Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/05/2019, n. 11933
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Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati, gli elementi valutati in concreto per la determinazione della specie e dell'entità della sanzione non attengono all'"an" o al "quomodo" della condotta, ma solamente alla valutazione della sua gravità e devono, in sostanza, reputarsi quali meri parametri di riferimento a questo solo scopo, in quanto tali analoghi a quelli previsti dall'art. 133 e dall'art. 133-bis c.p.; tali elementi, non integrando circostanze aggravanti in senso tecnico della fattispecie dell'illecito - vale a dire elementi accidentali, non indispensabili ai fini della sussistenza, della fattispecie sanzionatrice -, sono di norma sottratti all'onere, per il titolare del potere sanzionatorio, di previa e specifica contestazione.
Sul provvedimento
Testo completo
1 19 33-19 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: DISCIPLINARE GIOVANNI MAMMONE - Primo Presidente - AVVOCATI AURELIO CAPPABIANCA -· Presidente Sezione - ROBERTA VIVALDI · Presidente Sezione - Ud. 09/04/2019 - PU R.G.N. 36866/2018 - Consigliere - LUCIA TRIA Gear.4933 Rep. -· Consigliere - A SRI ем. - Rel. Consigliere - FRANCO DE STEFANO -Consigliere - M AO - Consigliere A GTI - Consigliere - A C ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 36866-2018 proposto da: G A, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell'avvocato V V, rappresentato e difeso dall'avvocato G D;
- ricorrente nonché contro 202 19 CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI RIMINI, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 164/2018 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, depositata il 29/11/2018. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2019 dal Consigliere FRANCO DE STEFANO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale LUIGI SALVATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso con assorbimento dell'istanza cautelare;
udito l'Avvocato M M per delega dell'avvocato Gianluigi Durante.
Fatti di causa
1. Il Consiglio Nazionale Forense confermò, con sentenza n. 164/2018 (pubblicata il 29/11/2018 e notificata il 05-11/12/2018), la sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per due mesi inflitta con decisione 13/10/2017 dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Bologna all'avv. Aldo G, riconosciuto responsabile di violazione dell'art. 46 del codice deontologico forense vigente ratione temporis (a mente del quale «l'avvocato può agire giudizialmente nei confronti della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, previa rinuncia al mandato»), «per avere intrapreso, in data 08.09.2010, una procedura di pignoramento presso terzi a carico del proprio assistito signor Mario N, per il recupero di un proprio compenso professionale, senza avere previamente rinunciato al mandato» in una causa giunta al grado d'appello ed ancora pendente.
2. In particolare, il G aveva patrocinato il N, in uno alla figlia, nella causa da costoro intentata davanti al Tribunale di Roma per il risarcimento dei danni a seguito della morte del figlio del primo Ric. 2018 n. 36866 sez. SU - ud. 09-04-2019 -2- per poi, conseguita sentenza nel 2004 ritenuta non soddisfacente in ordine al quantum, interporre appello e, non corrisposte dal cliente le spese di lite nelle more corrisposte dalla compagnia assicuratrice, aveva ottenuto decreto ingiuntivo nel 2008 nei confronti del cliente ed avviato infruttuose procedure esecutive;
inoltre, pure affiancato nel patrocinio da altro legale (coniuge del cliente), aveva depositato comparsa conclusionale e memoria di replica in appello tra il 21/12/2009 e il dì 11/01/2010, ma azionando pure, in danno del cliente, pignoramento presso terzi in data 01-08/09/2010 (notificato il 22 successivo) per oltre € 74.000 sulle somme dovute allo stesso da parte dei convenuti soccombenti all'esito del giudizio di appello. A tanto erano seguiti la rinuncia al mandato del G comunicata alla moglie dell'esponente quale suo condifensore il 03/10/2010 e l'esposto del 22/10/2010 del N al COA di Rimini, il quale aveva trasmesso gli atti, rivestendo il G la carica di componente di quel Consiglio, al COA distrettuale di Bologna.
3. Prodotta dall'incolpato copiosa documentazione a sostegno della propria protesta di non responsabilità, fondata tra l'altro sulla circostanza di essere stato espressamente autorizzato a proseguire nella difesa del N dalla di lui consorte, il procedimento era stato trasferito al Consiglio Distrettuale di Disciplina con decorrenza 01/01/2015 e dinanzi a questo si era protratto con l'escussione di numerosi testi, pure ridotte le relative liste, fino alla decisione del 13/10/2017: che il G peraltro aveva impugnato, chiedendo in via preliminare la sospensione in attesa della decisione sull'istanza di legittima suspicione ex art. 45 cod. proc. pen. e formulando numerose istanze istruttorie, in estrema sintesi invocando accertarsi la sussistenza della rinuncia al mandato fin dal mese di aprile 2008 o di gennaio 2009 ed instando - in conclusione - per il proscioglimento da ogni incolpazione o per il riconoscimento della prescrizione o, in ulteriore subordine, per l'applicazione di una sanzione più lieve. Ric. 2018 n. 36866 sez. SU - ud. 09-04-2019 -3- 4. Il Consiglio Nazionale Forense, con la qui gravata sentenza, respinse sia l'istanza di sospensione che quella di audizione dei nove presidenti dei Consigli dell'Ordine del Distretto e, per quel che qui ancora rileva: - condivise le valutazioni del Consiglio Distrettuale di Disciplina sulla insussistenza di prova sulla collocazione temporale della spedizione della rinuncia nell'aprile 2008 (la relativa comunicazione integrando una mera riserva di rinuncia in caso di mancato pagamento, con rimessione al condifensore della decisione se proseguire o meno nel mandato;
ed essendo anzi seguita da altre comunicazioni di attività evidentemente incompatibili con la predicata rinuncia) e quindi sulla responsabilità del G;
- disattese la tesi della rilevanza della funzione di garanzia svolta dal condifensore, che avrebbe reso superflua la tutela (dal conflitto di interessi derivante dalla posizione dominante assunta dal legale con l'azione anche esecutiva) apprestata dall'art. 46 codice deontologico;
- rigettò l'eccezione di prescrizione, ricostruendo la rinuncia come non anteriore al mese di ottobre 2010 e quindi non oltre cinque anni prima dalla formulazione del capo di incolpazione (avutasi da parte del Consiglio Distrettuale di Disciplina il 03/09/2015);
condivise, infine, anche l'entità della sanzione inflitta, in considerazione delle modalità della condotta (tra cui l'avvio della procedura esecutiva subito dopo il deposito della favorevole sentenza di appello e prima ancora di avvertire il cliente) e della rivestita carica di componente del COA di Rimini, cui si richiedeva il massimo rigore nel rispetto delle regole deontologiche e di evitare atteggiamenti atti a recare disdoro all'istituzione rappresentata.
5. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso, con atto spedito per la notifica il 31/12/2018, il G, instando in via preliminare per la sospensione della sentenza di condanna (ai sensi dell'art. 37 comma 7 legge n. 247/12 e 56 comma 4 r.d.l. n. Ric. 2018 n. 36866 sez. SU - ud. 09-04-2019 -4- 1578/33) ed articolando cinque motivi;
nessuno degli intimati resiste con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente argomenta l'istanza di sospensione anche con eccezione di illegittimità costituzionale della relativa procedura ed in ragione dell'imminenza delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine e delle negative conseguenze della condanna