA (ovvero effettuando il versamento in misura inferiore a quella dovuta). In tale prospettiva correttamente il giudice del riesame ha osservato che i delitti di truffa "devono ritenersi consumati nel luogo in cui veniva conseguito il vantaggio fiscale (ossia quello in cui gli oneri fiscali si sarebbero dovuti ottemperare ovvero venivano adempiuti per importi inferiori al dovuto mediante operazioni eseguite presso le locali agenzie di Poste italiane s.p.a.), pacificamente coincidente con il circondario di Teramo, restando irrilevanti il successivo momento e il diverso luogo in cui i veicoli, introdotti nel territorio nazionale ed ivi immatricolati, venivano resi commerciabili e fatti oggetto di transazioni con gli utenti privati (invero nessuna truffa è stata ipotizzata dal rappresentante della pubblica accusa nei confronti degli acquirenti) in difetto della regolarizzazione degli obblighi fiscali". Siffatte argomentazioni sono scevre da errori di diritto. Questa Corte (v. Sez. U, n. 1 del 16/12/1998, Rv. 212079;
Sez. 2, n. 37855 del 22/9/2010, Rv. 248906) è ferma nel ritenere che la truffa è reato istantaneo e di danno, che si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica da parte dell'autore fa seguito la "deminutio patrimonii" del soggetto passivo. Si è ritenuto che la truffa non è un reato di pericolo, poiché, a differenza di altre ipotesi criminose, che pure offendono il patrimonio, per le quali basta una situazione di pericolo, l'evento consumativo risulta esplicitamente tipizzato in forma di conseguimento del profitto con il danno altrui;
elementi, questi, dell'arricchimento e del depauperamento che sono collegati tra loro in modo da costituire concettualmente due aspetti di un'unica realtà. Si è in particolare precisato che, essendo la truffa, per la collocazione sistematica della disposizione incriminatrice nel titolo XIII del libro II del codice penale e per l'oggettività giuridica tutelata, un delitto contro il patrimonio mediante frode, l'elemento del danno - a differenza del requisito del profitto ingiusto, che può comprendere in sé qualsiasi utilità, incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico - deve avere necessario contenuto patrimoniale ed economico, consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale, che abbia l'effetto di produrre la perdita definitiva del bene da parte della persona offesa mediante la "cooperazione artificiosa della vittima", che, indotta in errore dall'inganno, ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche è evidente che correttamente il giudice del riesame ha individuato il momento di consumazione delle truffe nei luoghi (ricadenti nel circondario di Teramo) in cui, al fine dell'immatricolazione delle autovetture, venivano versati importi inferiori rispetto a quelli dovuti, con correlati danno per lo Stato, per la diminuzione patrimoniale subita, e vantaggio economico per l'indagato. E' altresì evidente che i successivi momenti, in cui sono stati stipulati i contratti di vendita delle autovetture, sono irrilevanti, essendo estranei all'integrazione del reato di truffa.
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