Cass. pen., sez. VI, sentenza 09/05/2019, n. 19923

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 09/05/2019, n. 19923
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 19923
Data del deposito : 9 maggio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C B nato a ROMA il 26/07/1958 avverso la sentenza del 06/07/2018 della CORTE APPELLO di FIRENZEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere G DE A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L T che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio perchè il fatto non sussiste;
udito il difensore, avvocato V VCIO del foro di LIVORNO difensore di fiducia di C B, che insiste nell'accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di B C ha proposto nel suo interesse ricorso per cassazione avverso la sentenza del 6 luglio 2018 con la quale la Corte d'appello di Firenze, in riforma della sentenza assolutoria pronunziata all'esito del giudizio di primo grado per insussistenza del fatto, lo ha ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 362 cod. pen., condannandolo alla pena di euro 60,00 di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, per avere omesso, nella sua qualità di direttore pro tempore di una società ("Porto di Livorno 2000" s.r.l.) esercente servizi di pubblica utilità e con capitale interamente detenuto dall'Autorità portuale e dalla Camera di commercio di Livorno, entrambi enti di diritto pubblico, di denunziare all'Autorità giudiziaria il reato di appropriazione indebita aggravata commesso da un dipendente della predetta società (S A), del quale aveva avuto notizia in epoca prossima alla data del 1° dicembre 2006. 2. Nel ricorso si deducono violazioni di legge e vizi della motivazione in punto di omessa rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale attraverso l'ascolto delle dichiarazioni rese da un teste sulla cui deposizione la pronunzia assolutoria di primo grado si era fondata, e la cui eventuale non decisività non ha costituito oggetto di alcuna valutazione da parte della Corte d'appello. Analoghi vizi vengono altresì dedotti in relazione alla violazione del principio basato sull'accertamento della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, per avere la sentenza impugnata omesso di confrontarsi rispetto ad una serie di punti già esaminati dal primo Giudice, e dalla stessa difesa criticamente evidenziati in una memoria presentata ex art. 121 cod. proc. pen., con particolare riferimento alla concreta disamina dell'attività svolta dalla su indicata società, poichè l'atto costitutivo ed il relativo statuto fanno riferimento, nei definirla, all'esercizio delle "attività portuali ricettive conseguenti, connesse e complementari al traffico passeggeri da e per il porto di Livorno", attraverso operazioni "di imbarco, sbarco, stazionamento di passeggeri e mezzi sussidiari al traffico passeggeri": attività, queste, che la Corte d'appello, diversamente dalle conclusioni cui era pervenuto il primo Giudice, ha erroneamente qualificato come servizio pubblico, senza peraltro spiegarne adeguatamente le ragioni, ma basando il suo convincimento sul mero richiamo letterale alle espressioni al riguardo utilizzate nell'atto costitutivo e nello statuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2. Infondata, preliminarmente, deve ritenersi la questione, posta dal P.G. nel corso della sua requisitoria, in ordine al difetto della condizione di procedibilità relativa alla querela della persona offesa giusta la previsione di cui all'art. 362, comma 2, cod. pen., sul rilievo che l'oggetto della condotta di omessa denuncia contestata nel procedimento in esame è individuato, nel capo d'imputazione, in un reato - l'appropriazione indebita aggravata ai sensi dell'art. 61, comma 1, n. 11, cod. pen. - che, originariamente previsto nel codice come procedibile di ufficio, è divenuto, assieme ad altri, procedibile a querela della persona offesa per effetto della modifica apportatavi dall'art. 10, comma 1, del d. Igs. n. 36 del 10 aprile 2018, che ha per l'appunto abrogato il secondo comma dell'art. 646 cod. pen. La sussistenza del presupposto di fatto relativo alla condizione di procedibilità che deve investire la sola fattispecie di reato oggetto della condotta omissiva tipizzata nel primo comma dell'art. 362 cod. pen. deve essere valutata, invero, con riferimento al tempo in cui il reato di omessa denuncia è stato commesso, con la conseguenza che ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 362 cod. pen. è irrilevante l'abrogazione sopravvenuta di una disposizione di legge (relativa alla procedibilità del diverso reato di appropriazione indebita) che non viene in considerazione come elemento strutturale della norma incriminatrice de qua, in quanto tale soggetto all'applicazione del principio di cui all'art. 2, comma 2, cod. pen.
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