Cass. civ., sez. III, sentenza 28/11/2008, n. 28407

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Massime1

Nella liquidazione del danno morale provocato dalla morte di un prossimo congiunto il giudice di merito deve procedere con valutazione equitativa, tenendo conto delle perdite affettive e della compromissione dell'integrità familiare. Alla luce di questo principio deve ritenersi illogica la motivazione con la quale il giudice di merito, dopo avere determinato l'ammontare del danno, ne riduca l'importo in considerazione del fatto che gli aventi diritto siano sopravvissuti soltanto pochi anni alla morte del loro congiunto.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 28/11/2008, n. 28407
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28407
Data del deposito : 28 novembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V M - Presidente -
Dott. P G B - rel. Consigliere -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. V R - Consigliere -
Dott. D'

AMICO

Polo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 24903/2004 proposto da:
C R in qualità di eredi della Sig.ra C Mlina, C L, C M, C E D, C L, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A.

GRAMSCI

28, presso lo studio dell'avvocato F M, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato M M giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrenti -


contro
TORO ASSICURAZIONI S.p.A. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA N. 6, presso l'Avvocato O L, che la rappresenta e difende, con procura speciale del Dott. Notaio G I, in Torino 30/9/2008;
REP. N. 57234;

- controricorrente con procura -
contro
PAVONCELLI DAVIDE;



- intimato -


avverso la sentenza n. 1378/2003 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, Sezione Quarta Civile emessa il 26/03/2003, depositata il 01/10/2003, RG. 1166/1998;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 06/10/2008 dal Consigliere Dott. GIOVANNI BATTISTA PETTI;

udito l'Avvocato MICHELE MASSELLA;

udito l'Avvocato LUIGI OTTAVI (con procura speciale);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI

Vincenzo, che ha chiesto l'accoglimento p.q.r. del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il 17 giugno 1992 in Verona accadeva un incidente stradale, in Corso Milano, tra una moto Yamaha condotta da Nicola Martiniello e la Golf condotta dal proprietario assicurato Davide Pavoncelli;

