Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/06/2012, n. 9590

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Il rapporto di mandato conseguente a provvedimento legislativo, intercorrente fra l'Amministrazione statale e la Federazione Italiana Consorzi Agrari, non esclude la responsabilità extracontrattuale del mandante in relazione all'attività svolta dal mandatario in nome proprio, per conto e nell'interesse del rappresentato, nel caso di lesione del diritto di credito del terzo contraente, ove emerga una colpevole e negligente inerzia del mandante nel porre in essere le misure necessarie per l'adempimento delle obbligazioni sorte per effetto dell'esecuzione del mandato. Tale responsabilità è individuabile pure nel caso in cui l'inerzia del mandante si sia manifestata nell'omessa adozione di programmati provvedimenti normativi, laddove la relativa previsione possa avere avuto ragionevole incidenza sulla determinazione del terzo contraente alla conclusione dell'accordo rimasto inadempiuto e sia stata comunque dedotta una lesione patrimoniale, essendo, in tale ipotesi, astrattamente configurabile una responsabilità patrimoniale del mandante, per effetto della constatata violazione dei principi di correttezza e buona fede.

Nel sistema delineato dalla legge n. 1294 del 1957, che regola l'attività delegata alla Federconsorzi per conto e nell'interesse dello Stato, avente ad oggetto gli acquisti all'estero di materie prime per conto dello Stato, il rapporto tra l'Amministrazione statale (mandante) e la Federconsorzi (mandataria) non coincide con quello risultante dall'art. 1719 cod. civ., non essendo posto a carico del mandante alcun obbligo di somministrazione di mezzi in favore del mandatario ed essendo, al contrario, stabilito che questo debba provvedere autonomamente, anche da un punto di vista economico, al compimento dell'attività demandatagli, rinviando il conteggio definitivo del rapporto dare-avere ad un momento successivo all'espletamento dell'attività delegata, vale a dire alla data del rendiconto finale (salva la facoltà di dare corso ad anticipazioni sul conto finale, sulla base dell'avvenuta presentazione di rendiconti annuali), la cui approvazione costituisce l'indispensabile presupposto ai fini della valutazione in ordine all'esistenza di eventuali differenze attive o passive.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 13/06/2012, n. 9590
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 9590
Data del deposito : 13 giugno 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. P R - Presidente di Sez. -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. P C - est. Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. D'

ALESSANDRO

Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero delle Politiche Agricole in persona del Ministro "pro tempore", domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ex lege;



- ricorrenti -


contro
Concordato Preventivo Federazione Italiana Consorzi Agrari in persona del liquidatore, elettivamente domiciliato in Roma, via N. Porpora 16, presso l'avv. M M, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente ricorrente incidentale -
Federazione Italiana Consorzi Agrari in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma via Donatello 75, presso l'avv. B C, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente ricorrente incidentale -
Banco di Sicilia s.p.a. in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, via San Valentino 21 presso l'avv. F C, che con gli avv. A e P V lo rappresenta e difende giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4376/06 del 16.10.06;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3.4.2012 dal Relatore Cons. Dott. Carlo Piccininni;

Uditi gli avv. De Bellis per l'Avvocatura Generale dello Stato, Carbonetti e A V per il Banco di Sicilia, Molè per la Federconsorzi;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO

Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del primo, del secondo e del terzo motivo, l'accoglimento del quarto, quinto e sesto motivo, l'assorbimento del ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con atto di citazione del 12 e 13.11.2001 il Banco di Sicilia conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Roma il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Ministero delle Politiche Agricole, la Federconsorzi soc. coop. a r.l. in persona del commissario giudiziale, del liquidatore giudiziale e del commissario liquidatore, per sentirli condannare in solido, o in via alternativa, al pagamento di L. 238.785.684.127, oltre interessi maturati successivamente al 31.3.2000, in ragione di un finanziamento originario di L. 5.000.000.000 - poi elevato a L. 7.000.000.000 - effettuato in favore della società, in relazione alla campagna di approvvigionamento dell'olio di semi e di semi oleosi importati nell'anno 1950/51. In proposito esponeva che, a seguito dell'esito negativo di varie richieste di restituzione, inoltrate sia alla società finanziata che ai Ministeri cui era demandata la vigilanza ed il controllo dell'attività del detto ente, esso Banco aveva comunicato il proprio recesso dal contratto ed aveva contemporaneamente richiesto il pagamento del dovuto.
Rilevava ancora che, nonostante l'intervenuto recesso, sia la Federconsorzi che i Ministeri erano rimasti inerti, omettendo fra l'altro questi ultimi di stabilire le modalità di rendicontazione, di acquisire i rendiconti annuali della gestione, di mettere in mora la Federconsorzi per l'omessa rendicontazione, di svolgere quell'attività che sarebbe stata necessaria per accelerare la liquidazione definitiva.
Osservava infine che il commissario giudiziale del concordato preventivo, conformandosi sul punto alle indicazioni del Ministero dell'Agricoltura, non aveva incluso nelle passività il credito del Banco di Sicilia, e ciò aveva pertanto determinato l'instaurazione del giudizio.
I convenuti, costituitisi, chiedevano il rigetto della domanda, che viceversa il Tribunale accoglieva parzialmente (e cioè limitatamente alla somma di Euro 78.660.517,39) nei confronti dei Ministeri. Più precisamente il giudice ricostruiva il rapporto intercorso tra le parti richiamando le disposizioni del D.Lgs. n. 169 del 1948, e della L. n. 1294 del 1957, in base alle quali: la Federconsorzi sarebbe stata incaricata di eseguire importazioni di cereali ed altri prodotti destinati alla panificazione per conto dello Stato;
avrebbe acquisito la liquidità necessaria per il compimento delle dette operazioni in virtù di contratti di finanziamento da stipulare con istituti di credito;
lo Stato si sarebbe comunque assunto l'onere di sostenere la differenza fra spese sostenute ed i ricavi acquisiti con la vendita dei prodotti, secondo quanto risultante da rendiconti presentati dalla Federconsorzi;
le relative modalità di compilazione, il cui completamento avrebbe quindi dato corso all'esigibilità del credito, sarebbero state successivamente stabilite.
In adempimento degli obblighi normativamente stabiliti la Federconsorzi aveva dunque acquisito un finanziamento dal Banco di Sicilia, ed il Tribunale escludeva che la mancata restituzione del dovuto al finanziatore potesse dar luogo ad una responsabilità contrattuale dei Ministeri, avendo configurato il rapporto fra questi e la Federconsorzi come un mandato senza rappresentanza conferito a quest'ultima, ed aver quindi qualificato i primi come terzi rispetto al contratto di finanziamento.
Lo stesso giudice viceversa riteneva che fosse ravvisabile una responsabilità extracontrattuale dei detti Ministeri sotto vari aspetti, e segnatamente: per l'omessa predisposizione dei mezzi necessari per la corretta esecuzione del mandato;
per il ritardo nella fissazione delle modalità per la rendicontazione finale;
per il mancato esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo della gestione;
per la violazione dell'obbligo di operare in modo da assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione. Il Tribunale rigettava infine le domande proposte a vario titolo nei confronti della Federconsorzi.
2. - La sentenza, impugnata in via principale dai Ministeri dell'Economia e delle Politiche Agricole e in via subordinata dal Banco di Sicilia, veniva confermata dalla Corte di Appello, che su diversi aspetti sottoposti al suo esame rilevava:
la giurisprudenza di legittimità sarebbe consolidata nel senso di riconoscere il risarcimento da fatto illecito anche con riferimento ai diritti di credito;
nella specie le violazioni degli obblighi gravanti sullo Stato, e per esso sui Ministeri appellanti, avrebbero determinato l'impossibilità per il Banco di Sicilia di ottenere il soddisfacimento del proprio credito, così impedendogli la realizzazione del relativo diritto;

la normativa sopra richiamata aveva posto a carico dello Stato l'onere del rimborso delle eventuali differenze passive tra i ricavi delle merci acquistate e il debito persistente nei confronti dell'istituto finanziatore, quali risultanti da rendiconti di gestione. Il rendiconto tuttavia era stato presentato dalla Federconsorzi soltanto nel 1978, per essere poi trasmesso alla Corte dei Conti in data 26.7.1988, con ritardo quindi che sarebbe stato addebitabile alla non puntuale indicazione, da parte delle Amministrazioni interessate, delle norme e delle concrete modalità cui attenersi;

la mancata attivazione della provvista necessaria al mandatario, il mancato esercizio delle funzioni di vigilanza e di controllo sulla gestione, la mancata determinazione delle modalità di rendicontazione finale, la mancata corresponsione di acconti destinati alla parziale estinzione del credito delle banche avrebbero rappresentato fatti rilevanti ex art. 2043 c.c., idonei per di più a determinare un contrasto con l'obbligo di operare in modo da assicurare il buon andamento dell'azione amministrativa;

