Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 13/12/2022, n. 36461
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Testo completo
eguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 24691/2019 R.G. proposto da ABBRUZZESE FRANCESCO, rappresentato e difeso dall’Avv. FRANCESCO MATO presso il cui studio in Roma, via Augusto Aubry 1 è elettivamente domiciliato;
-ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE– DIREZIONE REGIONALE CAMPANIA ;
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 443/2019 depositata il 18.6.2019, N.R.G. 315/2019. Viste le conclusioni scritte depositate dal Sostituto Procuratore Generale Dott. S V’ ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, con le quali è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso o il suo rigetto. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.11.2022 dal Consigliere dott. R B.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Salerno, confermando la sentenza di primo grado resa in ambito di rito c.d. Fornero, ha rigettato l’impugnativa del licenziamento disciplinare proposta da F A nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. La Corte d’Appello riteneva che la contestazione, concernente fatti antecedenti all’inizio del lavoro presso l’Agenzia ed effettuata con riferimento alle risultanze del processo penale di primo grado celebrato nei riguardi del ricorrente, riguardasse non solo la percezione di un compenso per lo svolgimento di una certa pratica presso l’INPS, ma anche l’associazione con altri (un impiegato INPS e una persona del patronato) , al fine di ricercare potenziali aventi diritto a prestazioni previdenziali e di proporre loro la presentazione della relativa pratica, con successiva consegna della metà degli arretrati percepiti in caso di esito favorevole. Riteneva, quindi, provati entrambi gli addebiti, valorizzando vari elementi della vicenda penale anche in relazione alla tematica associativa, chiusasi con la declaratoria di prescrizione del reato. La Corte territoriale riteneva pertanto che, rispetto ai fatti, non avesse rilievo determinante la riqualificazione di essi ad opera del giudice penale (da concussione a concorso in corruzione per atto dell’ufficio), stante la fondatezza del nucleo centrale degli addebiti e l’idoneità di essi, per quanto verificatisi prima dell’assunzione, ma scoperti dopo, ad intaccare il vincolo fiduciario, data anche la natura dell’attività dell’Agenzia delle Entrate.
2. F A ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo F A denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 L. 300/1970 e 1362 ss. c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché dell’art. 112 c.p.c., per d ifetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e per mancanza di corrispondenza tra fatto cointestato e fatto dedotto nella motivazione della sentenza, in relazione anche agli artt. 521 e 522 c.p.p. Nello sviluppo del motivo il ricorrente individua l’illegittimità della sentenza nell’avere essa pronunciato oltre i limiti della domanda, valorizzando fatti non dedotti nella contestazione disciplinare, così procedendo ad un’abnorme e indebita interpretazione di atti unilaterali e ponendo a base della decisione, stante anche la riqualificazione operata dalla Corte d’Appello penale, un addebito naturalisticamente e strutturalmente diverso da quello contestato.
2. Nella sentenza qui impugnata, la Corte d’Appello, rispondendo ad analoghe censure mosse verso la sentenza di primo grado, ha invece statuito che la contestazione ed il licenziamento, operati per relationem ai fatti materiali individuati fin dal primo atto e quindi, evidentemente, fin dalla contestazione, erano gli stessi di quelli già «oggetto del procedimento penale conclusosi con la sentenza» del Tribunale di Salerno. Pertanto, avendo riguardato, quel processo di primo grado, non solo «la condotta in danno di Agresti Teresa», ma anche la partecipazione «ad un’associazione volta ad individuare e quindi indurre soggetti aventi diritto a prestazioni previdenziali a versare indebiti compensi per il favorevole esito delle relative pratiche», quelli ricaduti nell’ambito disciplinare erano sia i comportamenti associativi, sia la vicenda di ricezione di denar o per la pratica INPS da T A. In prosieguo, la Corte territoriale, con riferimento al reato di concussione, poi riqualificato dalla Corte
-ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE– DIREZIONE REGIONALE CAMPANIA ;
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 443/2019 depositata il 18.6.2019, N.R.G. 315/2019. Viste le conclusioni scritte depositate dal Sostituto Procuratore Generale Dott. S V’ ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, con le quali è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso o il suo rigetto. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16.11.2022 dal Consigliere dott. R B.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Salerno, confermando la sentenza di primo grado resa in ambito di rito c.d. Fornero, ha rigettato l’impugnativa del licenziamento disciplinare proposta da F A nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. La Corte d’Appello riteneva che la contestazione, concernente fatti antecedenti all’inizio del lavoro presso l’Agenzia ed effettuata con riferimento alle risultanze del processo penale di primo grado celebrato nei riguardi del ricorrente, riguardasse non solo la percezione di un compenso per lo svolgimento di una certa pratica presso l’INPS, ma anche l’associazione con altri (un impiegato INPS e una persona del patronato) , al fine di ricercare potenziali aventi diritto a prestazioni previdenziali e di proporre loro la presentazione della relativa pratica, con successiva consegna della metà degli arretrati percepiti in caso di esito favorevole. Riteneva, quindi, provati entrambi gli addebiti, valorizzando vari elementi della vicenda penale anche in relazione alla tematica associativa, chiusasi con la declaratoria di prescrizione del reato. La Corte territoriale riteneva pertanto che, rispetto ai fatti, non avesse rilievo determinante la riqualificazione di essi ad opera del giudice penale (da concussione a concorso in corruzione per atto dell’ufficio), stante la fondatezza del nucleo centrale degli addebiti e l’idoneità di essi, per quanto verificatisi prima dell’assunzione, ma scoperti dopo, ad intaccare il vincolo fiduciario, data anche la natura dell’attività dell’Agenzia delle Entrate.
2. F A ha proposto ricorso per cassazione con quattro motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo F A denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 L. 300/1970 e 1362 ss. c.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.), nonché dell’art. 112 c.p.c., per d ifetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e per mancanza di corrispondenza tra fatto cointestato e fatto dedotto nella motivazione della sentenza, in relazione anche agli artt. 521 e 522 c.p.p. Nello sviluppo del motivo il ricorrente individua l’illegittimità della sentenza nell’avere essa pronunciato oltre i limiti della domanda, valorizzando fatti non dedotti nella contestazione disciplinare, così procedendo ad un’abnorme e indebita interpretazione di atti unilaterali e ponendo a base della decisione, stante anche la riqualificazione operata dalla Corte d’Appello penale, un addebito naturalisticamente e strutturalmente diverso da quello contestato.
2. Nella sentenza qui impugnata, la Corte d’Appello, rispondendo ad analoghe censure mosse verso la sentenza di primo grado, ha invece statuito che la contestazione ed il licenziamento, operati per relationem ai fatti materiali individuati fin dal primo atto e quindi, evidentemente, fin dalla contestazione, erano gli stessi di quelli già «oggetto del procedimento penale conclusosi con la sentenza» del Tribunale di Salerno. Pertanto, avendo riguardato, quel processo di primo grado, non solo «la condotta in danno di Agresti Teresa», ma anche la partecipazione «ad un’associazione volta ad individuare e quindi indurre soggetti aventi diritto a prestazioni previdenziali a versare indebiti compensi per il favorevole esito delle relative pratiche», quelli ricaduti nell’ambito disciplinare erano sia i comportamenti associativi, sia la vicenda di ricezione di denar o per la pratica INPS da T A. In prosieguo, la Corte territoriale, con riferimento al reato di concussione, poi riqualificato dalla Corte
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