il motociclista riportava lesioni mortali e decedeva dopo 28 ore dall'evento.
C Mla (madre di Nicola) ed Ivano Martiniello (fratello convivente), quali eredi del defunto e iure proprio, con citazione del 1 settembre 1993 convenivano dinanzi al Tribunale di Verona il Pavoncelli e l'assicuratrice Toro e ne chiedevano la condanna al risarcimento di tutti i danni conseguenti al sinistro che riferivano a colpa esclusiva del conducente della Golf. I convenuti si costituivano e contestavano il fondamento delle pretese. Nelle more decedeva Ivano Martiniello e si costituiva quale unica erede la madre.
Il Tribunale, con sentenza del 14 maggio 1997 accertava il maggior concorso di colpa del conducente (60 %) e condannava i convenuti in solido al pagamento in favore della C della somma di L. 90.343.203 alla attualità, oltre interessi legali e vittoria delle spese.
La decisione era appellata con appello principale dagli eredi della C Mlina (deceduta il 12 dicembre 1995), C Luciana, Marisa, Elisa, Elvia, Dina, Lisetta e Renza, che ne chiedevano la riforma in punto di concorso di colpa e migliore determinazione di tutte le voci di danno già chieste nell'atto introduttivo;
resistevano le controparti e con appello incidentale chiedevano modificarsi il riparto delle colpe e quindi il ricalcalo dei danni.
La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 1 ottobre 2003,accoglieva per quanto di ragione gli appelli, aumentando al 50% il concorso di colpa del motociclista, ma accoglieva anche in parte le;
richieste di migliore liquidazione dei danni e condannava in solido il Pavoncelli e l'assicuratrice Toro al pagamento di una somma differenziale di Euro 32.275 oltre interessi (vedi amplius in dispositivo) compensando per la metà le spese dei due gradi del giudizio.
Contro la decisione ricorrono gli eredi C deducendo sette motivi di censura;
le controparti non hanno svolto difese. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Ricorso merita accoglimento limitatamente al quarto ed al quinto motivo, risultando infondati gli altri. Seguendo l'ordine logico saranno esaminati congiuntamente i primi tre motivi, che attengono alla ricostruzione del fatto illecito da circolazione ed al concorso di colpe;
seguirà l'esame degli altri motivi non accolti ed infine quello dei motivi accolti (punti A.B.C della motivazione). A. ESAME DEI MOTIVI ATTINENTI AL FATTO STORICO LESIVO. I primi tre motivi possono così riassumersi:
nel primo motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine all'accertamento del fatto e delle condotte concorrenti dei conducenti antagonisti, e si assume la colpa esclusiva del conducente dell'auto che non avrebbe dato la precedenza, come risulta dalla contestazione della contravvenzione all'art. 104 C.d.S., comma 9;
nel secondo motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine alla ritenuta eccessività della velocità della moto ed al ricorso ad elementi di ordine presuntivo;
nel terzo motivo si deduce la contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione delle prove orali.
In senso contrario si osserva come la Corte di appello (ff. 8 e 9 della motivazione) abbia analiticamente considerato, sulla base delle prove orali e documentali, la condotta dei conducenti, pervenendo in concreto allo accertamento del pari concorso di colpe, considerando anche la contestazione relativa al diritto di precedenza, ma anche la imprudenza del conducente della moto che concorse ad aggravare l'impatto e le sue conseguenze. Non risultano dunque violate ne' le norme relative al concorso di colpe ed alla causalità e la motivazione, analitica, appare congrua rispetto all'iter logico ed è come tale non sindacabile in questa sede.
B. ESAME DEI MOTIVI INFONDATI.
Nel sesto motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento del danno biologico subito iure proprio dalla madre e dal fratello della vittima, come conseguenza psichica per la perdita parentale.
Il motivo è infondato, avendo la Corte correttamente rilevato la mancata deduzione ed allegazione di prove a carattere scientifico sul punto.
Nel settimo motivo si deduce il vizio della motivazione in ordine alla quantificazione del danno patrimoniale da lucro cessante e iure proprio per la perdita dei contributi economici del defunto alla madre invalida civile ed al fratello disoccupato. Ma tale motivo risulta esaminato dalla Corte di appello (ff. 11) che lo ha accolto pervenendo ad una valutazione equitativa sulla base del reddito, della convivenza e della solidarietà familiare, con una argomentazione logica che sfugge a censure di insufficienza o contraddittorietà.
C. ESAME DEI MOTIVI MERITEVOLI DI ACCOGLIMENTO.
Nel quarto motivo si deduce error in iudicando e vizio della motivazione in ordine alla riduzione del danno morale a L. 90 milioni per la madre ed a L. 15 milioni per il fratello, sul rilievo che entrambi sono sopravvissuti solo pochi anni dalla morte del defunto, e che quindi la misura del dolore dipende dalla durata della vita. Il motivo è fondato e la motivazione richiamata, (ff. 10) appare illogica e giuridicamente errata.
L'autonomia ontologia del danno morale rispetto al danno biologico, in relazione alla diversità del bene protetto, appartiene ad una consolidata, giurisprudenza di questa Corte, che esclude il ricorso semplificativo a quote del danno biologico, esigendo la considerazione delle condizioni soggettive della vittima e della gravità del fatto e pervenendo ad una valutazione equitativa autonoma e non personalizzata. (Cfr. Cass. 27 giugno 2007 n. 14846;
Cass. 23 maggio 2003 n. 8169;
Cass. 12 dicembre 2003 n. 19057) (V. tra S.U. 11 novembre 2008 n. (Ndr: testo originale non comprensibile) punto 2.10).
Il principio di diritto che il giudice del rinvio deve osservare è il seguente.
Il danno morale parentale per la morte dei congiunti deve essere integralmente risarcito mediante l'applicazione di criteri di valutazione equitativa rimessi alla prudente discrezionalità del giudice, in relazione alle perdite irreparabili della comunione di vita e di affetti e della integrità della famiglia, naturale o legittima, ma solidale in senso etico (Cass. 9 novembre 2006 n. 23918 e vedi Cass. 24 aprile 2007 n. 9681). In relazione a tale principio guida, costituzionalmente orientato al rispetto dei vincoli della solidarietà familiare, appare riduttiva e illogica la riduzione della sua entità rapportata alla vita effettiva dei superstiti, deceduti nel corso di un giudizio, la cui lentezza non è loro ascrivibile se non come denegata giustizia. Nel quinto motivo si deduce l'error in iudicando e la insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione del danno biologico iure hereditatis, che la Corte di appello liquida (ff. 12) alla attualità nella somma di L. un milione, considerata la sopravvivenza in agonia di ventotto ore.
Dovendosi considerare non controverso tra le parti il punto relativo alla trasmissibilità agli eredi del danno biologico in caso di morte non immediata (cfr. Cass. 10 agosto 2004 n. 15408 e Cass. 9 marzo 2004 n. 4754), deve ritenersi illogica la sua determinazione in una misura simbolica, senza tener conto che la lesione mortale, reca in sè lai invalidazione totale della parte lesa privandola delle condizioni biologiche di sopravvivenza.
Il principio di diritto, costituzionalmente orientato, esige allora una migliore considerazione della prudente discrezionalità del giudice del merito, il quale anche per tale voce deve provvedere ad un risarcimento integrale e non parziale del danno.
La cassazione, in relazione ai motivi accolti, è con rinvio anche per le spese di questo giudizio Cassazione, alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione.

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