Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/04/2022, n. 13143
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Testo completo
unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 23186-2019 proposto da: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI
12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
- ricorrente -
contro
ALLEGRI ROBERTO;
AMANDOLA ELVIRA;
MORANDO OLGA, MORANDO GIUSEPPINA, MORANDO GIOVANNA FRANCA, MORANDO MICHELA, CIOLI GRAZIA nella qualità di eredi di A F;
BARONE MONFRIN SERGIO;
BATTISTI ANNA;
BERRINO LAURA nella qualità di erede di B G;
BERTOLDO UGO, BERTOLDO DANIELA nella qualità di eredi di B R;
BOZ ANTONIO;
CAVALLO ENZO;
COSTA ARMANDO;
CRAVERO PIETRO;
CROSETTO RICCARDO;
DE VICARI ANTONELLA;
FRANCIA MARTA;
FURINI MARCO in proprio e nella qualità di erede di F L e Guzzinati Egle;
GENTINA BRUNA in proprio e nella qualità di erede di F G L;
ESPOSITO GIOVANNA nella qualità di erede di L G;
MAINA SECONDINO, MANGANO ANGELA, MARCHETTI ANTONIO, MICHELASSI CLARICE, MORANDO GIUSEPPINA;
MORANDO MICHELA, CIOLI GRAZIA nella qualità di eredi di M W;
MORANDO OLGA;
PAPALINI NEVIO;
POSSAMAI LAURA;
RAIMONDO PAOLO;
RIBBA MATILDE;
RIZZO ROBERTO;
SABATTINI EVA;
SABATTINI FEDERICA;
SABATTINI LEONARDO;
SALUSSO GIOVANNI;
SILVANO CARLO in proprio e nella qualità di erede d Silvano Mario;
TABACHIN GIUSEPPE;
TABACHIN IVO;
TOSCO AMILCARE;
TOSCO FULVIO;
TOSCO SILVIA nella qualità di erede di Tosco Sergio;
ZACCO SUSANNA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
LUDOVISI
36, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI MUSITANO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLA PAMPANA e GIOVAN BATTISTA MARRONE;
FONTANA DAVIDE, nella qualità di coerede universale di Fontana Luciano, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé medesimo;
- controricorrenti -
nonchè
contro
Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -2- UGOLINI MASSIMO e UGOLINI MAURIZIO nella qualità di eredi di UGOLINI NAVARRO;
BERTOLDO ROBERTO, DE PAU ANTONIO, LOCCI IOLE, GUZZINATE EGLE, CIOLI GIUSEPPINA, PASTORE ODETTA, SILVANO ROBERTO PAOLO, TILOTTA LEONARDO, TRONCI PIETRO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3112/2019 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 13/05/2019. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/01/2022 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso;
uditi gli avvocati Paolo Gentili per l'Avvocatura Generale dello Stato, Giovanni Musitano e Giovan Battista Marrone in proprio e per delega dell'avvocato Davide Fontana.
