Cass. civ., sez. I, ordinanza 10/05/2019, n. 12550

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, ordinanza 10/05/2019, n. 12550
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12550
Data del deposito : 10 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

ORDINANZA sul ricorso n. 16463/2016 proposto da: T N, elettivamente domiciliato in Roma, Via L. Mancinelli, 65, presso lo studio dell'Avvocato E M, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

C F, elettivamente domiciliato in Roma, Via Giulio Rubini n. 48 Pal. D, presso lo studio dell'Avvocato R G, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;
- contro ricorrente- Regione Calabria e G G;

- intimati -

avverso la sentenza n. 241/2016 della CORTE D'APPELLO di C, depositata il 22/2/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/01/2019 dal consigliere P A;
lette le conclusioni del P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale DE AUGUSTINIS UMBERTO, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. N T, a seguito dell'instaurazione nei suoi confronti di un giudizio erariale per il danno asseritamente cagionato con il collaudo di talune opere finanziate dalla Regione Calabria e relative a tre strutture alberghiere, proponeva querela di falso al fine di contestare l'originalità delle firme a lui attribuite presenti su alcuni documenti e a tal fine, oltre che per il ristoro dei danni morali e materiali subiti, evocava in giudizio la Regione Calabria, F C e G G. Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 976/2009, rigettava la querela di falso proposta all'esito delle risultanze della perizia grafologica espletata nel corso del giudizio.

2. La Corte d'Appello di Catanzaro, con sentenza depositata in data 22 febbraio 2016, accoglieva in parte l'impugnazione proposta dallo T sulla scorta di una nuova indagine peritale e dichiarava la falsità delle firme attribuite all'appellante apposte sul libretto delle misure e sul registro di contabilità riguardanti i lavori eseguiti presso l'hotel Ripa.

3. Ricorre per cassazione contro detta pronuncia N T, al fine di far valere sette motivi di impugnazione. Resiste con controricorso F C, il quale ha eccepito l'improcedibilità o inammissibilità del ricorso proposto perché notificato a un difensore diverso da quello costituito in grado di appello, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata. Gli intimati Regione Calabria e G G non hanno svolto alcuna difesa. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, ex art. 380 bis.1 c.p.c., sollecitando la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Va esaminata, in via preliminare, l'eccezione di improcedibilità o inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente Cefalì all'atto della sua costituzione in giudizio. Il rilievo, seppur suffragato dalle risultanze processuali - da cui risulta che il Cefalì, in grado di appello, era difeso dall'Avv. Michele Colace e presso di lui domiciliato, mentre il ricorso per cassazione è stato notificato al precedente difensore Avv. Francesco De Luca -, non è fondato. La costituzione del controricorrente in giudizio - nonostante la nullità della notifica del ricorso, in quanto non effettuata al difensore nominato nel giudizio di appello e nel domicilio ivi eletto - sana infatti il vizio di notifica, anche se effettuata al fine di eccepire la nullità (Cass. S.U. 14916/2016;
Cass. 5663/2018;
Cass. 7703/2018).

5.1 Il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. in quanto la corte territoriale, dopo aver constatato la non autenticità delle firme apposte sul documento relativo alla ditta Manti, avrebbe omesso di inserire in dispositivo la relativa declaratoria.

5.2 La censura non merita accoglimento.Effettivamente la corte territoriale, dopo aver constatato (a pag. 7) "la non autografia delle firme apposte sul documento relativo alla ditta Manti", non ha esteso la declaratoria di falsità contenuta nel dispositivo anche a tale atto. Ciò nonostante occorre considerare che nell'ordinario giudizio di cognizione l'esatto contenuto della pronuncia e la sua portata precettiva vanno individuati non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima rivela l'effettiva volontà del giudice;
ne consegue che, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, è da ritenere prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento, che va quindi interpretato in base all'unica decisione che in realtà esso contiene (Cass. 15088/2015, Cass.15585/2007). Si deve pertanto ritenere che la sentenza impugnata, all'esito di una integrazione del dispositivo con la motivazione, abbia accertato la falsità anche delle firme riportati sui documenti che risultano indicati nel solo corpo della motivazione ma non nel dispositivo.

6.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. perchè la corte territoriale avrebbe completamente omesso di pronunciarsi sulla domanda svolta per sentir dichiarare la nullità, l'annullamento o l'inefficacia di tutti gli atti o i verbali contenenti firme apocrife.

6.2 Il motivo è fondato. In effetti, in relazione ai documenti per i quali la querela di falso è stata accolta, manca del tutto l'ulteriore statuizione sollecitata dall'appellante, che il giudice è tenuto ad emettere anche d'ufficio, ai sensi degli artt. 226 cod. proc. civ. e 537 cod. proc. pen.. Né possibile ritenere che la necessità di una simile pronuncia sia stata implicitamente esclusa dalla corte distrettuale laddove la stessa ha ritenuto che «ogni altra questione risulta assorbita», in quanto una simile espressione ha il significato di qualificare le ulteriori domande proposte e non esaminate come logicamente incompatibili con la statuizione adottata, rimanendo così superfluo il loro esame. La domanda di «dichiarare nulli, annullare e/o comunque dichiarare privi di ogni e qualsiasi efficacia giuridica tutti gli atti e verbali contenenti le firme apocrife dell'ing. T» non assumeva questa valenza, essendo correlata piuttosto che coperta dalle statuizioni espressamente adottate. Se ne ricava che il collegio d'appello ha effettivamente omesso di prendere in esame la domanda di fare applicazione, in conseguenza dell'accertamento dell'intervenuta falsificazione, degli artt. 226 cod. proc. civ. e 537 cod. proc. pen.. Nella ipotesi in esame la statuizione in parola doveva consistere, fatta salva la verifica del mancato pregiudizio a interessi di terzi non intervenuti come parti nel giudizio, nella cancellazione del documento, che si risolve nella dichiarazione che il documento non può avere alcun effetto giuridico, come recitava il precedente art. 481 cod. proc. pen.;
statuizione, questa, essenziale alla natura del giudizio promosso, mirando la querela di falso proprio a privare un atto pubblico della sua intrinseca idoneità a fare pubblica fede, con un accertamento che, eliminando ogni incertezza sulla veridicità del documento, rivesta efficacia erga omnes ed escluda l'idoneità del documento impugnato ad assumere qualsiasi efficacia giuridica come mezzo di prova.
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