Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/05/2023, n. 13742
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Segnala un errore nella sintesiIl provvedimento analizzato è una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, con riferimento al ricorso presentato da una società in liquidazione contro l'Agenzia delle Entrate. Le parti hanno sollevato questioni giuridiche riguardanti l'applicabilità dell'IVA sulla cessione di oro in lamine, contestando la legittimità dell'avviso di accertamento emesso dall'Agenzia. La società ricorrente sosteneva che l'oro ceduto dovesse essere considerato come "oro da investimento", esente da IVA, e contestava la validità della notifica dell'avviso di accertamento, ritenendola tardiva e priva di nuovi elementi giustificativi.
Il giudice ha rigettato le prime doglianze, ritenendo inammissibile la critica sulla motivazione della sentenza di merito e confermando la legittimità dell'avviso di accertamento. Tuttavia, ha accolto il secondo motivo di ricorso riguardante l'assoggettamento dell'oro all'IVA, evidenziando che la Commissione Tributaria Regionale non aveva adeguatamente considerato le caratteristiche del materiale ceduto, in particolare peso e purezza, per determinare se rientrasse nella categoria di "oro da investimento". La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando per un ulteriore esame alla Commissione Tributaria di secondo grado.
Il giudice ha rigettato le prime doglianze, ritenendo inammissibile la critica sulla motivazione della sentenza di merito e confermando la legittimità dell'avviso di accertamento. Tuttavia, ha accolto il secondo motivo di ricorso riguardante l'assoggettamento dell'oro all'IVA, evidenziando che la Commissione Tributaria Regionale non aveva adeguatamente considerato le caratteristiche del materiale ceduto, in particolare peso e purezza, per determinare se rientrasse nella categoria di "oro da investimento". La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, rinviando per un ulteriore esame alla Commissione Tributaria di secondo grado.
Testo completo
o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8894/2017R.G. proposto da Monte Generoso Srl in liquidazione, rappresentata e difes a dagli Avv.ti Michele D’Angelo e F D, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. F F G, in Roma Corso Trieste n. 90, pec: , giusta procura in calce al ricorso;–ricorrente – contro Agenzia delle entrate –intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del la Lombardia n. 5269/2016, depositata il 12 ottobre 2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio della pubblica udienza del21 febbraio 202 3 , fissata ai sensi dell’art. 23, comma 8 bis, l. n. 176 del 2020, dal Cons. G F T. Oggetto: Cessione oro – Regime applicabile - Condizioni.Lette le conclusioni formulate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale T B, che ha conclusoper il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di Monte Generoso Spa in liquidazione avviso di accertamento, ai fini Iva, Ires e Irap per l’anno 2008, in relazione alla cessione di 15 kg di oro in lamine, poi oggetto di sequestro presso il valico italo-svizzero di Ronago. In particolare, l’Ufficio, a seguito delle indagini della Guardia di finanza nell’ambito di attività criminali finalizzate all’esportazione clandestina di preziosi in Svizzera, rilevava che l’amministratore di fatto della società, sig. A C F, aveva consegnato l’oro, senza emissione di fattura e regolazione in contanti, al sig. F C, amministratore della società Argos-Heraus Italia Spa, il quale, tuttavia, era il reale acquirente. Per tali fatti, era stato emesso un primo avviso di accertamento, notificato il 5 dicembre 2013, poi annullato in via di autotutela e sostituito con l’emissione di nuovo avviso di accertamento, notificato in data 21 novembre 2014, per l’importo di € 7.989.952,00, a sua volta ridotto dall’Ufficio quanto ai ricavi, per il riconoscimento della detraibilità dei costi, ad € 181.822,00 ai fini Ires e Irap. L’impugnazione della contribuente era rigettata dalla CTP di Milano. La sentenza era confermata dalla CTR in epigrafe, secondo la quale l’avviso era legittimo e tempestivo e la pretesa fondata, posto che il C era l’effettivo cessionario e la merce, in quanto consistente in “materiale oro” in lamine, era soggett a al regime Iva e non fruiva di esenzione, riferita solamente all’oro da investimento e a quello scambiato su “conti metallo”;né era applicabile il regime di non imponibilità ex art. 8 d.P.R. n. 633 del 1972 per la carente prova dell’esportazione della merce ovvero quello del margine, non essendo provato l’acquisto da consumatori finali, neppure essendo applicabile il regime del reverse charge. Monte Generoso Spa ricorre per cassazione con due motivi. L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente va disattesa l’istanza di trattazione in presenza, tardivamente depositata in data 6 febbraio 2023. 2. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., carente, omessa e insufficiente motivazione circa un fatto decisivo del giudizio. 2.1. Il motivo è inammissibile 2.2. La doglianza , trattandosi di sentenza pubblicata in data 12 ottobre 2016, non è più proponibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ratione temporis vigente nella nuova formulazione introdotta dall'art. 54, comma 1, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012 n. 83,conv. con modif. nella l. 7 agosto 2012 n. 134, che ha circoscritto il controllo del vizio di legittimità alla verifica del requisito "minimo costituzionale" di validità prescritto dall'art. 111 Cost., sicché è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale requisito minimo non risulta soddisfatto soltanto quando ricorrano quelle stesse ipotesi che si convertono nella violazione dell'art. 132, n. 4, c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale;motivazione apparente;manifesta ed irriducibile contraddittorietà;motivazione perplessa od incomprensibile), mentre al di fuori di esse residua soltanto l'omesso esame di un fatto storico controverso, che è stato oggetto di discussione e che sia "decisivo", non essendo più consentito impugnare la sentenza per criticare la sufficienza del discorso argomentativo a giustificazione della decisione adottata sulla base degli elementi fattuali acquisiti al rilevante probatorio ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Sez. U, n. 8053 del 2014, Rv. 629831 e 629830). 2.3. Nella specie, la sentenza lungi dall’esser meramente apparente, è chiaramente e specificamente articolata su tutte le questioni –ivi compresa l’eccepita violazione dell’art. 43 d.P.R. n. 600 del 1973 -, risolvendosi la contestazione in una mera non condivisione del percorso motivazionale, come riconosciuto, del resto, nello stesso ricorso («i giudici citati si sono pronunciati con un’articolata e robusta motivazione, seppure non condivisibile»). 3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione di legge sotto diversi autonomi profili e in particolare: a) violazione dell’art. 43, te rzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 poiché l’avviso di accertamento non poteva venire rinotificato per l’assenza di nuovi elementi che giustificassero l’emissione di un nuovo avviso di accertamento;b)violazione dell’art. 43, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 per tardività della notifica e decadenza del potere accertativo, dovendosi applicare, in presenza di condotta di rilevanza penale, il nuovo regime più favorevole di cui all’art. 2, comma 2, d.lgs. n. 128 del 2015, neppure essendo stato notificato l’atto impositivo al sig. F, amministratore di fatto e autore dell’illecito;c)violazione dell’art. 53 tuir con riguardo ai contestati ricavi “in nero”, neppure essendo stata considerata l’assoluzione in sede penale del sig. F decisa dal Tribunaledi Milano con sentenza 7 febbraio 2017;nell’articolazione del motivo viene altresì contestata la carenza e la genericità degli elementi di prova sulla quantità di merce e sui relativi prezzi, fondata solo sul pvc e sulle intercettazioni di cui contesta la rilevanza;d)violazione dell’art. 10, n. 11, d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR escluso l’applicabilità del regime di esenzione posto che il rapporto commerciale era intervenuto tra le due società (e non con il C in proprio)e la cessione aveva ad oggetto oro riconducibile alla categoria del materiale d’oro su conto metalli;e)violazione dell’art. 17, quinto comma, d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR escluso l’applicazione del regime del reverse charge.
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