Fatti di causa
Roberto Allegri e gli altri soggetti in epigrafe indicati convennero davanti al tribunale di Roma il Ministero dello sviluppo economico (d'ora in poi breviter Mise), e ne chiesero la condanna al risarcimento del danno rappresentato dalla perdita dei capitali da ciascuno conferiti nelle società fiduciarie Reno s.p.a. e Previdenza s.p.a. Sostennero che le due società erano state amministrate contra legem da Luciano S, direttamente (nel primo caso) e indirettamente, tramite la moglie, (nel secondo), e che, essendo le stesse soggette a vigilanza ex lege n. 1966 del 1939, il danno dovevasi parimenti ascrivere a responsabilità extracontrattuale del Ministero, che aveva omesso di correttamente esercitare la potestà di controllo. Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -3- Il tribunale accolse la domanda reputando infondata l'eccezione di prescrizione quinquennale opposta dal Mise, attesa l'interruzione del termine dovuta all'insinuazione degli investitori al passivo della liquidazione coatta amministrativa (I.c.a.) di Previdenza s.p.a. e la sospensione del successivo decorso fino alla chiusura della procedura concorsuale. Condannò quindi il Mise al pagamento della somma pari al capitale investito da ogni attore, con rivalutazione e interessi legali calcolati sulla sorte capitale rivalutata anno per anno. La decisione venne impugnata dal Mise, sia in ordine al profilo della prescrizione, sia in ordine all'accertamento della responsabilità e alla liquidazione del danno conseguente. Quanto alla prescrizione l'appellante, in particolare, eccepì l'inesistenza del vincolo solidale con la Previdenza in I.c.a., stante la diversità dei titoli spesi: quello contrattuale, rilevante per la Previdenza siccome obbligata verso gli attori per il mancato adempimento dell'obbligo discendente dal mandato fiduciario di restituire loro le somme versate;
quello extracontrattuale, rilevante quanto al Mise siccome ritenuto responsabile di un illecito ex art. 2043 cod civ. per la presunta omissione della vigilanza sulla società. La corte d'appello di Roma, con sentenza del 13 maggio 2019, ha respinto il gravame, ritenendo che l'effetto interruttivo/sospensivo (recte, l'effetto interruttivo permanente) della prescrizione - conseguito, ai sensi degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cod. civ., alla presentazione della domanda di ammissione al passivo nella liquidazione coatta amministrativa e perdurante fino alla chiusura della procedura concorsuale — dovesse considerarsi esteso, ex art. 1310, primo comma, cod. civ., Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -4- anche al Mise, poiché solidalmente responsabile ai sensi dell'art. 2055 cod. civ. Ha in particolare richiamato l'insegnamento di questa Corte per il quale il sorgere della responsabilità solidale dei danneggianti ex art. 2055 richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, anche se le condotte lesive siano tra loro autonome, e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna, perché l'unicità del fatto dannoso deve essere riferita unicamente al danneggiato senza poter essere intesa come identità delle norme giuridiche violate. Dopodiché la corte territoriale ha respinto altresì le censure svolte dal Mise a proposito dell'an e del quantum debeatur, condividendo, in ordine al primo profilo (che ancora unicamente rileva), l'addebito di omessa vigilanza sull'intera operazione di cessione compiuta dalla Reno s.p.a. nei confronti della Previdenza s.p.a., attese le ripercussioni relative ai contratti per la probabile replica da parte della cessionaria delle modalità contra legem con le quali era stato gestito il pubblico risparmio dalla cedente. Il che, secondo il giudice del merito, era avvenuto in circostanze che ben avrebbero potuto essere scoperte nell'indagine ispettiva culminata con la revoca dell'autorizzazione alla Reno fin dall'ottobre 1983, prima cioè della messa in liquidazione della Previdenza - le quali circostanze, emerse fin da allora come implicanti la riconduzione di tutta l'attività alla stessa persona di Luciano S, avrebbero dovuto indurre il Mise a impedire la cessione del portafoglio, ovvero a verificare più incisivamente e tempestivamente la modalità gestoria delle attività della cessionaria. Per completezza va detto che, in punto di quantum, la corte d'appello ha rilevato che nessuna prova era stata Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -5- fornita a proposito dell'avvenuto anche parziale recupero di somme da parte degli investitori a seguito dell'insinuazione al passivo;
e ancora che il danno, costituito dal mancato recupero del capitale, era da considerare immediatamente e direttamente correlabile alla mala gesti° delle due società non tempestivamente intercettata e sanzionata dall'organo di vigilanza, senza rilevanza, dal punto di vista causalistico, della asserita aleatorietà dell'investimento in sé. Il Mise ha proposto ricorso per cassazione avverso la ripetuta sentenza, deducendo tre motivi. Alcuni degli investitori hanno replicato con controricorsi, mentre altri (come da epigrafe) sono rimasti intimati. Con ordinanza interlocutoria n. 18817 del 2021 la Terza sezione di questa Corte ha ordinato la rinnovazione della notifica del ricorso a uno degli intimati (N U) e contestualmente, su sollecitazione fatta dall'avvocatura erariale nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., ha rimesso gli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite. La rimessione, alla quale la Terza sezione ha ritenuto non esser di ostacolo l'ordine di rinnovazione alla luce del principio di ragionevole durata del processo (ordine peraltro nelle more adempiuto dall'amministrazione ricorrente), è stata sollecitata in considerazione del contrasto registrabile sulla questione dal Mise prospettata nel primo motivo di ricorso, il quale investe la sentenza nella parte in cui ha ritenuto estensibile l'effetto interruttivo e sospensivo della prescrizione, conseguente alla insinuazione al passivo della I.c.a. della Previdenza s.p.a., al terzo (il Mise, appunto) Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -6- estraneo al rapporto obbligatorio tra il creditore insinuato e il debitore sottoposto a I.c.a. Il primo presidente ha disposto in conformità. Il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte. L'amministrazione ricorrente ha depositato una memoria. Ragioni della decisione I. - Il ricorso per cassazione è affidato ai seguenti mezzi: (i) violazione o falsa applicazione degli artt. 2055, 2943, secondo comma, 2945, primo comma, 1310, primo comma, cod. civ., per avere l'impugnata sentenza ritenuto estensibile l'effetto interruttivo e sospensivo della prescrizione, conseguente alla insinuazione al passivo della I.c.a. di Previdenza s.p.a., al Mise da considerare terzo rispetto al rapporto obbligatorio tra il creditore insinuato e il debitore sottoposto a I.c.a., per quanto asseritamente responsabile a titolo extracontrattuale per omessa vigilanza;
(il) violazione e falsa applicazione dell'art. 40, secondo comma, cod. pen. e dell'art. 2043 cod. civ., nonché degli artt. 4 della legge n. 2248 del 1865, all. E, 2 della legge n. 1966 del 1939 e 3 del r.d. n. 531 del 1940, poiché non poteva ritenersi sussistente alcun obbligo del Mise di pubblicare il decreto di revoca dell'autorizzazione alla Reno s.p.a., né di svolgere altre specifiche attività
PORTOGHESI
12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
- ricorrente -
contro
ALLEGRI ROBERTO;
AMANDOLA ELVIRA;
MORANDO OLGA, MORANDO GIUSEPPINA, MORANDO GIOVANNA FRANCA, MORANDO MICHELA, CIOLI GRAZIA nella qualità di eredi di A F;
BARONE MONFRIN SERGIO;
BATTISTI ANNA;
BERRINO LAURA nella qualità di erede di B G;
BERTOLDO UGO, BERTOLDO DANIELA nella qualità di eredi di B R;
BOZ ANTONIO;
CAVALLO ENZO;
COSTA ARMANDO;
CRAVERO PIETRO;
CROSETTO RICCARDO;
DE VICARI ANTONELLA;
FRANCIA MARTA;
FURINI MARCO in proprio e nella qualità di erede di F L e Guzzinati Egle;
GENTINA BRUNA in proprio e nella qualità di erede di F G L;
ESPOSITO GIOVANNA nella qualità di erede di L G;
MAINA SECONDINO, MANGANO ANGELA, MARCHETTI ANTONIO, MICHELASSI CLARICE, MORANDO GIUSEPPINA;
MORANDO MICHELA, CIOLI GRAZIA nella qualità di eredi di M W;
MORANDO OLGA;
PAPALINI NEVIO;
POSSAMAI LAURA;
RAIMONDO PAOLO;
RIBBA MATILDE;
RIZZO ROBERTO;
SABATTINI EVA;
SABATTINI FEDERICA;
SABATTINI LEONARDO;
SALUSSO GIOVANNI;
SILVANO CARLO in proprio e nella qualità di erede d Silvano Mario;
TABACHIN GIUSEPPE;
TABACHIN IVO;
TOSCO AMILCARE;
TOSCO FULVIO;
TOSCO SILVIA nella qualità di erede di Tosco Sergio;
ZACCO SUSANNA, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
LUDOVISI
36, presso lo studio dell'avvocato GIOVANNI MUSITANO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLA PAMPANA e GIOVAN BATTISTA MARRONE;
FONTANA DAVIDE, nella qualità di coerede universale di Fontana Luciano, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé medesimo;
- controricorrenti -
nonchè
contro
Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -2- UGOLINI MASSIMO e UGOLINI MAURIZIO nella qualità di eredi di UGOLINI NAVARRO;
BERTOLDO ROBERTO, DE PAU ANTONIO, LOCCI IOLE, GUZZINATE EGLE, CIOLI GIUSEPPINA, PASTORE ODETTA, SILVANO ROBERTO PAOLO, TILOTTA LEONARDO, TRONCI PIETRO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 3112/2019 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 13/05/2019. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/01/2022 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO DE MATTEIS, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso;
uditi gli avvocati Paolo Gentili per l'Avvocatura Generale dello Stato, Giovanni Musitano e Giovan Battista Marrone in proprio e per delega dell'avvocato Davide Fontana.
