Cass. civ., sez. V trib., ordinanza 06/10/2020, n. 21390
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
iato la seguente ORDINANZA C sul ricorso iscritto al n. 2225/2018 proposto da M M A, nato in Germania il 7 giugno 1971 MFFMHL71H07Z112D), e da C E, nato ad ariano Irpino il 23 maggio 1968 (C.F.: CNINRC68E23A399I), entrambi rappresentati e difesi dagli Avv.ti C S, F B e C G C, con domicilio eletto presso l'Avv. Giuseppe Maria Giovanelli, con studio in Roma, viale della Piramide Cestia 1/B;- ricorrenti -contro AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura R.G.N. 2225/2018-Cass. sez. 5 civ.-Presidente Cons. &agio V, relatore Cons. F A-M M A e C E/A.D. Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;- controricorrente - avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Umbria n. 229/02/2017, pronunciata il 27 marzo 2017 e depositata il 27 giugno 2017;udita la relazione svolta nell'adunanza camerale del 12 novembre 2019 dal Consigliere F A. FATTI DI CAUSA 1. MICHELE ANTONIO M ed ENRICO CIANI ricorrono, con quattro motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di rigetto dell'appello dagli stessi proposto avverso la sentenza n. 261 del 2016 emessa dalla CTP di Perugia. Quest'ultima, a sua volta aveva rigettato l'impugnazione dagli stessi proposta avverso avviso di pagamento (quali obbligati in via solidale) in materia di accise su prodotti energetici (a carico di C P s.n.c.) e conseguente atto di irrogazione di sanzioni. 2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte emerge quanto segue, in merito ai fatti di causa. 2.1. ll'esito anche di procedimento penale caratterizzato da intercettazioni telefoniche (anche dei due attuali ricorrenti), servizi di OPC, acquisizione di sommarie informazioni, interrogatori e sequestro preventivo presso il deposito commerciale di C P s.n.c., fu emesso PVC sulla base del quale l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli («A.D.») emise i due atti oggetto di impugnazione. Emerse, in particolare, anche dalla relativa documentazione contabile, secondo quanto prospettato dall'Amministrazione (per come evidenziato nella sentenza oggetto d'impugnazione), che la citata società nell'anno 2014 introdusse nel proprio deposito commerciale un solo carico di gasolio regolarmente documentato (pari a 30.709 Kg.) e, fra giugno e settembre, 508.119 Kg. di gasolio pervenuto con autocisterne R.G.N. 2225/2018-Cass. sez. 5 ov.-Presidente Cons. Biagio V, relatore Cons. F A-M M A e C E/A.D. slovene, sul quale non fu assolta l'accisa, non scortato dei relativi DAS (documenti amministrativi semplificati), di cui all'art. 12 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali ed amministrative, di seguito anche: «TUA»). Per converso, emersero relativi documenti di trasporto internazionali, poi risultati falsi, nonché, successivamente, DAS anche essi risultati falsi (prodotti in sede di accertamento dal legale rappresentante della società, Stefano Castellani). Trattavasi, in particolare, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, di operazione gestita da una «società di fatto» costituita dai due attuali ricorrenti, che si occupavano dei profili amministrativo e commerciale (M anche con delega ad operare sul conto corrente), tramite la società C P s.n.c., messa a disposizione dal relativo legale rappresentante (Stefano Castellani). 3. La CTP, all'esito di simultaneus processus, rigettò i ricorsi con statuizione confermata dalla CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione. Il Giudice d'appello, in particolare e per quanto ancora rileva ai presenti fini, ritenne infondata la doglianza inerente la presunta violazione dell'art. 24 del d.lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, disciplinante, con riferimento al processo tributario, la produzione dei documenti ed i motivi aggiunti, avendo l'Amministrazione prodotto la documentazione inerente le intercettazioni eseguite in sede penale solo con l'atto di costituzione in giudizio, senza riprodurle nella motivazione dell'avviso di pagamento, non trattandosi di illegittima integrazione dei motivi posti a fondamento dell'atto impositivo ma solo di documentazione probatoria legittimamente depositata in giudizio. La CTR ritenne il motivo di gravame non solo infondato, nei termini di cui innanzi, ma anche inammissibile in quanto qualora i R.G.N. 2225/2018-Cass. sez. 5 civ.