Cass. pen., sez. II, sentenza 16/11/2022, n. 43549
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Testo completo
seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: EL BIYARI HAMID nato il 01/10/1976 avverso la sentenza del 12/03/2021 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA M, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;letta la memoria del difensore del ricorrente, Avv. M M, che ha insistito nei motivi di ricorso;RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 12 marzo 2021, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui E B A era stato condannato per il reato di rapina. 1.1Avverso la sentenza ricorre per Cassazione il difensore di E B, reiterando l'eccezione secondo cui l'imputato non aveva mai avuto notizia di qualsivoglia vocatio in iudicium: era infatti errata la decisione secondo cui sarebbe stata idonea la nomina ed elezione di domicilio presso il difensore di fiducia, posto che non poteva esservi stato alcun rapporto informativo tra difensore ed imputato ed alcuna effettiva e reale nomina fiduciaria, tanto più in quanto la dichiarazione di elezione di domicilio era stata rinvenuta all'interno di una cartellina intestata al Tribunale "ufficio recupero crediti", che in precedenza né il difensore né il Tribunale avevano rinvenuto;anche a voler ammettere la regolarità formale delle notifiche all'Avv. P P, inizialmente designato d'ufficio e poi, nello stesso contesto temporale, divenuto difensore di fiducia e domiciliatario, il difensore rileva che l'imputato non aveva mai avuto conoscenza effettiva e concreta di qualsivoglia atto di vocatio in iudicium. Risultava ex actis, prosegue il difensore, che l'Avv. P non aveva presenziato né all'udienza preliminare, né alle 14 udienze dibattimentali, come correttamente registrato dall'ordinanza del 12 aprile 2017 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che aveva disposto la rimessione in termini per proporre appello;inoltre, la Corte di appello avrebbe dovuto considerare che: 1) l'imputato non conosceva la lingua italiana, tanto che gli era stato nominato un interprete in sede di interrogatorio;2) la nomina del difensore di fiducia era stata effettuate in sede di interrogatorio nei confronti del difensore di ufficio, che non aveva mai avuto alcun contatto in precedenza con l'imputato;3) all'esito dell'interrogatorio di garanzia l'imputato era stato scarcerato con applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Caserta, per cui non avrebbe potuto raggiungere lo studio del difensore di fiducia;4) il predetto difensore, dopo l'udienza in cui era stato effettuato l'interrogatorio di garanzia) si era completamente disinteressato della vicenda. 1.2 II difensore contesta la decisione della Corte di appello anche nella parte in cui aveva rigettato tutte le censure volte alla declaratoria di nullità ex artt. 178 e 179 cod.proc.pen. della sentenza e del relativo procedimento perché non erano state ritenute necessarie le doverose ricerche dell'imputato, prodromiche al processo di notificazione degli atti del processo;al momento della scarcerazione l'imputato, senza l'assistenza di un interprete ed in assenza di qualsiasi traduzione, avrebbe dichiarato domicilio in "Napoli Na S.F.D.", per cui, secondo la Corte di appello, \f\ l'inidoneità di tale dichiarazione di domicilio avrebbe fatto rivivere quella precedente. Tale conclusione, secondo la difesa, violava apertamente l'art. 161 comma 3 cod.proc.pen. e confliggeva inesorabilmente con lo specifico obbligo prescritto dalla citata norma, cui corrispondeva il diritto dell'imputato, all'atto della scarcerazione, di poter manifestare la propria diversa volontà di dichiarare ovvero eleggere un altro domicilio, mediante atto ricevuto a verbale dal direttore dell'Istituto;stante la natura processuale di tale verbale, l'assistenza di un interprete costituiva precondizione indispensabile per l'esercizio in concreto del realtivo diritto, la cui violazione determinava una nullità ai sensi dell'art. 143 cod.proc.pen., con la conseguenza che, lungi dal determinare la reviviscenza della precedente elezione di domicilio, avrebbe dovuto imporre l'espletamento di nuove ricerche dell'accusato al fine di consentirgli di rendere una valida elezione di domicilio.
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