Cass. pen., sez. III, sentenza 11/02/2020, n. 05414

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 11/02/2020, n. 05414
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 05414
Data del deposito : 11 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da 1) C A, nato a Bagnara Calabra il 10/01/1950 2) C D, nato a Torino il 12/08/1984 3) C A M, nata a Bagnara Calabra il 24/05/1953 avverso la sentenza del 29/10/2018 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere G F R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P C, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per intervenuta prescrizione del reato;
uditi per gli imputati l'avv. D D per il ricorrente C A e, in sostituzione dell'avv. A C R, per C A M e l'avv. V P per il ricorrente C D, i quali hanno concluso per l'accoglimento delle conclusioni dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 ottobre 2018, la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza di condanna emessa nei confronti degli odierni ricorrenti in ordine al reato, commesso in concorso, di cui all'art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per aver compiuto sui beni di A C, allo scopo di sottrarre il medesimo al pagamento delle imposte dovute, plurimi atti fraudolenti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva.

2. Avverso detta sentenza, a mezzo dei difensori, hanno proposto separati ricorsi i tre imputati, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

3. Con il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di A C si deduce il vizio di contraddittorietà della motivazione per travisamento dei fatti, avendo la sentenza impugnata assecondato la chiave di lettura data dai giudici di primo grado, ritenendo fraudolenta una condotta tenuta invece senza nulla nascondere e nella piena consapevolezza anche dell'Agenzia delle Entrate, vale a dire l'ottenimento di un mutuo bancario per estinguere una pesante situazione debitoria onorando anche i debiti fiscali. Aveva peraltro errato la Corte territoriale nel ritenere che con quel mutuo il ricorrente non avesse integralmente pagato il debito tributario di 247.129 Euro alla cui garanzia ipotecaria l'ente impositore aveva rinunciato per consentire l'iscrizione di ipoteca di primo grado a favore della banca che ebbe a concedere il prestito.

3.1. Con il secondo motivo si deduce il vizio di omessa motivazione rispetto alle doglianze proposte con il gravame circa l'assenza di condotte fraudolente, dovendosi le stesse inquadrare in un più ampio quadro di rapporti famigliari e grave situazione economica, avendo il ricorrente inteso far gradualmente subentrare il figlio ventiquattrenne nella conduzione dell'attività commerciale di famiglia. Il canone di affitto di azienda di 3.000 Euro mensili stabilito erveraltroi congruo e facilmente aggredibile dal Fisco, sì da escludere che l'atto - al pari dell'ipoteca iscritta a favore della banca sul patrimonio immobiliare a fronte della corresponsione del mutuo - potesse pregiudicare l'esecuzione coattiva 4. Con il ricorso proposto nell'interesse di D C - figlio del coimputato Agostino - si deduce, con unico, articolato, motivo, vizio di motivazione per travisamento del fatto e mancata risposta alle doglianze rassegnate con il gravame. In primo luogo si sostiene l'inidoneità degli atti in contestazione - effettivi e non simulati - a pregiudicare la procedura di esecuzione coattiva, sottolineandosi come: la donazione in favore della DI.MA . Srl, società di cui egli era titolare di quote per il 90%, del ramo di azienda relativo al bar, mai attivato e privo di avviamento, riguardasse un bene sprovvisto di valore;
il canone di affitto stabilito con la medesima società per l'attività di ristorazione fosse congruo e aggredibile dal Fisco) e la successiva cessione di quel ramo d'azienda ad altra società riconducibile al medesimo D C non fosse avvenuta a prezzo vile, e comunque non si fossero lese le prerogative dell'Agenzia delle Entrate, tenendo conto della solidarietà del cessionario rispetto al pagamento dei debiti tributari prevista dall'art. 14 d.lgs. 472/1997. In secondo luogo, si lamenta l'assenza di motivazione sulla consapevolezza del ricorrente circa l'esistenza di altri debiti fiscali oltre a quelli pagati con il mutuo bancario - in accordo con l'Agenzia delle Entrate e gli altri creditori, tutti convocati avanti ad un notaio per una sostanziale cessio bonorum del patrimonio immobiliare -sulle ragioni famigliari e di salute che avevano indotto A C a cedere l'azienda al figlio D, che già vi lavorava, sull'individuazione di un concreto apporto, morale o materiale, alla commissione del reato da parte di quest'ultimo, potendosi al più ritenere la sua passiva connivenza. Ci si duole, da ultimo, dell'assenza di effettiva motivazione sul mancato riconoscimento delle invocate circostanze attenuanti generiche rispetto alle doglianze proposte con l'appello.

4.1. Con memoria contenente motivi aggiunti si lamenta inoltre il travisamento del fatto con riguardo al ritenuto non integrale pagamento all'Erario del debito tributario di 247.128 Euro, invece pagato con l'ottenimento del mutuo bancario, erroneamente quindi inteso dalla sentenza impugnata quale indice di condotta fraudolenta.

5. Con il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse di A M Carbone - sorella di Agostino - si deduce vizio di motivazione, anche per travisamento della prova, in relazione all'omessa valutazione delle doglianze rassegnate nel gravame di merito, delle dichiarazioni spontanee rese dall'imputata nel giudizio d'appello e della testimonianza del commercialista Savino Villani. In primo luogo si censura come apparente la motivazione, sfornita di aggancio probatorio e genericamente resa./ considerando unitariamente le posizioni dei tre imputati, sulla ritenuta consapevolezza in capo alla ricorrente di ulteriori debiti tributari del fratello oltre a quelli integralmente pagati 3 yI contrariamente a quanto affermato in sentenza - con l'ottenimento del mutuo bancario. In secondo luogo si censura l'affermazione secondo cui la ricorrente avrebbe accettato di intestarsi l'intero patrimonio immobiliare del fratello senza alcuna contropartita, avendo ella riferito che ciò avrebbe garantito la restituzione del documentato prestito di 70.000 Euro, che ella gli aveva in precedenza fatto proprio per consentirgli di pagare i debiti fiscali. Da ultimo, ci si duole dell'omessa motivazione sulle doglianze - confortate dalla deposizione del teste Villani - circa l'assoluta estraneità della ricorrente agli atti negoziali diversi da quelli afferenti all'intestazione a sé, per il tramite di una società, del patrimonio immobiliare del fratello, peraltro gravato da ipoteca bancaria per un debito di valore sostanzialmente corrispondente a quello degli immobili. L'omessa motivazione sul punto - rileva la ricorrente - ha peraltro conseguenze particolarmente rilevanti ai fini della prescrizione del reato, certamente da tempo maturata con riguardo alle uniche condotte a lei ascritte, risalenti all'anno 2007, senza che si potesse dunque spostare in avanti la decorrenza del termine di prescrizione anche nei suoi confronti, come invece fatto dalla sentenza impugnata, con il riferimento ad un unico reato a formazione progressiva e consumazione prolungata connesso a successive condotte alle quali ella fu del tutto estranea.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con doppia decisione conforme, i giudici di merito hannoiin fatto,accertato che, dopo aver ricevuto - nel febbraio e marzo 2007 - la notifica di due cartelle esattoriali, avendo peraltro ulteriori debiti con il Fisco, A C, imprenditore individuale titolarevun'avviata attività di ristorazione in Torino, si spogliò integralmente del proprio patrimonio. Alla DI.MA . Srl, appositamente costituita nell'aprile 2007 e facente capo al figlio D, fu donato, nel maggio 2007, il ramo d'azienda concernente l'attivitàvbar e, il mese successivo, fu mi affittato il ramo d'azienda concernente l'attivitàiristorante, con canone d'affitto dimezzato nel luglio 2009 e con cessione di detto ramo per la somma di 15.000 Euro ad altra società/ sempre riconducibile al figlio D) nel luglio 2011. Alla

GRANBLU

Sri, nel novembre 2007, furono conferiti tutti gli immobili nella titolarità di A C e, contestualmente, quest'ultimo cedette alla sorella A M l'intera partecipazione in tale società, valutata circa 70.000 Euro, importo pari alla differenza tra valore del compendio (820.000 Euro) e il mutuo bancario di 750.000 Euro a garanzia del quale era stata iscritta ipoteca in favore della banca. La ditta individuale di A C fu quindi cancellata 4 (el dal registro delle imprese nel marzo 2008 per cessazione di ogni attività, le due cartelle esattoriali notificate nel 2007 non furono pagate, così come non furono pagate una successiva cartella notificata nel marzo 2008 ed ulteriori cartelle esattoriali emesse - tutte relative a debiti tributari maturati nell'esercizio della cessata attività d'impresa - per un complessivo importo che nel dibattimento di primo grado celebrato nel 2016 -ammontava a circa 957.000 Euro. Tenendo conto della sostanziale simultaneità tra gli atti dispositivi e la notificazione delle prime cartelle esattoriali (preceduta da atti di contestazione) e delle ragioni in processo esplicitate a sostegno della dismissione patrimoniale e del trasferimento dell'avviata e redditizia attività di ristorazione prima gestita con impresa individuale) a società riconducibili al giovane figlio - ragioni ritenute vaghe ed inconsistenti -)nonché della ritenuta incongruità delle contropartite (in taluni casi assenti, trattandosi di donazione, in altri giudicate incongrue), i giudici di merito hanno ritenuto provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che A C abbia in tal modo commesso, al fine di sottrarsi al pagamento dell'elevato debito d'imposta, atti fraudolenti sui propri beni idonei a rendere in tutto od in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. La mala fede del contribuente è stata anche ritenuta valorizzando il fatto che, nel maggio 2007, a seguito di un accordo con l'Agenzia delle Entrate, egli pagò debiti tributari pregressi per cui aveva ricevuto la notifica di cartelle esattoriali, ottenendo la cancellazione delle ipoteche iscritte sui propri immobili e promettendo che, con il mutuo che la banca gli avrebbe concesso a fronte del rilascio di garanzia ipotecaria di primo grado sugli stessi immobili, egli avrebbe sanato nell'arco di sei mesi gli ulteriori debiti, ciò che invece non fece, dismettendo nei termini riferiti l'intero suo patrimonio in favore della sorella e del figlio e giungendo ad accumulare un debito tributario pari a poco meno di un milione di Euro.
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