-Presidente Cons. Biagio V, relatore Cons. F A-M M A e C E/A.D. ricorrenti avessero inteso la produzione quale atto di integrazione della motivazione del provvedimento impositivo avrebbero, loro, dovuto proporre motivi aggiunti in applicazione del citato art. 24. La Commissione, comunque, rigettò il motivo (inerente la pretesa integrazione della motivazione dell'avviso di pagamento) ritenendo che il riferimento alle intercettazioni fosse già contenuto nella motivazione dell'avviso di pagamento, quale elemento indiziario, e che la loro produzione testuale fosse stata possibile solo a seguito della necessaria autorizzazione rilasciata dalla Procura della repubblica (il 28 gennaio 2016) successivamente alla notifica dello stesso atto impositivo. Nel merito, con particolare riferimento ai due attuali ricorrenti, la CTR ritenne provati i fatti come innanzi sintetizzati e le loro condotte non solo in forza delle intercettazioni (quali ulteriori elementi indiziari) ma anche di dichiarazioni rese agli accertatori (di cui al PVC) e dei riscontri documentali. Tra questi ultimi, in particolare: delega di M «alla commercializzazione dei prodotti petroliferi, ricerca nuovi clienti, gestione con delega ... dei rapporti bancari e nuove banche», oltre che delega, effettivamente esercitata, ad operare sul conto corrente;per CIANI, la documentazione contabile di C P s.n.c. (fatture di vendita e di acquisto, estratti di conto corrente;dichiarazioni dei redditi e bilanci) rinvenuta nei di lui uffici e della quale detenzione lo stesso non fornì valida giustificazione. Circa le applicate sanzioni, infine, la CTR ritenne il relativo motivo infondato (comunque inammissibilmente proposto, da M, per la prima volta in secondo grado). In particolare essa sostenne la corretta irrogazione delle sanzioni amministrative tributarie direttamente a carico di M e CIANI, quali obbligati in solido, in forza dell'inapplicabilità, nella specie, dell'art. 7 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (conv., con modif., dalla I. 24 novembre 2003, n. 326), per il quale solo esclusivamente a carico della persona giuridica sono R.G.N. 2225/2018-Cass. sez. 5 ov.-Presidente Cons. Biagio V, relatore Cons. F A-M M A e C E/A.D. poste le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di essa (ferma restando l'applicabilità, in quanto compatibili, delle disposizioni di cui al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472). La disposizione citata, difatti, fu ritenuta non applicabile agli enti privi di personalità giuridica, quale C P s.n.c., con interpretazione non incostituzionale proprio in quanto fondata sulla diversità tra enti aventi ed enti privi della detta personalità, oltre che, comunque, nella fattispecie non operante, avendo tratto «beneficio dall'evasione dell'accisa» non la società bensì le persona fisiche realizzatrici della «frode». 4. Contro la sentenza d'appello M e CIANI propongono (congiunto) ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi sostenuti da memoria, e l'A.D. si difende con controricorso (deducendo anche profili di inammissibilità di taluni motivi). RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il ricorso non merita accoglimento. 2. I motivi nn. 1 e 4 del ricorso sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti. 2.1. Con il motivo n. 1, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce «violazione art. 24 digs. 546/1992 e connesso art. 42 d.P.R. n. 600/1973», per aver la CTR ritenuto ammissibile l'integrazione della motivazione dell'avviso di pagamento mediante produzione di documentazione (inerente le intercettazioni telefoniche) in sede giudiziale in forza del citato art. 24. Sicché, a detta del ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe, «sotto il profilo motivazionale, meramente apparente e, quindi, di fatto, inesistente», avendo «esaminato la questione solo sotto il profilo dell'utilizzabilità dei risultati di intercettazioni» (in particolare, pag. 7 del ricorso). Con il motivo n. 4, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. si deduce «presunta inammissibilità in appello dei motivi di censura R.G.N. 2225/2018-Cass. sez. 5 civ.-Presidente Cons. Biagio V, relatore Cons. F A-M M A e C E/A.D. delle intercettazioni telefoniche», in quanto la Commissione regionale avrebbe ritenuto inammissibile quanto dedotto in merito al contenuto delle intercettazioni sostenendo che avrebbe dovuto essere oggetto di ricorso per motivi aggiunti ex art. 24 d.lgs. n. 546 del 1992. 2.2. I motivi in esame sono inammissibili, per plurimi profili, oltre che, comunque, infondati.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi