Cass. civ., sez. VI, ordinanza 13/07/2018, n. 18578

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 13/07/2018, n. 18578
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18578
Data del deposito : 13 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente ORDINANZA sul ricorso 9275-2017 proposto da: • DITTA PURIFICATO PARQUET DI PURIFICATO GIANCARLO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA VALLE DELLA MULEYIA

120, presso lo studio dell'avvocato F P F, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

CERIMONIALE GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI- VAI,

TELLINA

87, presso lo studio dell'avvocato F M, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente avverso la sentenza n. 1762/2017 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 15/03/2()16;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/ 03/2()18 dal Consigliere Dott. A I °RICCI-110. Ric. 2017 n. 09275 sez. M2 - ud. 15-03-2018 -2- Rilevato che : è stata impugnata dalla Ditta Purificato la sentenza n. 1762/2016 della Corte di Appello di Roma con ricorso fondato su un unico articolato motivo resistito con controricorso della parte intimata . Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio, riepilogare , in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. La gravata decisione della Corte territoriale, in parziale accoglimento dell'appello dall'odierna parte ricorrente, ha riformato la sentenza del Tribunale di Latina - Sezione Distaccata di Gaeta n. 18/2012. Quest'ultima , accogliendo l'opposizione della odierna parte controricorrente, revocava il D.I. emesso per il pagamento della somma di C 5.394,33 quale corrispettivo per la fornitura e posa in opera di parquet nell'immobile, di cui in atti, del medesimo controricorrente, in cui favore veniva altresì disposta condanna -previa risoluzione del contratto inter partes- di risarcimento danni ( per C 12.528,21). La sentenza della Corte di Appello condannava la succitata Ditta al pagamento della minor somma di C 1.885,67 quale differenza fra quanto non pagato dal controricorrente (C 5.394,33) e quanto necessario all'eliminazione dei vizi dell'opera (€ 7.280,00). Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che :

1.- Col motivo del ricorso si censurano, in modo promiscuo. i vizi di violazione, ex art. 360, n. 3 c.p.c., dell'art. 1668 c.c., in relazione all'art. 2226 c.c., "violazione del principio di diritto in materia di risoluzione del contrato d'opera e domanda correlata di risarcimento danni", nonché omessa motivazione ai sensi dell'art. 360, n. 5 c.p.c.. 1.1- Il motivo, quanto alla doglianza svolta in tema di carenza motivazionale è inammissibile poiché presuppone come ancora esistente (ed applicabile nella concreta fattispecie) il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza nei termini in cui esso era possibile prima della modifica dell'art. 360, n. 5 c.p.c. apportata dal D.L. n. 83/2012, convertito nella L. n. 134/2012, essendo viceversa denunciabile soltanto l'omesso esame di uno specifico fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le parti, rimanendo -alla stregua della detta novella legislativa- esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione ( Cass. civ., SS.UU., Sent. n. 8053/2014). Quanto ai prospettati vizi di violazione di legge e principi di legge deve rilevarsi quanto segue. L'impugnata sentenza, dopo una ricostruzione in fatto delle vicende relative alla fornitura del parquet per cui è causa, qualificando il negozio inter partes come contratto d'opera e ritenendo la tempestività della denuncia dei lamentati vizi ha ridotto il quantum del risarcimento richiesto dall'odierno contro ricorrente in dipendenza della svolta azione di risoluzione del rapporto contrattuale. Senonchè col secondo motivo di appello dell'odierna parte ricorrente (a quanto pare accolto dalla Corte territoriale) veniva lamentata l'erroneità della decisione di primo grado in punto di ritenuta risoluzione per grave inadempimento del contratto. Orbene la gravata decisione ha dato atto, proprio con riferimento al detto secondo motivo di appello, che - a differenza dell'ineluttabilità ed irreparabilità dei danni posta dal Giudice di prime cure a base della propria decisione di risoluzione e risarcimento danni- il CTU del secondo grado del giudizio ha accertato, con affermazione condivisa della Corte capitolina, che il medesimo parquet per cui è causa "pur a nove anni dalla posa risultava ancora compatto ed aderente ( e tale da) consentire la normale fruizione dell'abitazione del Dott. Cerimoniale". Orbene, alla stregua di quanto emerge dalla stessa impugnata sentenza, nell'ipotesi era e dè più che dubbia l'applicazione svolta con la decisione stessa della regole di diritto di cui al'art. 1668 c.c. in relazione all'art. 2226 c.c.. Per di più -in assenza di vizi tali comportanti la risoluzione del contratto- non poteva farsi luogo ad alcuna (ri)deternninazione del danno oggetto della domanda di risarcimento ancorata esclusivamente alla sola risoluzione del contratto ( e significativamente parte controricorrente ha oggi dedotto - v. p. 12 del controricorso - che "la domanda di risarcimento era scollegata da quella di risoluzione"). La decisione gravata appare , quindi, incongrua e viziata nel senso lamentato dall'odierno ricorrente quanto all'attribuzione , pur se con rideterminazione, del danno da risarcire. Al riguardo va rammentato il noto e condiviso principio di diritto in base al quale "in tema di risoluzione del contratto per difformità o vizi dell'opera, qualora il committente abbia domandato il risarcimento del danno in correlazione con la domanda di risoluzione e i vizi dell'opera non siano risultati tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, così da giustificare lo scioglimento del contratto, la domanda di risarcimento danni non può essere accolta per mancanza dei presupposti della pretesa azionata, che si deve fondare sulla medesima "causa petendi" della domanda di risoluzione" (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 4 marzo 2015, n. 4366 e , conformemente - ancora- Cass. 15249/2005 e 9295/2006). In conclusione, non spettando a questa Corte il compito di qualificare la domanda risarcitoria ed il suo eventuale collegamento o "scollegamento", si impone -accogliendosi , solo in punto e nel limite anzidetto, l'articolato motivo del ricorso - la cassazione della impugnata sentenza al fine di consentire il riesame della controversia da decidersi valutando l'effettiva sussistenza di vizi comportanti la risoluzione contrattuale e, quindi, la risarcibilità dei danni. 2.- L'anzidetto accoglimento, nel senso innanzi esposto, del motivo comporta la cassazione della gravata sentenza e la rimessione ad altra Sezione della. Corte distrettuale, che provvederà alla decisione uniformandosi ai principi innanzi enunciati.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi