Cass. pen., sez. I, sentenza 15/03/2021, n. 09935

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 15/03/2021, n. 09935
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09935
Data del deposito : 15 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: ZACCONE CLAUDIO nato a MESSINA il 30/12/1987 DI GIANNATONIO FLAVIA nato a ROMA il 17/06/1981 C D nato a ROMA il 10/08/1985 AURIGEMMA NICO nato a ROMA il 25/03/1990 avverso l'ordinanza del 30/06/2020 del TRIB. LIBERTA' di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere D C;
sentite le conclusioni del PG ALFREDO POMPEO VIOLA, il quale chiede il rigetto di tutti i ricorsi;
udito il difensore, avv. R A T F, del foro di ROMA, in difesa di ZACCONE CLAUDIO e di DI GIANNATONIO FLAVIA, che conclude chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso;
udito il difensore, avv. G E, del foro di BOLOGNA, in difesa di AURIGEMMA NICO, il quale preliminarmente dichiara di avere inviato via pec in data 23 ottobre 2020 memoria difensiva, e conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso e l'annullamento dell'ordinanza impugnata;
udito il difensore, avv. C C, del foro di ROMA, in difesa di C D, la quale preliminarmente deposita una memoria e conclude chiedendo raccoglimento del ricorso. fr

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 giugno 2020 il Tribunale del riesame di Roma ha confermato — fatta salva, in relazione a singoli addebiti, l'esclusione di talune aggravanti — l'ordinanza, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo tribunale I'l giugno 2020, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di C Z, F D G e N A e di quella degli arresti domiciliari nei confronti di D C, raggiunti, a vario titolo, da gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati commessi quali militanti della cellula anarchica avente sede presso il centro sociale «Bencivenga» di Roma.

2. Il Tribunale del riesame, dato preliminarmente atto delle argomentazioni spese dagli indagati a sostegno della richiesta di riesame, ha esposto le risultanze dell'ampia attività investigativa svolta dal ROS dei Carabinieri in relazione al movimento anarchico e, specificamente, alla FAI (Federazione Anarchica Informale), il cui disegno strategico avrebbe ispirato le condotte degli odierni ricorrenti e dei correi. Ha segnalato che la FAI si è distinta, all'interno della galassia anarchica, in cui convivono diverse e contrapposte correnti di pensiero, per l'opzione per il metodo esplosivo e dell'azione armata, teorizzato, in vari documenti, anche dall'ideologo Alfredo C, che della FAI è, in Italia, principale esponente, e tradottosi, nell'arco dell'ultimo decennio, in atti di violenza oggetto di accertamento da parte delle autorità giudiziarie piemontesi e toscane. Ha, quindi, rivolto l'attenzione agli odierni ricorrenti, enunciandone i precedenti di polizia ed indicando gli elementi che ne attestano il pregresso inserimento nel movimento anarchico per rilevare, subito dopo, che la linea strategica ispirata da C e compendiata nei documenti intitolati, rispettivamente, «L'autismo degli insorti», «Per un giugno pericoloso» e «Dire e Sedire» è scaturita, tra l'altro, dal dibattito svoltosi all'interno del centro sociale «Bencivenga», di cui i quattro indagati sono stati assidui frequentatori, ed ha trovato attuazione nei loro comportamenti, che, se vagliati unitariamente, integrano azioni concrete di attacco alle istituzioni e non solo, come dedotto ancora nei ricorsi per cassazione, reati bagatellari privi di qualunque connotazione terroristica. Ha, per questa via, delineato il fil rouge dell'impostazione accusatoria, incentrato sul rapporto di diretta derivazione tra le condotte illecite degli odierni indagati — i quali avrebbero costituito un «gruppo di affinità» alla FAI — ed il metodo di lotta propugnato da C e dall'organizzazione della quale egli è t elemento di spicco. Il giudice della cautela ha indicato, alle pagg. 22-23 del provvedimento impugnato, gli elementi che attestano la coerenza dell'azione degli indagati con le direttive di C e, più in generale, con il modus operandi della FAI, a partire dal dibattito svoltosi al centro Bencivenga — cui parteciparono, tra gli altri, due soggetti indagati nel presente procedimento, ma diversi dagli odierni ricorrenti — e protrattosi per due giorni, alla vigilia della diffusione del documento «Per un giugno pericoloso», sino al riferimento, contenuto in una