l'omesso stanziamento in bilancio delle somme dovute per la causale indicata (di competenza del Parlamento) non avrebbe escluso la responsabilità dei Ministeri, stante l'assenza di prova circa le iniziative che essi avrebbero dovuto adottare per il reperimento dei fondi;
la quantificazione del danno sarebbe stata correttamente determinata.
3. - Avverso la decisione le due Amministrazioni hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, seguito da memoria, cui hanno resistito con controricorso sia la Federconsorzi in liquidazione e in concordato preventivo che il Banco di Sicilia, che successivamente hanno anche depositato memoria.
All'udienza dell'1.3.2011 fissata per la trattazione il Collegio ravvisava l'opportunità di rimettere gli atti al Presidente della Corte per l'eventuale assegnazione dei ricorsi alle Sezioni Unite, avendo ritenuto che i motivi di impugnazione ponessero questioni di massima di particolare importanza.
La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 3.4.2012, previo ulteriore deposito di memoria a cura di tutte le parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. - Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c., si osserva che con quello principale i Ministeri dell'Economia e delle Politiche Agricole hanno rispettivamente denunciato:
1) violazione degli artt. 1719 e 2043 c.c., in quanto la Corte territoriale avrebbe individuato la responsabilità di essi Ministeri nella violazione degli obblighi del mandante ex art. 1719 c.c., decisione che sarebbe tuttavia errata per: a) la contraddizione che emergerebbe fra la configurazione dell'illecito come extracontrattuale e l'individuazione degli elementi di responsabilità in ragione della pretesa violazione di obblighi comportamentali, risultanti dalla disciplina dettata nell'ambito di un rapporto contrattuale;
b) per la conseguente trasformazione di un'ipotesi di mandato senza rappresentanza in mandato con rappresentanza che in tal modo si determinerebbe;
c) per l'idoneità della soluzione adottata ad estendere la responsabilità del debitore di un'obbligazione contrattuale a qualunque soggetto diverso dall'originario creditore;

2) violazione dell'art. 2043 c.c., L. n. 1294 del 1957, art. 10, sotto il profilo che in assenza di apposito stanziamento di bilancio - che avrebbe presupposto l'intervento del Parlamento - le Amministrazioni non avrebbero potuto dar corso a pagamenti. Le eventuali responsabilità sarebbero state dunque rilevanti sul piano politico, e non già su quello risarcitorio, la funzione legislativa sarebbe espressione di un potere politico libero, rispetto al quale non sarebbero configurabili posizioni soggettive protette, e d'altro canto la stessa giurisprudenza di legittimità avrebbe ritenuto, in casi analoghi, la compatibilita con il dettato costituzionale di modalità alternative di estinzione di debiti previste dalla legge (L. n. 410 del 1999, come modificata dalla L. n. 388 del 2000);

3) vizio di motivazione con riferimento all'individuazione dei comportamenti omissivi delle Amministrazioni, posti a base del giudizio di responsabilità emesso a loro carico. Sul punto non si sarebbe infatti tenuto debito conto della complessità della vicenda, della difficoltà di ricostruire rapporti risalenti, della necessità di verificare l'esistenza di controcrediti da opporre eventualmente in compensazione;

4) violazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 2, per la rilevanza attribuita all'esito del giudizio di conto. Questo si sarebbe infatti definito con una declaratoria di estinzione, e ciò non avrebbe comportato come effetto la relativa approvazione. Inoltre l'attore non avrebbe fornito prova dell'entità del risarcimento, questo sarebbe stato a torto determinato sulla base di documentazione di parte, e per di più sarebbe stato erroneamente riconosciuto l'anatocismo con capitalizzazione trimestrale;

5) vizio di motivazione in ordine alla quantificazione del danno in ragione delle considerazioni svolte sub 4);

