Cass. pen., sez. II, sentenza 30/11/2021, n. 44322
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto nell'interesse di C A, nato a San Severo il 27.1.1955, contro la sentenza della Corte di Appello di Torino del 23.10.2019;visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere dott. P C;letta la requisitoria del PG che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 3.11.2016 il Tribunale di Torino aveva riconosciuto A C responsabile dei reati a lui ascritti, ovvero la ricettazione dell'assegno di cui al capo A) e del certificato di proprietà di cui al capo B) e, inoltre, la appropriazione indebita di cui al capo C) sicché, ritenuto tra le diverse violazioni di legge il vincolo della continuazione, ricondotto il fatto di cui al capo A) nella ipotesi attenuata contemplata nel capoverso dell'art. 648 cod. pen. stimata prevalente sulla pur contestata recidiva, lo aveva condannato ag pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed Euro 300 di multa oltre al pagamento delle spese processuali;2. la Corte di Appello di Torino, decidendo sul gravame interposto nell'interesse del C, ed in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al delitto di cui al capo C) perché nel frattempo estinto per intervenuta prescrizione ed ha rideterminato la pena, per i fatti di ricettazione, in anni 1 e mesi 2 di reclusione ed Euro 220 di multa confermando nel resto la sentenza appellata;3. ricorre per cassazione il difensore del C lamentando violazione di legge con specifico riferimento agli artt. 157, 161 e 648 cod. pen.: rileva che la Corte di Appello ha respinto la richiesta della difesa di retrodatare la data di consumazione dei fatti di ricettazione sino a quella prossima alla denunzia per i reati presupposto in tal modo violando i principi in punto di istantaneità del delitto e del "favor rei" che deve trovare applicazione nel caso di incertezza sul momento di ricezione di provenienza delittuosa;4. il PG ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell'art. 23 comma 8 del DL 137 del 2020: rileva la manifesta infondatezza delle censure difensive a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che risulta a suo avviso adeguata e congrua. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è manifestamente infondato. 1. I fatti di ricettazione per i quali è intervenuta la condanna dell'odierno ricorrente sono stati contestati come "A) accertato in Torino in data 28.11.2007" e "8) accertato in Torino in data 28.11.2007". Questa stessa Sezione, invero, ha già avuto modo di chiarire che, ai fini del calcolo del termine di prescrizione relativo al reato di ricettazione, nell'ipotesi in cui manchi prova certa della data di acquisizione del bene da parte dell'imputato, il momento consumativo del reato deve essere individuato, in applicazione del principio del " favor rei", in prossimità della data di commissione del reato presupposto (cfr., Cass. Pen., 2, 9.6.2016 n. 31.946, Minutella;Cass. Pen., 2, 20.1.2010 n. 5.132, Gligora;Cass. Pen., 2, 24.5.2006 n. 19.472, Rinaldi). Se non ché, e venendo per l'appunto al delitto 'presupposto', il capo A) riguarda un assegno il cui furto era stato denunziato in data 14.6.2005;il capo B) un certificato di proprietà la cui sottrazione era stata denunciata in data 28.4.2005. Tenendo conto, allora, di queste due date, si deve prendere atto che entrambe sono antecedenti alla entrata in vigore della legge 251 del 2005 che, come è noto, ha riformato la disciplina della prescrizione per cui occorre, in primo luogo, individuare quale, tra la disciplina previgente e quella di nuovo conio, sia applicabile al caso di specie. A tal fine non è inutile, in primo luogo, ribadire che la qualificazione del fatto che è stato ricondotto nella ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 648 cod. pen. non ha alcuna rilevanza ai fini del tempo necessario a prescrivere il reato essendo assolutamente pacifico che la ricettazione di particolare tenuità, per l'appunto prevista dall'art. 648, comma secondo, cod. pen., rappresenta un'ipotesi attenuata del reato di ricettazione punito con la pena massima di otto anni di reclusione e contemplato dal primo comma dello stesso articolo (cfr., Cass. SS.UU., 21.4.1995 n. 9.567, Cosmo ed altro, Rv. 202003;Cass. Pen., 2, 21.3.2017 n. 14.767, A, Rv. 269492;Cass. Pen., 2, 10.1.2013 n. 4.032, PM in proc. Renzi, Rv. 254307). In secondo luogo è pure opportuno ribadire che nel caso di successione nel tempo di leggi penali, l'individuazione del regime di maggior favore per il reo ai sensi dell'art. 2 cod. pen. deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo (cfr., Cass. Pen., 3, 12.6.2014 n. 27.952, B, Rv. 259399;Cass. Pen., 2, 22.3.2019 n. 27.816, R, Rv. 276970, secondo cui la individuazione della disciplina più favorevole va fatta comparando le diverse discipline sostanziali succeduti nel tempo dando rilievo, anche, all'esito del giudizio di valenza tra circostanze comparabili e di opposto segno ed ha richiamato, ad esempio, Cass. Pen., 4, 24.10.2014 n. 50.047, Ferrante che ha riaffermato tale principio in materia di norme sugli stupefacenti spiegando che, in relazione alla fattispecie di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, DPR 9 ottobre 1990, n. 309, trasformata da circostanza attenuante a reato autonomo dall'art. 2 D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito a sua volta con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, novellato con riguardo al trattamento sanzionatorio dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito anch'esso con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, per le droghe pesanti risulta di maggior favore la precedente disciplina, laddove la circostanza attenuante di cui al citato comma quinto, all'esito del giudizio di valenza, sia stata giudicata prevalente rispetto ad una circostanza ad effetto speciale che comporti un aumento di pena in misura superiore alla metà come accade per la recidiva reiterata aggravata di cui all'art. 99, comma quarto, secondo periodo, cod. pen.). Ebbene, proprio tenendo conto dell'esito del giudizio di valenza operato nelle due sentenze di merito, si deve allora concludere nel senso della applicabilità della disciplina previgente rispetto a quella introdotta dalla legge 251 del 2005 che, come è noto, con la nuova formulazione del comma 3 dell'art.69 cod. pen., impedisce di dare rilevanza, ai fini della prescrizione, all'esito del giudizio di comparazione tra circostanze. In tal modo, il tempo necessario a prescrivere il reato di ricettazione "semplice" (ovvero non aggravato dalla recidiva qualificata proprio perché "annullata" dalla circostanza attenuante di cui al capoverso dell'art. 648 cod.pen.) era quello di anni 15 risultante dal combinato disposto degli artt. 157 e 160 cod. pen. nel testo previgente ma che, alla data della sentenza di secondo grado, non era ancora spirato. Il termine sarebbe stato di gran lunga superiore qualora invece fosse stata applicata la normativa attualmente vigente che, come pure è noto, impone di tener conto della recidiva ai fini della prescrizione quand'anche ritenuta equivalente o subvalente nel giudizio di comparazione (cfr., tra le tante, Cass. Pen., 1, 7.10.2020 n. 36.258, Lattanzi, Rv. 280059;Cass. Pen., 6, 9.7.2019 n. 50.995, Pastore, Rv. 278058;Cass. SS.UU., 25.10.2018 n. 20.808, S, Rv. 275319). Di qui, pertanto, la manifesta inammissibilità del ricorso che non consente di prendere atto del maturare del termine prescrizionale sopravvenuto alla sentenza di secondo grado qui impugnata (Sez. U, n.32 del 22/11/2000, D. L., RV. 217266;n.33542 del 27/06/2001, Cavalera, RV 219531;n.23428 del 22/03/2005, Bracale, RV. 231164;n.12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, RV. 266818).
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