missiva che A inviò a C nel maggio 2019, all'incontro «A testa alta», nel quale era stata delineata una linea di azione incentrata, oltre che sulla solidarietà ai detenuti, sulle azioni violente contro obiettivi istituzionali (la «rabbiosa conflittualità»), poi ribadita con il documento «Dire e Sedire». Il Tribunale del riesame ha, dunque, ritenuto che le condotte oggetto di specifica contestazione si collochino a pieno titolo nel percorso tracciato da C, a conferma di uno stretto collegamento tra gli indagati e la FAI, nella quale gli stessi si identificano sostenendone il programma, anche operativo, e contribuendo, con la propria azione, alla realizzazione degli obiettivi propri della compagine terroristica. Dopo avere tratteggiato le peculiari caratteristiche della FAI quale associazione con finalità di terrorismo, a più riprese delineate, sin dal 2005, dalla giurisprudenza di legittimità, e descritto le modalità operative, che coinvolgono i singoli «gruppi di affinità», cellule sparse sul territorio, che agiscono individualmente, ma per la realizzazione degli obiettivi comuni, il Tribunale del riesame ha tratto argomento dalla missiva rinvenuta nella disponibilità di Alfredo C il 21 maggio 2019 ed inviatagli da un soggetto che, firmatosi con il nome di «Lauro», è stato identificato nell'odierno ricorrente N A, il quale si sarebbe, in tale occasione, espresso a nome dell'intero gruppo del Bencivenga e, dunque, anche degli altri odierni ricorrenti. Il contenuto della lettera, così come quello della risposta subito inviata da C, attesta, a giudizio del Tribunale del riesame, quanto stretto sia il legame tra il più autorevole esponente italiano della FAI, al tempo appena condannato a venti anni di reclusione per reati in materia di terrorismo, e gli anarchici riuniti presso il centro Bencivenga, e come il confronto si svolga lungo una direttrice che, con ogni evidenza, postula il ricorso, pressoché indiscriminato, ad azioni violente, quale l'attentato posto in essere il 7 dicembre 2017 ai danni della Caserma dei Carabinieri di San Giovanni, del quale risponde, in questa sede, C Z ai capi L), M) e N). Il Tribunale del riesame, in proposito, ha disatteso l'eccezione di inutilizzabilità di taluni atti di indagine perché compiuti oltre il termine di scadenza delle indagini preliminari per poi mutuare, alle pagg. 33-37, le osservazioni svolte dal Giudice per le indagini preliminari in ordine all'esito della comparazione tra le fattezze dell'indagato e quelle del soggetto effigiato nelle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza ed alla qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 280-bis cod. pen.. Il Tribunale del riesame ha, successivamente, dato conto del documento di rivendicazione, sottoscritto dalla sedicente cellula «S M» della FAI-FRI, univocamente espressivo delle finalità dell'atto e, soprattutto, coerente, oltre che con le dichiarazioni rese da C, poche settimane prima, in sede processuale, con il documento clandestino «Dire e Sedire» che, a distanza di qualche mese, sarà elaborato, almeno secondo l'impostazione accusatoria, dagli odierni ricorrenti. Ha assegnato grande rilevanza alla rivendicazione, che ha stimato senz'altro autentica e che lo stesso C ha successivamente ripreso nel documento «L'autismo degli insorti», pubblicato clandestinamente a distanza di alcuni mesi, che ha reputato idonea a giustificare, in linea con le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di legittimità, la contestazione del delitto di istigazione a delinquere sanzionato dall'art. 414 cod. pen. ed aggravato, secondo quanto esplicitato alle pagg. 45-48 dell'ordinanza impugnata, perché diretto al compimento di reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento democratico. Ha ricordato, a definitivo suggello della finalità terroristica ed eversiva dell'attentato del 7 dicembre 2017, che lo stesso C, nel documento «L'autismo degli insorti», ha indicato il documento di rivendicazione quale «esempio reale, vivente, palpitante di una delle tante forme che l'organizzazione informale può darsi e subito», così riconoscendo, in sostanza, che l'atto è riconducibile alla strategia della FAI ed a quella delle organizzazioni che, nello scenario europeo, si richiamano ai medesimi principi. La parte successiva del provvedimento impugnato è dedicata a delineare i risalenti rapporti tra Z, autore dell'attentato, ed il centro Bencìvenga e, in particolare, con