Cass. pen., sez. II, sentenza 15/12/2023, n. 10191

CASS
Sentenza
15 dicembre 2023
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15 dicembre 2023

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In tema di usura, la testimonianza della persona offesa in ordine alla natura esorbitante degli interessi praticati sui prestiti può costituire, di per sè, la prova dell'integrazione dell'elemento oggettivo del reato, senza che sia necessaria, nella motivazione della sentenza, l'indicazione degli elementi di dettaglio del prestito usurario. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione di condanna basata sulle dichiarazioni della persona offesa, che aveva sostenuto di aver corrisposto, a fronte dei prestiti ricevuti, interessi in misura del 10% mensile, senza che risultasse precisato qual era, al momento, il tasso soglia dell'usura e quali erano i tempi concordati per la restituzione del prestito).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 15/12/2023, n. 10191
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10191
Data del deposito : 15 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

1 019 1-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE Composta da: Sent. n. sez. 3128/2023 - Presidente - LUCIANO IMPERIALI UP 15/12/2023 ANNA MARIA DE SANTIS R.G.N. 33983/2023 PIERLUIGI CIANFROCCA GIUSEPPE SGADARI GIUSEPPE MARRA - Relatore - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MM PI nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE MARRA;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale LIDIA GIORGIO;
si dà atto che ricorso è stato trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell'art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 16 febbraio 2023 la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, condannava PI MM alla pena di anni 3 di reclusione e 9.000 euro di multa per i capi b) e q) dell'imputazione relativi a distinti episodi di usura, oltre al pagamento degli ulteriori esborsi sostenuti dalla parte civile NE DO nel giudizio di appello, con revoca della pena accessoria dell'interdizione dai PP.UU. e delle disposizioni relativa alla parte civile Davide LL, con conferma per il resto dell'impugnata sentenza.

2. Avverso la predetta sentenza PI MM, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione chiedendo l'annullamento della stessa. A tal fine formula sei distinti motivi.

2.1 Con il primo motivo eccepisce la violazione di legge di legge in relazione all'art. 644 c.p., nonché vizio della motivazione in relazione alla condanna per il capo b) dell'imputazione. In particolare, evidenzia che la persona offesa, tale AN RD, sentito in dibattimento non sarebbe stato in grado di delineare né l'importo preciso delle somme di denaro ricevute dall'imputato, né concretamente e temporalmente le singole dazioni monetarie, e soprattutto tasso di interesse presuntivamente praticato. In difetto di tali indicazioni non sarebbe stato, perciò, possibile configurare la consumazione del delitto di usura, essendo a tal fine necessaria la verifica giudiziaria del superamento del tasso soglia, come individuato trimestralmente dal Ministero dell'Economia.

2.2 Con il secondo motivo lamenta, sempre in relazione al capo b) dell'imputazione, il vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione all'art. 192 c.p.p. e travisamento della prova e alle risultanze delle intercettazioni. Secondo il ricorrente dalla lettura delle conversazioni intercettate tra il MM e la persona offesa RD non si ricaverebbe alcuna prova, anche solo indiziaria, di prestiti usurari intercorsi tra i predetti, come peraltro affermato dal teste EL, sottufficiale della polizia giudiziaria, sentito in dibattimento in ordine all'attività investigativa svolta.

2.3 Con il terzo motivo si duole del vizio di motivazione sempre in relazione all'art. 192 c.p.p. con riguardo alle dichiarazioni accusatorie rese da Davide LL, da ritenersi inattendibili e prive di riscontri esterni. Si evidenzia che il LL, ritenuto inattendibile dalla stessa Corte anconetana con riguardo al capo L) di imputazione, assumeva inizialmente la veste di collaborante, imputato di taluni reati e persona offesa costituita parte civile di altri connessi ai primi, ragion per cui sarebbe stato necessario individuare riscontri c.d. esterni rispetto alle sue dichiarazioni, operazione che la Corte di appello non ha svolto così violando la regola probatoria dell'art. 192 c.p.p. e cadendo in palese contradizione nella motivazione della condanna.

2.4 Con il quarto motivo lamenta la violazione di legge di legge in relazione all'art. 644 c.p., nonché vizio della motivazione in relazione alla condanna per il capo q) dell'imputazione. In termini analoghi a quanto indicato nel primo motivo di ricorso, 2 si evidenzia che dalle prove utilizzate, nella specie le dichiarazioni della persona offesa ER IL acquisite ex art. 512 c.p.p., non è possibile dettagliare le dazioni di denaro eventualmente erogate a quest'ultimo, il tasso di interesse praticato e neppure il contesto temporale di restituzione, carenze che renderebbero, perciò, inconfigurabile il delitto di usura.

2.5 Con il quinto motivo, invece, il ricorrente lamenta, per la condanna per il capo q), la violazione delle norme processuali relativamente agli artt. 512 e 526 c.p.p. e 111 Cost., nonché il vizio motivazionale anche in relazione all'art. 192 c.p.p.. In particolare, si evidenzia che la sentenza troverebbe il suo fondamento solo nelle dichiarazioni della persona offesa ER IL raccolte prima del dibattimento e successivamente acquisite ex art. 512 c.p.p., senza, però, la ricorrenza di necessari riscontri, anche considerando le intercettazioni telefoniche tra il MM e ER IL, che non avrebbero, peraltro, fornito alcun elemento neppure indiziario.

2.6 Con il sesto motivo eccepisce, sempre con riguardo al capo q), la violazione della legge penale in relazione alla circostanza aggravante di cui all'art. 644, comma 5 n.4, c.p., ed all'attenuante di cui all'art. 62 n.4 c.p., nonché vizio motivazione in punto circostanze di reato e trattamento sanzionatorio. In particolare, si evidenzia che dagli atti non emergerebbe alcuna prova del fatto che la dazione di somme di denaro ad ER IL fosse riconducibile all'esercizio di un'attività di impresa da parte di quest'ultimo, ed in ogni caso l'importo di denaro de quo sarebbe piuttosto contenuto, circa 5/6 mila euro. Si contesta inoltre l'assenza di una motivazione adeguata in ordine alla pena irrogata, tenuto conto che il giudice è tenuto a motivare anche sull'entità dell'aumento di pena disposto ex art. 81 cpv. c.p.. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato e perciò va rigettato.

2. Con il primo ed il quarto motivo di ricorso, si contesta la violazione di legge in relazione all'art. 644 c.p.p. ed il vizio di motivazione circa la valutazione delle prove operata dalla Corte abruzzese che invece, ad avviso del ricorrente, non sarebbero idonee a dimostrare la sussistenza del delitto di usura;
in particolare, sia con riguardo al capo b) sia con riferimento al capo q) dell'imputazione, non sarebbe stata raggiunta la prova certa su una serie di dati fattuali, quali: la precisa entità delle somme prestate alle vittime, il tasso degli interessi usurari praticati tenuto 3 conto del cd. tasso soglia individuato trimestralmente dal Ministero dell'Economia, la durata del prestito usurario, tutti elementi senza i quali non si sarebbe potuto affermare, al di là

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