Cass. civ., sez. II, sentenza 09/07/2003, n. 10772

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Massime1

Un 'area privata puo' ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione, allorché concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni :1)l'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati "uti cives" in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un'utilizzazione "uti singuli", cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso alla propria unità abitativa ;2) l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù; 3)il protrarsi per il tempo necessario all'usucapione. (La Corte, nel formulare il principio sopra richiamato, ha cassato la sentenza del Tribunale che aveva ritenuto assoggettato a servitù di uso pubblico uno spiazzo di proprietà privata, che per la conformazione dei luoghi era stato considerato - al pari delle strade cittadine - idoneo all'uso comune da parte della collettività, senza compiere alcuna specifica indagine sull'effettivo uso "uti cives").

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 09/07/2003, n. 10772
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10772
Data del deposito : 9 luglio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V A - Presidente -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. B S - Consigliere -
Dott. C C - Consigliere -
Dott. M E - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
F G, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA GERMANICO

184, presso lo studio dell'avvocato M F, che lo difende, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
DI G A, DI G NZARENO, COMUNE DI TREVI;



- intimati -


e sul 2^ ricorso n. 20254/00 proposto da:
DI G NZARENO, DI G A, elettivamente domiciliati in

ROMA PIAZZA COLA DI RIENZO

92, presso lo studio dell'avvocato L N, difesi dall'avvocato G L S, giusta delega in atti;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
F G, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA GERMANICO

184, presso lo studio dell'avvocato M F, che lo difende, giusta delega in atti;

- controricorrente al ricorso incidentale -
nonché

contro

COMUNE DI TREVI;



- intimato -


avverso la sentenza n. 79/00 del Tribunale di SPOLETO, depositata il 17/02/00;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/03/03 dal Consigliere Dott. Emilio MALPICA;

La Corte preliminarmente dispone la riunione dei due ricorsi proposti separatamente dalle parti avverso la stessa sentenza;

udito l'Avvocato

FELICETTI

Mauro difensore del ricorrente che ha chiesto accoglimento ricorso principale e rigetto ricorso incidentale;

udito l'Avvocato LA

SPINA

Giuseppe difensore del resistente che ha chiesto accoglimento ricorso incidentale e rigetto del ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per accoglimento ricorso principale, assorbito ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito del disaccordo insorto tra F Giampaolo da un lato e D G A e D G N dall'altro, in merito all'utilizzo di una piccola corte privata antistante l'abitazione di proprietà del primo, le parti adirono il pretore di Spoleto con separati ricorsi chiedendo reciprocamente la manutenzione del possesso.
Riuniti i procedimenti, il pretore, con ordinanza 10 agosto 1996, ordinò al F di tenere sgombra la corte in questione onde consentire ai Di Giacomo la manovra della autovetture per l'entrata e l'uscita dai loro garages. Con la medesima ordinanza il pretore, ritenendo che, alla luce della novella introdotta dalla legge 353/1990, l'ordinanza interdittale concludesse definitivamente la
fase possessoria, assegnò termine di giorni trenta per l'introduzione del giudizio di merito petitorio.
Adempiendo alla cennata ordinanza D G A e D G N convennero davanti al pretore il F, nonché il Comune di Trevi, quale possibile litisconsorte necessario, chiedendo, in via principale, che fosse accertato e dichiarato il loro diritto di godere e servirsi della corte oggetto di causa o per presunzione di demanialità sensi dell'art. 22 della legge n. 2248/1865 all. F, o in forza di assoggettamento ad uso pubblico da
oltre un ventennio, continuato e non interrotto;
chiesero, in via subordinata, che fosse costituita servitù coattiva a favore dei fondi di loro proprietà, limitatamente alla manovra di accesso ai garages, previa determinazione dell'indennità.
Il F contestò tutte le domande assumendo di essere proprietario dell'area antistante la propria abitazione;
in via riconvenzionale chiese l'accertamento della inesistenza di qualsiasi diritto della controparte e la condanna della stessa al risarcimento dei danni causati dall'indisponibilità della corte durante i lavori di ristrutturazione dell'immobile.
All'esito dell'istruttoria il pretore respinse le domande degli attori, accolse la domanda riconvenzionale, dichiarando l'inesistenza di qualsiasi diritto sulla corte da parte degli attori che condannò alla rifusione delle spese del giudizio, compresa la fase possessoria.
Sull'appello proposto da D G N e da D G A il tribunale di Spoleto, con sentenza del 15 dicembre 1999, in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarò sussistere il diritto di passaggio pubblico, che con mezzi meccanici sullo spiazzo oggetto di causa, compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Il giudice d'appello da un lato ritenne infondato il motivo di gravame, inteso ad affermare il carattere demaniale dello spiazzo perché la presunzione iuris tantum di demanialità, scaturente dal disposto dell'art. 22, comma terzo, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F sulle opere pubbliche, era vinta dalla dimostrazione
della proprietà del sito da parte del F, dall'altro ritenne che sull'area in questione dovesse riconoscersi una servitù pubblica di passaggio anche con autovetture in relazione alla conformazione dello stesso, costituente un allargamento di una strettissima via cittadina, non cieca, per conformazione e posizione di uso comune alla collettività tutta, al pari delle altre strade cittadine.
Per la cassazione della menzionata sentenza ricorre F Giampaolo sulla base di cinque motivi;
resistono con controricorso D G N e A, i quali propongono altresì ricorso incidentale condizionato supportato da due motivi, cui resiste il F, con controricorso. I Di Giacomo hanno anche depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Pregiudizialmente vanno riuniti i ricorsi perché proposti contro la stessa sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale il F denuncia illogicità della motivazione circa un punto della controversia prospettato dalle parti.
La illogicità, ad avviso del ricorrente, risiederebbe nel fatto che i giudici di appello, partendo da una giusta premessa circa le condizioni perché possa instaurarsi una servitù di uso pubblico, in sintonia con una nota giurisprudenza di legittimità, hanno poi finito per riformare la decisione pretorile che aveva escluso detta servitù proprio sull'accertata inesistenza di quei requisiti ritenuti necessari dal tribunale.
Rileva sul punto il ricorrente che, secondo la ricordata giurisprudenza, per acquisirsi la servitù pubblica di passaggio occorre, oltre alla intrinseca idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico generale interesse, con conseguente esclusione della servitù quando il passaggio sia esercitato soltanto dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione. Nella specie, tuttavia, il tribunale di Spoleto - ritenendo che lo spiazzo oggetto di causa costituiva niente altro che un allargamento di una strettissima via cittadina, non cieca, per conformazione e posizione di uso comune alla collettività tutta al pari delle altre strade cittadine, ha affermato la esistenza della servitù soltanto alla stregua della sua posizione e conformazione che la rendono potenzialmente idonea all'uso comune da parte dei cittadini, e non sulla base del godimento effettivo da parte di questi, che era rimasto escluso dalle prove testimoniali assunte dal pretore.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, avendo il giudice di secondo grado trascurato del tutto di esaminare un elemento essenziale, ai fini della declaratoria di usucapione del diritto di servitù pubblica di passaggio, quale l'uso ininterrotto per almeno venti anni, circostanza che - secondo il ricorrente - era smentita dall'espletata istruttoria. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 115 c.p.c., per avere il tribunale affermato l'esistenza della servitù
senza il riscontro di alcun elemento di prova, non solo sull'elemento del decorso del tempo - fatto oggetto del secondo motivo - ma anche sugli altri elementi addotti dal tribunale, quali l'idoneità all'uso comune, la struttura dello spiazzo (definito non così angusto da poter essere usato quale allargamento della strada, sia per l'incrocio delle vetture, che dai passanti per scansarsi all'arrivo delle stesse), elementi elevati a rango di fatti notori, pur essendo, invece, opinabili e particolari e comunque privi di quel carattere generale e obiettivo dei fatti notori che, proprio in quanto tali, non hanno bisogno di essere provati.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 1158 c.c. perché i giudici di appello non hanno tenuto conto delle
condizioni previste dalla norma per il riconoscimento dell'acquisizione della servitù di passaggio, dichiarandola, nonostante fosse emerso che solo un numero ben determinato e identificabile di persone avesse usato dello spiazzo, peraltro occasionalmente e per mera tolleranza del legittimo proprietario, e non per il tempo necessario all'usucapione.
Infine, con il quinto motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'art. 112. c.p.c., assumendo che la sentenza impugnata è affetta da ultrapetizione perché il tribunale, a fronte della domanda degli appellanti di sentirsi riconoscere il loro diritto di godere e servirsi dell'area per le manovre di entrate e di uscita dalle rispettive autorimesse, è andato oltre le richieste pronunciando l'assoggettamento dell'area stessa ai fini del transito della collettività, domanda che avrebbe potuto formulare soltanto il comune di Trevi, che era stato evocato in giudizio, proprio al fine dell'eventuale assoggettamento all'uso pubblico dell'area. Il ricorso principale - i cui primi quattro motivi vanno esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione - è fondato. Va innanzitutto premesso che, oltre al Comune quale ente rappresentativo della collettività dei cittadini, la legittimazione ad agire per l'affermazione o la tutela di un diritto di servitù di uso pubblico, spetta anche a ciascun cittadino, sicché non è fondata l'eccezione di decisione ultrapetita perché la domanda di riconoscimento di detta servitù era stata formulata con l'atto introduttivo del giudizio di merito.
Ciò detto, va tuttavia osservato che il tribunale, nell'accogliere la domanda, non ha fatto corretta applicazione di quei principi giurisprudenziali da esso stesso richiamati in tema di presupposti per la costituzione di una servitù di uso pubblico. Secondo l'orientamento di questa corte (cfr. Cass. 29 aprile 1995, n. 4755;
Cass. 23 maggio 1995, n. 5637;
Cass. 20 giugno 1995, n. 6952) perché un'area privata possa ritenersi assoggettata per usucapione ad una servitù pubblica di passaggio è necessaria la concomitante ricorrenza di una pluralità di condizioni, e precisamente: a) l'uso generalizzato del passaggio, da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati "uti cives", cioè quali portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente che soggetti - ancorché estranei ai proprietari - ne facciano una mera utilizzazione "uti singuli", cioè finalizzata ad un proprio esclusivo interesse, come nel caso di passaggio per più agevole accesso alla propria unità abitativa, o a negozi o locali privati adiacenti;
b) l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù;
c) il protrarsi di detto uso per il tempo necessario all'usucapione. Orbene, il tribunale dopo aver premesso questi medesimi principi, e rammentato che il pretore aveva rigettato la domanda per aver ritenuto che solo i proprietari di taluni fondi vicini avessero esercitato il passaggio, ha affermato di non condividere il giudizio pretorile non sulla base di una diversa valutazione in fatto delle risultanze istruttorie concernenti la ricorrenza dei rammentati presupposti, bensì sulla base di incongrue considerazioni, limitate alla mera idoneità oggettiva del bene a soddisfare l'interesse pubblico all'esercizio della servitù, senza alcuna indagine sulla ricorrenza dell'uso da parte di un indeterminata collettività di cittadini. Dalla motivazione della sentenza impugnata risulta evidente che il giudice d'appello ha ritenuto che la conformazione stessa dello spiazzo, costituente un naturale allargamento di una strettissima via cittadina, lo rendesse inevitabilmente soggetto al comune uso della collettività tutta "al pari delle altre strade cittadine", in tal modo sostituendo al positivo accertamento di un elemento essenziale per la costituzione della servitù, una mera presunzione che di fatto finisce per valorizzare allo specifico fine esclusivamente l'elemento oggettivo della idoneità del bene, prescindendo dell'esercizio in via di fatto della servitù e dalla sua protrazione per il tempo necessario all'usucapione. Appare pertanto evidente il vizio della motivazione, sia per la insufficienza delle argomentazioni svolte, sia per la sua contraddittorietà con i parametri normativi dichiaratamente applicati. La sentenza deve pertanto essere cassata con rinvio alla corte d'appello di Perugia.
Quanto al ricorso incidentale, i resistenti denunciano, con il primo motivo, violazione degli artt. 1168 cc., 669 octies e novies, 703 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto infondato l'appello, nella
parte in cui avevano eccepito che l'ordinanza emessa da quel giudice non aveva natura decisoria sulla domanda possessoria e che il giudizio avrebbe dovuto proseguire per la fase di merito possessorio, come statuito in via di principio dalla sentenza di questa stessa sezione n. 1161/1999;
con il secondo motivo, violazione di norme giuridiche ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, assumendo che, in caso di accoglimento del ricorso principale, deve essere annullata la sentenza anche con riferimento al mancato accoglimento dei motivi con i quali essi appellanti avevano chiesto la declaratoria di usucapione della servitù di transito sullo spiazzo in oggetto o, in via subordinata, la costituzione di una servitù coattiva di transito. Il ricorso incidentale, quanto al primo motivo, è manifestamente infondato, perché - come ha osservato il tribunale - gli eventuali vizi del provvedimento possessorio - divenuto definitivo per mancata impugnazione - non possono riverberarsi sul presente giudizio petitorio, successivamente introdotto e del tutto autonomo rispetto al primo.
Quanto al secondo motivo, il ricorso - pur se qualificato come condizionato- è inammissibile perché proposto dalla parte risultata completamente vittoriosa in appello, ed inteso a sollevare questioni che il giudice dell'impugnazione non ha deciso in senso a lei sfavorevole, ma ha soltanto considerato assorbite dall'accoglimento degli altri motivi. È infatti evidente che l'accoglimento del ricorso principale, con l'annullamento della sentenza, consente comunque alla parte di riproporre nel giudizio di rinvio quelle medesime questioni non esaminate.
Sulle spese del presente giudizio provvedere il giudice del rinvio.

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