A e D G, nonché al documento «Dire e Sedire», rinvenuto nel corso della perquisizione eseguita il 30 settembre 2018 nei pressi di Predappio, che avrebbe dovuto essere distribuito clandestinamente (donde la contestazione del delitto sanzionato dall'art. 302 cod. pen.) e la cui paternità viene ascritta, per le ragioni espresse alle pagg. 52-54 dell'ordinanza del Tribunale del riesame, a C Z, N A e F D G.Il Tribunale del riesame ha assegnato al documento attitudine concretamente istigatoria in quanto diretto, in ideale linea di continuità con il precedente «Per un giugno pericoloso», ad invocare, al di là ed oltre una semplice manifestazione di solidarietà nei confronti dei compagni detenuti, il ricorso unitario alla violenza (espressione di «rabbiosa conflittualità») atto a contrastare, superando le divisioni geografiche e favorendo l'incontro tra le diverse cellule anarchiche, le azioni repressive delle istituzioni statali. Plastica conferma della finalizzazione del documento al concreto compimento di azioni attuative della strategia ivi delineata si rinviene, ha proseguito il giudice della cautela, in quanto accaduto nelle settimane e nei mesi seguenti, a partire dalla violenta manifestazione inscenata il 7 ottobre 2018, con la partecipazione di D G, A e Z, davanti al carcere di La Spezia, ove era detenuto il militante anarchico Pierloreto Fa, a quella fiorentina del 9 ottobre 2018, sino alle ulteriori manifestazioni del 18 novembre 2018 in La Spezia, del 31 dicembre 2018 in Firenze, del 5 gennaio 2019, ancora in La Spezia, dell'8 febbraio 2019 in Teramo, del 12 febbraio 2019 in Roma. Ne discende, a giudizio di Giudice per le indagini preliminari e Tribunale del riesame, che «il documento 'Dire e Sedire' non è mera manifestazione di pensiero o di solidarietà formale ma, come era d'altra parte negli auspici degli indagati, invito, raccolto e seguito nei mesi successivi da atti concreti, a compiere azioni di lotta contro la repressione, per una solidarietà nei confronti dei detenuti che non fosse solo di sostegno, ma di attacco alle istituzioni» con l'obiettivo «di esercitare pressioni su un settore nevralgico dell'amministrazione statale, ossia sull'amministrazione penitenziaria» attraverso un'azione sinergicamente posta in essere all'interno come all'esterno dei luoghi di detenzione. Se, allora, la redazione del documento «Dire e Sedire» impone la contestazione del reato sanzionato dall'art. 302 cod. pen., le condotte attuative della linea in esso indicata integrano, a loro volta, il reato ex art. 414 cod. pen., contestato al capo E), in quanto dirette a costringere l'amministrazione penitenziaria a trasferire Fa in altro istituto, obiettivo poi, di fatto, concretamente raggiunto nel marzo 2019, epoca in cui l'esponente anarchico fu assegnato a Viterbo proprio in ragione dei pericoli connessi alle pressioni dei manifestanti ed all'atteggiamento di esacerbata contrapposizione assunto dallo stesso detenuto. Allo stesso modo, connotazione istigatoria assume, a giudizio del Tribunale del riesame, il contributo, ascritto a Z ed alla D G, pubblicato in vista del raduno hip hop programmato per la fine di marzo del 2019, su un sito di area anarchica, oggetto dell'addebito sub G), che segue le azioni di solidarietà e, talora, violenza elencate alle pagg. 67-70 della motivazione del provvedimento impugnato e riconducibili alla galassia anarchica e precede l'episodio contestato ad A al capo H), avvenuto il 31 marzo 2019 davanti al carcere di Rebibbia e qualificato come incendio colposo. Il Tribunale del riesame, successivamente, ha ribadito, a confutazione delle obiezioni difensive, che le emergenze indiziarie consegnano l'immagine di un gruppo senz'altro riconducibile al novero delle organizzazioni terroristiche previste dall'art. 270 -bis cod. pen. in quanto, tra l'altro, direttamente collegato alla FAI ed impegnato nella attuazione del relativo programma criminoso, incentrato sulla destabilizzazione e, in ultimo, la distruzione dello Stato. Ha enucleato, alle pagg. 80-82 della motivazione del provvedimento impugnato, le ragioni che inducono a ritenere la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato necessariamente plurisoggettivo. L'ultima parte del provvedimento impugnato è impegnata dall'esame della posizione di D C, il quale risponde, ai capi O) e P), dei soli reati connessi al danneggiamento, nella notte tra il 26 ed il 27 febbraio 2019, di tre autovetture destinate dalla ENI al servizio di car sharing Enjoy ed alla successiva rivendicazione, operata il 2 marzo 2019 sul sito roundrobin.it. Il Tribunale del riesame ha valorizzato, in chiave indiziaria: le immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza installati nella zona interessata dagli attentati;