6) vizio di motivazione relativamente all'affermata esclusione dell'applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi, nonché in ragione dell'omessa considerazione che gli interessi non avrebbero potuto comunque essere riconosciuti per il periodo successivo alla presentazione dell'istanza di ammissione al concordato preventivo della Federconsorzi.
5. - Con il ricorso incidentale la Federconsorzi ha denunciato l'errata statuizione sulle spese di lite relativamente al rapporto intercorso con il Banco di Sicilia, che sarebbero state a torto compensate.
6. - Preliminarmente va rilevato che il Banco di Sicilia ha eccepito pregiudizialmente sia l'inammissibilità del ricorso principale dei Ministeri, sia quella del ricorso incidentale della Federconsorzi. In particolare l'inammissibilità del primo sarebbe derivata dalla sua tardività, desunta dal fatto che la sentenza contestata era stata depositata il 16.10.2006, il termine ultimo per la relativa impugnazione sarebbe venuto a scadere l'1.12.2007, il ricorso sarebbe stato affidato agli Ufficiali Giudiziari per la relativa notifica il 10.12.2007, e quindi consegnato al destinatario Banco di Sicilia il 21.12.2007, vale a dire ben oltre la scadenza del termine annuale. Quanto al ricorso incidentale della Federconsorzi, sarebbe ravvisabile una nullità della notifica del controricorso per carenza di potere notificatorio in capo all'avv. Molè, officiato soltanto dal liquidatore della società, avendo il liquidatore giudiziale (che alla luce delle domande proposte risulterebbe essere il solo legittimato passivo nella controversia in oggetto) conferito l'incarico all'avv. Capponi.
L'esame della questione trattata nel controricorso concernente il criterio di ripartizione delle spese processuali sarebbe comunque in ogni modo preclusa, non essendo sorretta la censura dal prescritto quesito di diritto.
Osserva il Collegio che è privo di pregio il primo rilievo. 6.1 - Al riguardo va infatti considerato che il notificando ricorso era stato consegnato dall'Avvocatura Generale all'Ufficiale Giudiziario, con l'avvertenza di provvedere alla notifica in giornata dell'atto alle diverse parti del giudizio, in data 1.12.2007, vale a dire entro il termine normativamente previsto.
Delle diverse notifiche non era poi andata a buon fine quella effettuata nei confronti del Banco di Sicilia presso l'avv. V L F, "poiché da informazioni assunte in loco il notificando risulta deceduto", e ciò aveva dato luogo alla rinnovazione dell'atto, questa volta esequita a mezzo posta, con raccomandata spedita il 10.12.2007 e ricevuta il 21.12.2007. Posto dunque che la consegna del ricorso per la notifica era avvenuta tempestivamente e che l'esito negativo che ne era conseguito era stato determinato da evento (e cioè il decesso del notificando) non conosciuto al momento della richiesta, la questione che ne discende è quella relativa all'eventuale configurabilità di una responsabilità del notificante, sotto il profilo dell'omessa predisposizione delle misure necessarie che avrebbero consentito la conoscenza preventiva di detto evento, questione alla quale deve darsi risposta negativa.
Ed infatti, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, sollecitato dapprima con richiesta del 15.12.2008 e quindi con una ulteriore dell'11.8.2009, aveva rispettivamente comunicato (il 17.2.2009) che l'avv. F V L non risultava iscritto all'Albo presso il detto Consiglio, per poi precisare (il 18.8.2009) che il legale era iscritto con il nome di F (e non di F), con il solo cognome V (e pertanto senza L) , e che la successiva cancellazione per decesso, avvenuto il 30.4.2007, era stata annotata l'8.5.2008.
Da ciò dunque discende che al momento della prima notifica del ricorso il difensore domiciliatario del Banco di Sicilia, avv. V, risultava regolarmente iscritto all'Albo e, pertanto, che nessun addebito può essere mosso al ricorrente, in relazione all'esito negativo cella notifica in questione.
Risulta altresì che l'Avvocatura Generale ha tempestivamente richiesto all'Ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio sicché, in sintonia con la giurisprudenza di questa Corte, è da ritenere che la rinnovazione della notificazione debba avere effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento (C. 11/2320, C. 10/ 7607, C. 09/17352). 6.2 - È viceversa parzialmente fondato, nei termini appresso precisati, il secondo rilievo.
Al riguardo occorre infatti evidenziare che è condivisibile la censura concernente l'incompletezza della procura rilasciata ai difensori della Federconsorzi, atteso che dall'esame del controricorso si evince che soltanto il liquidatore giudiziale ha conferito procura, e questa è stata emessa in favore dell'avv. Molè.
Tuttavia gli effetti della detta incompletezza vanno limitati ai profili attinenti alla liquidazione delle spese processuali relativamente al rapporto Federconsorzi in liquidazione - Banco di Sicilia, atteso che le deduzioni della liquidazione giudiziale sono state correttamente veicolate.
La corretta veicolazione della doglianza prospettata da quest'ultima non ne esclude peraltro l'inammissibilità sotto altro aspetto. In proposito è invero sufficiente sottolineare come la sentenza impugnata sia stata depositata il 16.10.2006 e la censura (che per di più appare generica) non appare sorretta dal prescritto quesito di diritto.
7.1 - Passando quindi all'esame del ricorso principale si osserva che con i primi tre motivi, che devono essere esaminati congiuntamente perché fra loro connessi, i Ministeri si sono sostanzialmente doluti sotto un triplice aspetto dell'avvenuta individuazione a loro carico di una responsabilità extracontrattuale, in relazione alla mancata restituzione, da parte della Federconsorzi che ne aveva acquisito la disponibilità, delle somme erogate dal Banco di Sicilia a titolo di finanziamento, per consentire gli indispensabili approvvigionamenti alimentari.
7.2 - Un primo profilo di censura riguarda la pretesa errata applicazione dell'art. 1719 c.c., che pone a carico del mandante l'obbligo di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato.
Nella specie sarebbe stata registrata, da parte della Corte di Appello, una violazione del detto obbligo, atteso che il mancato soddisfacimento del credito del Banco di Sicilia sarebbe stato imputabile all'omessa predisposizione, da parte dei Ministeri, della provvista in favore della Federconsorzi.
Tuttavia la Corte sarebbe caduta in contraddizione e avrebbe emesso una decisione errata sul punto, atteso che non avrebbe considerato che quella richiamata sarebbe stata una disciplina applicabile unicamente alle ipotesi di responsabilità contrattuale, mentre nel caso in esame la stessa Corte avrebbe ritenuto che fosse da escludere la detta responsabilità, dovendosene viceversa configurare esclusivamente una a titolo extracontrattuale.
La censura, essenzialmente incentrata sull'erroneità del richiamo all'art. 1719 c.c., sotto gli aspetti sopra considerati, non coglie nel segno, attesa la non pertinenza del richiamo al citato articolo. Ed infatti la citata disposizione nelle due diverse ipotesi contemplate (somministrazione dei mezzi: a) per l'esecuzione del contratto, b) per l'adempimento del negozio gestorio) prevede che l'adempimento dell'obbligo del mandante (sub a) avvenga quando se ne presenti l'esigenza (e quindi di norma prima del compimento dell'attività oggetto del mandato) e (sub b) in tempi tali da permettere la corretta attuazione del rapporto instaurato dal mandatario con il terzo.
È sufficiente dunque un semplice superficiale raffronto fra le due fattispecie contemplate nell'articolo ora esaminato e quella delineata nel complesso rapporto fra Pubblica Amministrazione Federconsorzi - Banco di Sicilia, per cogliere la diversità fra esse esistente.
Nella L. n. 1294 del 1957, avente ad oggetto gli acquisti all'estero di materie prime per conto dello Stato e regolatrice dell'attività delegata alla Federconsorzi per conto e nell'interesse dello Stato, è infatti previsto che l'ente gestore (e cioè la Federconsorzi) è tenuto all'obbligo di rendiconto della gestione delegatagli. La stessa legge prevede inoltre che detto rendiconto deve essere presentato alla fine di ogni esercizio finanziario nonché, nella prospettiva di una puntuale definizione del rapporto dare - avere tra le parti, che l'ente delegante (e cioè lo Stato) dovesse beneficiare dell'eventuale differenza attiva tra il ricavato delle vendite e le spese e dovesse altresì accollarsi l'onere delle eventuali differenze passive.
Risulta pertanto del tutto evidente come il modulo di regolamentazione del rapporto fra mandante e mandatario delineato dal legislatore con la citata L. n. 1294 non coincide con quello risultante dall'art. 1719 c.c., non essendo in particolare posto a carico del mandante alcun obbligo di somministrazione di mezzi in favore del mandatario;
essendo al contrario stabilito che questo debba provvedere autonomamente anche da un punto di vista economico, al compimento dell'attività demandatagli;
essendo infine rinviato il conteggio definitivo del rapporto dare - avere ad un momento successivo all'espletamento dell'attività delegata, vale a dire alla data del rendiconto finale (salva la facoltà del mandante di dare corso ad anticipazioni sul conto finale, sempre sulla base dell'avvenuta presentazione di rendiconti annuali), la cui approvazione costituisce l'indispensabile presupposto ai fini della valutazione in ordine all'esistenza di eventuali differenze attive o passive.
7.3 - Un secondo aspetto di doglianza riguarda la pretesa violazione dell'obbligo di ripianare le passività della Federconsorzi che incomberebbe sulle Amministrazioni pubbliche.
Tale obbligo sarebbe infatti insussistente, atteso che l'art. 10 della più volte citata L. n. 1294 aveva stabilito che gli oneri derivanti dalla relativa esecuzione sarebbero stati coperti con stanziamenti di bilancio, autorizzati da apposita legge. La riscontrata inerzia successivamente manifestatasi non avrebbe dunque potuto essere fonte di responsabilità, ne' per le Amministrazioni, prive di potere normativo, ne' per lo Stato, essendo l'attività legislativa sottratta al sindacato giurisdizionale. Neanche gli esposti rilievi possono essere condivisi. Innanzitutto occorre preliminarmente evidenziare che la L. n. 1294 del 1957, pone a carico dello Stato l'obbligo di dare corso agli
adempimenti normativi ed amministrativi necessari per ripianare le eventuali passività riconducibili alla gestione degli approvvigionamenti delegati alla Federconsorzi, sicché i relativi comportamenti risultano dovuti, e non discrezionalmente adottabili. Inoltre è utile precisare come l'ampliamento della tutela riconducibile alla violazione del principio del "neminem laedere" abbia spiegato i suoi effetti anche in tema di responsabilità da lesione aquiliana del credito (peraltro riconosciuta con giurisprudenza ampiamente consolidata, nel cui ambito si richiamano C. 0 6/13 673, C. 98/73 37, C. 96/1641, C. 72/2135, C. 72/100 8, C. 71/174), sicché il presupposto del relativo riconoscimento non risulta più individuabile in un pregiudizio ineliminabile, quale quello dell'avvenuta estinzione dell'obbligazione (C. 86/69 29, C. 72/2135), essendo viceversa sufficiente un semplice impedimento, anche temporaneo, all'attuazione del rapporto obbligatorio. Detto impedimento può poi dar luogo alla configurabilità di un illecito, ove determinato dalla conoscenza degli effetti di una propria azione od omissione, o soltanto dalla prevedibilità oggettiva di tali eventi, e ciò sotto il profilo del constatato esercizio abusivo della responsabilità contrattuale, in quanto realizzato in violazione dei principi di correttezza e buona fede (C. 10/13 469, C. 10/22819, C. 09/20106, C. 0 9/53 48). Orbene, tanto premesso, ritiene il Collegio che non siano ravvisabili motivi che inducano a disapplicare nel caso di specie i principi sopra richiamati, e ciò tanto più ove si tenga conto del fatto che nel caso in esame la denuncia dell'illecito trova fondamento non soltanto in una generica ed astratta violazione dei canoni di correttezza e buona fede ma, più specificamente, nell'inosservanza di un obbligo patrimoniale assunto in via normativa, cui non può non essere attribuita una valenza rafforzativa dell'affidamento del terzo.
Nè rileva in senso contrario a quanto sinora esposto la dedotta incoercibilità della funzione normativa e la posizione di terzietà dell'Amministrazione, a fronte dell'adempimento del prospettato obbligo.
Sul primo punto non possono innanzitutto essere ignorate le diverse decisioni della Corte di Giustizia (segnatamente nella cause C 352/98P, C 94/190, C-189/94, C-188/94, C 178/94C -6/90, C. 9/90), che hanno reiteratamente affermato la responsabilità dello Stato italiano per danni arrecati a singoli a causa di violazioni del diritto comunitario e che, sia pure con riferimento all'inadempimento di un obbligo normativo ineludibile quale quello consistente nella necessità di dare corso all'attuazione di una direttiva, hanno significativamente ridimensionato l'assoluta discrezionalità del legislatore nel legiferare.
Analogamente non possono essere ignorate neppure le conseguenti decisioni emesse da questa Corte in sintonia con i principi dettati dalla Corte di Giustizia (C. 11/10813, C. 09/9147, C. 01/5249, C. 99/7922, C. 98/9689, C. C. 98/5846, C. 96/8552, C. 95/10617), decisioni che, nello specifico, hanno riconosciuto indennizzi in funzione risarcitoria a lavoratori subordinati che avevano risentito pregiudizio dal mancato recepimento di direttiva comunitaria. D'altro canto l'affermazione dei principi sopra indicati non contrasta neppure in via ipotetica con il principio
dell'incoercibilità della funzione legislativa, e ciò in quanto in questa sede non è stata configurata un' ipotesi di risarcimento in forma specifica (non vi è cioè richiesta di condanna all'emanazione della normativa non adottata), e la tutela sollecitata ha una rilevanza esclusivamente privatistica, essendo stata richiesta la condanna dei convenuti al pagamento di somma di denaro a titolo di risarcimento del danno.
Peraltro occorre ancora rilevare che la questione concernente la pretesa inammissibilità di censure rivolte contro l'inerzia del legislatore e la carenza di potere al riguardo degli organi amministrativi appare ultronea, alla luce della ragione posta dalla Corte di Appello a fondamento della propria contestata decisione. Il giudice del merito ha infatti individuato la responsabilità dei Ministeri convenuti non in quanto depositari di un potere (quello legislativo) non esercitato (nè per vero la detta responsabilità è stata individuata a carico dello Stato Ordinamento) ma, piuttosto, in base ai comportamenti omissivi che essi avrebbero posto in essere, consistenti in particolare: nella mancata indicazione delle modalità di redazione dei rendiconti, circostanza che avrebbe determinato l'inosservanza dei termini originariamente previsti;
nell'omessa attivazione di iniziative finalizzate ad assicurare alla Federconsorzi la provvista necessaria per il ripianamento della differenza tra il ricavato delle vendite delle merci importate e la consistenza della pretesa creditoria della banca finanziatrice;
nel mancato esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo sulla gestione, al fine di pervenire alla presentazione dei rendiconti finali;
nella mancata determinazione delle modalità di rendicontazione finale;
nella mancata corresponsione di acconti destinati alla parziale estinzione del credito del Banco;
nella mancata dimostrazione dell'assoluta impossibilità di acquisire i fondi necessari per far fronte al debito in questione;
nell'assoluta inerzia manifestata per circa quarantaquattro anni (dal 1957 al 2001), nel corso dei quali sarebbe stata viceversa necessaria un'attivazione per l'individuazione dei finanziamenti necessari all'assolvimento degli oneri.
7.4 - Il terzo profilo di censura attiene al vizio di motivazione (per insufficienza e contraddittorietà) in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nella individuazione della "serie di comportamenti di cui le Amministrazioni vengono ritenute responsabili". I rilievi della Corte di Appello sarebbero infatti lacunosi per il mancato accertamento in ordine all'esistenza di differenze passive tra il ricavato delle vendite e i costi da sostenere, per l'omessa considerazione della necessità di far precedere ogni opportuna iniziativa alla previa approvazione dei rendiconti (che viceversa non vi era stata), per l'avvenuto addebito ad essi Ministeri dell'inerzia derivante dalla mancata adozione di misure sollecitatorie nei confronti della Federconsorzi a fronte del ritardo nella predisposizione dei rendiconti, per l'omessa considerazione della difficoltà nella ricostruzione di vicende articolate e risalenti nel tempo.
La doglianza è priva di pregio.
Nella contestata motivazione della Corte di Appello non è invero riscontrabile alcuna contraddizione (che d'altra parte non è individuata neppure dai ricorrenti) mentre, per quanto concerne la denunciata insufficienza, la stessa è insussistente, atteso che risulta chiaramente individuato il percorso logico seguito dall'organo giudicante, e d'altro canto gli argomenti posti a base della decisione risultano del tutto idonei a sostenerla. In realtà la censura sviluppata nel motivo di impugnazione è essenzialmente incentrata, piuttosto che sull'indicazione di pretesi vizi ravvisabili nella decisione oggetto di ricorso, sulla mancata condivisione nel merito delle deduzioni ivi svolte, e quindi su rilievi non apprezzabili in questa sede di legittimità. 8. - Anche gli altri tre motivi di impugnazione devono essere valutati congiuntamente perché fra loro connessi, essendo tutti attinenti ai profili concernenti la quantificazione del danno. In proposito la Corte di Appello, cui erano state prospettate censure sostanzialmente coincidenti con quelle attuali, ne aveva affermato l'infondatezza sostenendo: che il danno subito dal Banco di Sicilia risultava essere corrispondente all'entità dell'intero credito vantato per la causale indicata;
che detto importo era stato fissato sulla base di documenti provenienti dalla Ragioneria generale dello Stato (e quindi dai debitori);
che l'entità del dovuto sarebbe risultato dal conto dichiarato estinto dalla Corte dei Conti e riportato, senza contestazioni sull'ammontare, dalla Ragioneria Generale dello Stato;
che il riconoscimento degli interessi in misura inferiore a quelli richiesti dal Banco di Sicilia, che aveva applicato gli interessi convenzionali con capitalizzazione trimestrale, avrebbe escluso il recepimento del detto criterio di computo.
La detta statuizione è stata però censurata dai Ministeri, che si sono sostanzialmente doluti: a) dell'avvenuta equiparazione del danno risarcibile a carico delle Amministrazioni al debito della Federconsorzi ed alla sua conseguente determinazione sulla sola base di un giudizio di conto dichiarato estinto, e quindi in assenza di un effettivo preventivo accertamento al riguardo;
b) del riconoscimento degli interessi anatocistici;
c) dell'errato calcolo della loro decorrenza.
Questi sarebbero stati a torto computati, oltre che per l'assenza di una preventiva pattuizione delle parti al riguardo, per la mancanza di prova in ordine alla loro quantificazione.
A tal fine sarebbe stata infatti utilizzata documentazione inidonea, rappresentata da una nota della Ragioneria generale dello Stato prodotta in giudizio di conto dichiarato estinto, e comunque la determinazione adottata non sarebbe sorretta da sufficiente motivazione, atteso che il solo argomento utilizzato al riguardo sarebbe stato individuabile nel richiamo all'inferiorità dell'importo liquidato rispetto a quello preteso dalla banca, senza alcuna considerazione in ordine alle contestazioni che pur erano state elevate in proposito.
Quanto infine alla decorrenza, ne sarebbe stata eccepita la decorrenza fino alla data dell'ammissione della Federconsorzi alla procedura di concordato preventivo, mentre sul punto non vi sarebbe alcuna motivazione.
Osserva il Collegio che le doglianze sono fondate.
Quanto al primo punto, la Corte territoriale ha invero ritenuto che il danno nella specie denunciato dal Banco di Sicilia per effetto del negligente ed omissivo comportamento dei Ministeri dovesse essere quantificato in misura corrispondente a quella dell'intero credito originariamente azionato, rimasto insoddisfatto. Tale valutazione non può essere tuttavia condivisa. Al riguardo occorre premettere che, come già in precedenza adeguatamente evidenziato, la richiamata legislazione in teina di approvvigionamenti alimentari aveva previsto un modulo procedimentale per il quale: a) annualmente gli enti gestori dovessero presentare rendiconti, all'esito della relativa approvazione fossero consentite anticipazioni sulla restituzione del dovuto nella misura del 75% dell'intero, la composizione finale dei rapporti dovesse avvenire dopo l'approvazione del rendiconto finale;
b) alla copertura degli oneri si sarebbe provveduto con stanziamenti di bilancio a carico degli esercizi finanziari 1955 -1956.
Orbene, per quanto il legislatore avesse previsto una tempistica serrata ed il Banco di Sicilia avesse aderito alla richiesta di finanziamento fin dal settembre 1950 (p. 6 della sentenza impugnata), non risulta (secondo la ricostruzione in punto di fatto della Corte di Appello) che fino agli inizi degli anni 1980 il Banco abbia adottato significative ed idonee iniziative nei confronti dei soggetti deputati ad intervenire (Federconsorzi e Ministeri), per indurli a dare corso agli adempimenti prescritti ai sensi di legge. Tale inerte ed omissivo comportamento non è giuridicamente irrilevante, atteso il disposto dell'art. 1227 c.c., comma 1, per il quale, nel caso di concorso colposo del creditore nella determinazione del danno, il risarcimento deve essere diminuito secondo la gravita della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.
Nel concreto, non sembra dubbio che nel caso in esame il ritardo nella definizione della pendenza abbia aumentato l'esposizione del debitore, per effetto della lievitazione del dovuto conseguente al computo di interessi (così assicurando al contrario, al creditore, un rendimento significativo protratto nel tempo del capitale investito), e ciò impone pertanto una nuova delibazione del giudice del merito in ordine alla quantificazione del danno risarcibile che tenga innanzitutto conto del profilo ora delineato, vale a dire del comportamento del creditore e del margine di incidenza di detto comportamento sull'entità del pregiudizio complessivamente determinato.
Ad identiche conclusioni deve poi pervenirsi per quanto concerne il secondo aspetto sopra considerato, strettamente connesso a quello ora esaminato essendo comunque attinente all'individuazione del parametro da adottare per la quantificazione del danno.
I Ministeri hanno infatti lamentato l'inadeguatezza della motivazione adottata dalla Corte di Appello circa la capitalizzazione trimestrale del credito, dai Ministeri contestata e dalla Corte di Appello riconosciuta.
La critica dei Ministeri è da condividere tenuto conto: a) della non decisività del richiamo alla documentazione proveniente dalla Ragioneria Generale dello Stato (nota 20.3.1997), per di più prodotta nel giudizio di conto dichiarato estinto;
b) dell'irrilevanza del dato valorizzato dalla Corte territoriale, consistente nel ridimensionamento della somma liquidata dal primo giudice rispetto a quella indicata come dovuta dal Banco di Sicilia;

c) delle contestazioni specificamente mosse dal debitore;
d) della significativa entità della somma di cui il Banco di Sicilia assume di essere creditore, che impone un accertamento particolarmente oculato e rigoroso.
Ugualmente deve infine dirsi per l'individuazione del termine di decorrenza finale degli interessi, rispetto al cui rilievo, seconde il quale ai fini del relativo computo occorrerebbe tener conto della cristallizzazione conseguente all'intervenuta apertura della procedura di concordato preventivo, la Corte di Appello non ha fornito alcuna indicazione.
Conclusivamente, con riferimento alle questioni considerate di particolare importanza con l'ordinanza del 12.4.2011, devono essere formulati i seguenti principi di diritto: "Il rapporto di mandato conseguente a provvedimento legislativo intercorrente fra Amministrazione statale e società cooperativa (nella specie Federazione Italiana Consorzi Agrari) non esclude la responsabilità extracontrattuale del mandante in relazione all'attività svolta dal mandatario in nome proprio per conto e nell'interesse del rappresentato, nel caso di lesione del diritto di credito del terzo contraente, ove emerga una colpevole e negligente inerzia del mandante nel porre in essere le misure necessarie per l'adempimento delle obbligazioni sorte per effetto dell'esecuzione del mandato. Tale responsabilità è individuabile pure nel caso in cui l'inerzia del mandante si sia manifestata nell'omessa adozione di programmati provvedimenti normativi, laddove la relativa previsione possa aver avuto ragionevole incidenza sulla determinazione del terzo contraente alla conclusione dell'accordo rimasto inadempiuto e sia stata comunque dedotta una lesione patrimoniale, essendo in tale ipotesi astrattamente configurabile una responsabilità patrimoniale del mandante, per effetto della constatata violazione dei principi di correttezza e buona fede".
Dalla parziale fondatezza dell'impugnazione discende poi che la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure prospettate con il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, con rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione, perché provveda alla quantificazione del danno subito dal Banco di Sicilia per effetto della mancata restituzione del finanziamento erogato, determinazione che dovrà tener conto del tasso di incidenza del fatto colposo del creditore su relativo ammontare, ai sensi dell'art. 1227 c.c., e che dovrà essere effettuata previa valutazione dell'esistenza del diritto del Banco di Sicilia alla capitalizzazione trimestrale degli interessi e (nell'ipotesi positiva) del tasso eventualmente ritenuto applicabile, nonché tenendo conto degli effetti dell'apertura della procedura di concordato preventivo sul detto computo.
Il giudice del rinvio provvederà infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità in relazione al rapporto Ministeri - Banco di Sicilia, mentre devono essere compensate quelle relative al rapporto Banco di Sicilia Federconsorzi, tenuto conto della complessità delle questioni trattate.

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