Fatti di causa
Roberto Allegri e gli altri soggetti in epigrafe indicati convennero davanti al tribunale di Roma il Ministero dello sviluppo economico (d'ora in poi breviter Mise), e ne chiesero la condanna al risarcimento del danno rappresentato dalla perdita dei capitali da ciascuno conferiti nelle società fiduciarie Reno s.p.a. e Previdenza s.p.a. Sostennero che le due società erano state amministrate contra legem da Luciano S, direttamente (nel primo caso) e indirettamente, tramite la moglie, (nel secondo), e che, essendo le stesse soggette a vigilanza ex lege n. 1966 del 1939, il danno dovevasi parimenti ascrivere a responsabilità extracontrattuale del Ministero, che aveva omesso di correttamente esercitare la potestà di controllo. Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -3- Il tribunale accolse la domanda reputando infondata l'eccezione di prescrizione quinquennale opposta dal Mise, attesa l'interruzione del termine dovuta all'insinuazione degli investitori al passivo della liquidazione coatta amministrativa (I.c.a.) di Previdenza s.p.a. e la sospensione del successivo decorso fino alla chiusura della procedura concorsuale. Condannò quindi il Mise al pagamento della somma pari al capitale investito da ogni attore, con rivalutazione e interessi legali calcolati sulla sorte capitale rivalutata anno per anno. La decisione venne impugnata dal Mise, sia in ordine al profilo della prescrizione, sia in ordine all'accertamento della responsabilità e alla liquidazione del danno conseguente. Quanto alla prescrizione l'appellante, in particolare, eccepì l'inesistenza del vincolo solidale con la Previdenza in I.c.a., stante la diversità dei titoli spesi: quello contrattuale, rilevante per la Previdenza siccome obbligata verso gli attori per il mancato adempimento dell'obbligo discendente dal mandato fiduciario di restituire loro le somme versate;
quello extracontrattuale, rilevante quanto al Mise siccome ritenuto responsabile di un illecito ex art. 2043 cod civ. per la presunta omissione della vigilanza sulla società. La corte d'appello di Roma, con sentenza del 13 maggio 2019, ha respinto il gravame, ritenendo che l'effetto interruttivo/sospensivo (recte, l'effetto interruttivo permanente) della prescrizione - conseguito, ai sensi degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo comma, cod. civ., alla presentazione della domanda di ammissione al passivo nella liquidazione coatta amministrativa e perdurante fino alla chiusura della procedura concorsuale — dovesse considerarsi esteso, ex art. 1310, primo comma, cod. civ., Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -4- anche al Mise, poiché solidalmente responsabile ai sensi dell'art. 2055 cod. civ. Ha in particolare richiamato l'insegnamento di questa Corte per il quale il sorgere della responsabilità solidale dei danneggianti ex art. 2055 richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, anche se le condotte lesive siano tra loro autonome, e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna, perché l'unicità del fatto dannoso deve essere riferita unicamente al danneggiato senza poter essere intesa come identità delle norme giuridiche violate. Dopodiché la corte territoriale ha respinto altresì le censure svolte dal Mise a proposito dell'an e del quantum debeatur, condividendo, in ordine al primo profilo (che ancora unicamente rileva), l'addebito di omessa vigilanza sull'intera operazione di cessione compiuta dalla Reno s.p.a. nei confronti della Previdenza s.p.a., attese le ripercussioni relative ai contratti per la probabile replica da parte della cessionaria delle modalità contra legem con le quali era stato gestito il pubblico risparmio dalla cedente. Il che, secondo il giudice del merito, era avvenuto in circostanze che ben avrebbero potuto essere scoperte nell'indagine ispettiva culminata con la revoca dell'autorizzazione alla Reno fin dall'ottobre 1983, prima cioè della messa in liquidazione della Previdenza - le quali circostanze, emerse fin da allora come implicanti la riconduzione di tutta l'attività alla stessa persona di Luciano S, avrebbero dovuto indurre il Mise a impedire la cessione del portafoglio, ovvero a verificare più incisivamente e tempestivamente la modalità gestoria delle attività della cessionaria. Per completezza va detto che, in punto di quantum, la corte d'appello ha rilevato che nessuna prova era stata Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -5- fornita a proposito dell'avvenuto anche parziale recupero di somme da parte degli investitori a seguito dell'insinuazione al passivo;
e ancora che il danno, costituito dal mancato recupero del capitale, era da considerare immediatamente e direttamente correlabile alla mala gesti° delle due società non tempestivamente intercettata e sanzionata dall'organo di vigilanza, senza rilevanza, dal punto di vista causalistico, della asserita aleatorietà dell'investimento in sé. Il Mise ha proposto ricorso per cassazione avverso la ripetuta sentenza, deducendo tre motivi. Alcuni degli investitori hanno replicato con controricorsi, mentre altri (come da epigrafe) sono rimasti intimati. Con ordinanza interlocutoria n. 18817 del 2021 la Terza sezione di questa Corte ha ordinato la rinnovazione della notifica del ricorso a uno degli intimati (N U) e contestualmente, su sollecitazione fatta dall'avvocatura erariale nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., ha rimesso gli atti al primo presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni unite. La rimessione, alla quale la Terza sezione ha ritenuto non esser di ostacolo l'ordine di rinnovazione alla luce del principio di ragionevole durata del processo (ordine peraltro nelle more adempiuto dall'amministrazione ricorrente), è stata sollecitata in considerazione del contrasto registrabile sulla questione dal Mise prospettata nel primo motivo di ricorso, il quale investe la sentenza nella parte in cui ha ritenuto estensibile l'effetto interruttivo e sospensivo della prescrizione, conseguente alla insinuazione al passivo della I.c.a. della Previdenza s.p.a., al terzo (il Mise, appunto) Ric. 2019 n. 23186 sez. SU - ud. 25-01-2022 -6- estraneo al rapporto obbligatorio tra il creditore insinuato e il debitore sottoposto a I.c.a. Il primo presidente ha disposto in conformità. Il procuratore generale ha depositato conclusioni scritte. L'amministrazione ricorrente ha depositato una memoria. Ragioni della decisione I. - Il ricorso per cassazione è affidato ai seguenti mezzi: (i) violazione o falsa applicazione degli artt. 2055, 2943, secondo comma, 2945, primo comma, 1310, primo comma, cod. civ., per avere l'impugnata sentenza ritenuto estensibile l'effetto interruttivo e sospensivo della prescrizione, conseguente alla insinuazione al passivo della I.c.a. di Previdenza s.p.a., al Mise da considerare terzo rispetto al rapporto obbligatorio tra il creditore insinuato e il debitore sottoposto a I.c.a., per quanto asseritamente responsabile a titolo extracontrattuale per omessa vigilanza;
(il) violazione e falsa applicazione dell'art. 40, secondo comma, cod. pen. e dell'art. 2043 cod. civ., nonché degli artt. 4 della legge n. 2248 del 1865, all. E, 2 della legge n. 1966 del 1939 e 3 del r.d. n. 531 del 1940, poiché non poteva ritenersi sussistente alcun obbligo del Mise di pubblicare il decreto di revoca dell'autorizzazione alla Reno s.p.a., né di svolgere altre specifiche attività
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