le risultanze dei tabulati telefonici;
gli esiti della perquisizione effettuata presso l'abitazione dei genitori di C. Ha condiviso con il Giudice per le indagini preliminari la qualificazione dei fatti ai sensi dell'art. 423 cod. pen. e la contestazione dell'aggravante dell'essere stati gli stessi commessi per finalità di terrorismo, desumibile, quest'ultima, dal loro inserimento in una più vasta azione di contrasto, con mezzi criminosi, all'attività di quella multinazionale, eretta a simbolo del potere statale ed economico e ad espressione della politica industriale ed estera del governo italiano, che costituisce l'obiettivo ultimo della campagna di destabilizzazione. Ha ascritto, del pari, a C la paternità del volantino di rivendicazione, pregno di particolari che solo l'autore dei reati poteva conoscere, e tratto, infine, conferma della responsabilità dell'indagato, quantomeno nei perpetrati incendi, dalla conversazione, di cui egli è stato protagonista, registrata il 30 marzo 2019. 3. N A propone, con l'assistenza dell'avv. E G, ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, seguito dal deposito, il 23 ottobre 2020, di memoria ex art. 311, comma 4, cod. proc. pen.. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento, innanzitutto, alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto conseguente all'elaborazione ed alla redazione del documento «Dire e , Sedire». Evidenzia, al riguardo, che le indicazioni che si traggono dalle intercettazioni sono generiche e che suggestivo è il riferimento al fatto che egli si fosse recato, due mesi prima del rinvenuto del proclama — e quindi in epoca antecedente alla condotta illecita, risalente al mese di agosto — nella località in cui tre copie dello scritto sarebbero state, a distanza di tempo, trovate. Né, aggiunge, può dirsi provato che i fogli da lui posti in visione, il 30 agosto 2018, alle persone con cui egli si incontrò all'interno del parco fiorentino delle Cascine contenessero la trascrizione, anche in bozza, del documento «Dire e Sedire», la cui presentazione era prevista in un luogo diverso ed a distanza di oltre un mese. Tanto, nel contesto di un giudizio formulato, come ammesso dallo stesso Tribunale del riesame, in chiave di plausibilità, piuttosto che di gravità, indiziaria. Sotto un diverso angolo prospettico, eccepisce, sempre con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione del documento ai sensi dell'art. 302 cod. pen., avvenuta assegnandogli una portata che, a ben vedere, gli è estranea. Evidenzia, al riguardo, che le azioni di «rabbiosa conflittualità» che il libello preannunzia si riducono a condotte di modesto allarme sociale — quali danneggiamenti, imbrattamenti, reati contravvenzionali, affissione di manifesti — realizzate nell'ambito di una generalizzata campagna di solidarietà ai detenuti, ma che non possono essere in alcun modo assimilate ai delitti contro la personalità dello Stato indicati all'art. 302 cod, pen. ed espressamente richiamati al capo B) della provvisoria incolpazione. Con il secondo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame ritenuto, in accordo con il Giudice per le indagini preliminari, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto associativo punito dall'art. 270-bis cod. pen. in carenza dei presupposti normativi. Dato atto dei principali riferimenti normativi e giurisprudenziali attinenti alla delimitazione delle condotte poste in essere per finalità di terrorismo o eversione e, specificamente, di quelle ascrivibili a gruppi, più o meno organizzati, gravitanti attorno alla galassia anarchica, contesta al Tribunale del riesame di non averne fatto corretta applicazione e di avere valorizzato unicamente la sua adesione ideologica all'anarchismo, senza confrontarsi con la necessità di individuare elementi indiziari gravi circa la concreta possibilità di mettere in pratica un programma criminoso rivolto alla eversione del sistema democratico attraverso il metodo terroristico.Rilevato che il principale postulato dell'accusa, inerente ai rapporti con Alfredo C, trova riscontro in una corrispondenza per la maggior