Cass. pen., sez. VI, sentenza 26/01/2023, n. 03390
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B G, nato il 02/07/1982 a Palermo avverso la ordinanza del 25/07/2022 del Tribunale di Palermo;visti gli atti e la ordinanza impugnata;esaminati i motivi del ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere G D A;lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore generale R G, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso per intervenuta rinuncia. RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 25 luglio 2022 il Tribunale di Palermo, decidendo in sede di rinvio disposto con la sentenza di annullamento n. 24352 emessa dalla Corte di cassazione il 26 maggio 2022 con riferimento all'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo avverso il decreto emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palermo il 19 febbraio 2021, con il quale si rigettava la richiesta di sequestro preventivo di una somma di denaro contante (pari ad euro 1.175,00) nei confronti di G B, indagato per i delitti di cui agli artt. 416, 416-bis, 512-bis, 513-bis, 646, 648-ter 1, cod. pen. e 1, comma 3, della legge n. 401 del 1989, ha parzialmente accolto l'appello del P.M., disponendo il sequestro preventivo limitatamente alla su indicata somma di denaro e rigettando nel resto il gravame. 2. Avverso la su indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del B, censurando, con un primo motivo, plurime violazioni di legge ai sensi degli artt. 240, comma 2, 416 cod. pen., 125, 310, 321, comma 2, 322- bis, 581 e 591 cod. proc. pen., in relazione ai presupposti di ammissibilità dell'atto di appello del P.M., avendo il Tribunale erroneamente ritenuto infondata l'eccezione difensiva di genericità dei correlati motivi, specie in relazione alla dimostrazione del nesso di strumentalità tra la somma parzialmente sottoposta a sequestro preventivo con l'impugnato provvedimento ed i reati al ricorrente contestati. 2.1. Con un secondo motivo si deducono, inoltre, plurime violazioni di legge e vizi della motivazione con riferimento alla sussistenza dei presupposti oggettivi e delle condizioni di applicabilità di cui all'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., nonché alla loro erronea applicazione in ordine al reato di associazione mafiosa di cui capo d'imputazione provvisorio sub 1), per non essersi l'ordinanza impugnata uniformata ai principii affermati dalla Corte di cassazione con la richiamata sentenza rescindente, motivando solo in maniera astratta sulla necessaria dimostrazione della esistenza di una diretta correlazione tra la res oggetto di sequestro ed il reato associativo contestato al ricorrente. L'ordinanza impugnata, ad avviso del ricorrente, non ha individuato l'attività illecita cui sarebbe legata la provenienza della somma di denaro in sequestro, rinvenuta nell'abitazione del B all'atto dell'esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere. Si assume, al riguardo, il travisamento della intercettazione di una conversazione svoltasi fra l'indagato - agente di commercio e procacciatore d'affari nel settore dei giochi e delle scommesse - ed altra persona, che contattava il primo facendo presente che una società operante nel settore delle slot machines aveva intenzione di installarne alcune all'interno di un esercizio commerciale di cui era titolare un cliente dell'indagato, il quale aveva a sua volta stipulato un contratto di esclusiva con la ditta della quale era agente di zona proprio il B: conversazione, questa, ove il ricorrente - come chiarito in un interrogatorio svoltosi dinanzi al Giudice dell'udienza preliminare nel corso del giudizio abbreviato celebrato nei suoi confronti presso il Tribunale di Palermo - si limitava a prospettare al suo interlocutore le possibili alternative di installazione delle slot machines all'interno dei locali dell'esercizio commerciale, senza alcuna imposizione ai danni degli operatori di zona, tenuto conto del fatto che la percentuale del 2,5% - cui fa riferimento l'ordinanza impugnata - va riconosciuta dalla società noleggiatrice al suo procacciatore in forza di una esplicita previsione del contratto di agenzia stipulato da entrambe le parti. Né risulta, dalle emergenze indiziarie, e in particolare dal contenuto delle intercettazioni, che l'indagato abbia commesso azioni intimidatorie ovvero che gli imprenditori dell'area territoriale di riferimento abbiano denunciato tale genere di condotte. Si deduce, infine: a) l'assenza di elementi indiziari a sostegno della ritenuta esistenza di un accordo che sarebbe stato raggiunto tra le famiglie mafiose di Resuttana e dell'Acquasanta, per ottenere l'autorizzazione alla installazione delle slot machines all'interno degli esercizi commerciali del quartiere Resuttana, in cambio di una serie di azioni estorsive ai danni di attività economiche del quartiere, secondo quanto affermato dal Tribunale nella ordinanza impugnata;b) l'omessa valutazione del contenuto delle indagini difensive prodotte dalla difesa nel corso del procedimento penale e della documentazione relativa sia allo svolgimento dell'attività lavorativa di procacciatore d'affari da parte del ricorrente e alla regolare conclusione dei contratti di noleggio dei predetti dispositivi, sia all'esercizio di altre attività imprenditoriali e alle dichiarazioni dei redditi da lui presentate sino all'anno (2019) precedente quello (il 2020) in cui gli venne applicata la misura custodiale;c) l'omessa valutazione della circostanza relativa al fatto che l'indagato, poco prima della perquisizione domiciliare eseguita al momento dell'applicazione della misura coercitiva, aveva ottenuto, in data 15 aprile 2020, una linea di credito basata sulla concessione di un prestito personale di euro quattromila, dovendosi pertanto ritenere viziata da illogicità l'affermazione secondo cui la difesa non avrebbe allegato la provenienza della somma di denaro in sequestro da altre fonti di reddito;d) la circostanza che la contestazione del reato di partecipazione associativa, pur formulata sino alla data odierna, si riferisce a fatti la cui rilevanza indiziaria si esaurisce nell'anno 2017, sicché nessun elemento sintomatico della ritenuta pertinenzialità fra la res ed il reato può in concreto desumersi alla luce del rilievo che la predetta perquisizione - con la conseguente apposizione del vincolo reale sulla rinvenuta somma di denaro - è stata effettuata il 12 maggio 2020, dunque in epoca assai recente e temporalmente lontana dai fatti addebitati;e) l'omessa motivazione in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora.
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