parte non posta a disposizione della difesa e, dunque, in un dato processualmente inutilizzabile, sottolinea di non avere mai aderito alla FAI e di non avere partecipato alle azioni che si assumono attuative del programma criminoso di tale associazione, tali non potendo essere considerate le condotte, di ridottissima offensività, oggetto di contestazione. Né, aggiunge, l'assenza, negli episodi di cui si assume egli sia stato autore, di attitudine a creare il pericolo di un grave danno al paese o di intimidire e creare panico nella popolazione, è contraddetta dall'essere state esse preconizzate dal documento «Dire e Sedire», ciò che non vale a conferire loro connotazione terroristica o eversiva. Così come, allo stesso modo, il ravvisato deficit probatorio non può essere colmato dal richiamo, operato dal Tribunale del riesame alla pag. 39 dell'ordinanza impugnata, ad episodi estranei all'imputazione, non ascrivibili a lui ed ai presunti correi e, comunque, commessi in epoca largamente precedente all'elaborazione del documento «Dire e Sedire». Il vero è, obietta, che, avendo avuto le azioni degli odierni indagati portata per lo più dimostrativa, la formulazione del giudizio di gravità indiziaria in ordine al delitto associativo passa attraverso il loro forzato ed illogico inserimento in un contesto tanto ampio da comprendere le condotte illecite di chiunque si riconosca nella stessa ideologia in ogni parte del territorio nazionale e, addirittura, estero e, segnatamente, gravi attentati esplosivi o alla incolumità personale che nulla hanno a che vedere con gli episodi, per lo più bagatellari o privi di rilevanza penale, oggetto di specifica contestazione. Le azioni di protesta poste in essere per esprimere solidarietà al detenuto Fa costituiscono piuttosto, continua il ricorrente, momenti di una azione politica che, seppure aspra e radicale, non può essere equiparata ad attività terroristica, neanche sub specie di espressione della volontà di costringere lo Stato a compiere atti che, altrimenti, non sarebbero stati adottati. A quest'ultimo proposito, ricorda che gli indagati sono stati autori di una azione di sensibilizzazione, al più di sollecitazione, della società civile in generale, ed eventualmente degli organi competenti, ad occuparsi della situazione detentiva, evidentemente critica, di Fa. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione per avere il Tribunale del riesame ritenuto la sussistenza, a suo carico, di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di istigazione a delinquere aggravato dalla finalità terroristica.Deduce, sul punto, la carenza di attitudine istigatoria delle condotte realizzate, risoltesi nel vergare alcune scritte sui muri cittadini o nell'affiggere dei volantini, comportamenti che, peraltro, non avrebbero potuto, per il contesto della loro commissione, determinare il concreto pericolo che l'istigazione, diretta o indiretta, potesse essere raccolta. Contesta, ancora, la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall'art. 270 -sexies cod. pen. che, in ogni caso, avrebbe dovuto essere assorbita nel reato sanzionato dall'art. 414, quarto comma, cod. pen. che la prevede quale elemento costitutivo. Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente censura, sotto il duplice versante della violazione di legge e del vizio di motivazione, l'ordinanza impugnata nella parte in cui conferma il giudizio di gravità indiziaria già formulato dal Giudice per le indagini preliminari in relazione al reato di cui agli artt. 423 e 449 cod. pen.. Osserva che il fuoco sviluppatosi il 31 marzo 2019 davanti al carcere di Rebibbia ha avuto natura accidentale, quale conseguenza dell'accensione di alcuni fumogeni, e non ha raggiunto la consistenza di un vero e proprio incendio, desunta dall'applicazione dei criteri da tempo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità. Rileva, ulteriormente, che la sua responsabilità concorsuale nel delitto colposo è stata adombrata in assenza di indicazioni di sorta in ordine tanto al contegno da lui tenuto quanto al prescritto requisito psicologico. Con la più recente memoria, A ribadisce le critiche al provvedimento impugnato, del quale segnala, ulteriormente, la distonia rispetto alla ricostruzione che ne hanno operato la giurisprudenza di legittimità e, da ultimo con la sentenza n. 191 del 31 luglio 2020, la Corte costituzionale.
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