Cass. pen., sez. III, sentenza 27/09/2022, n. 36547

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 27/09/2022, n. 36547
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36547
Data del deposito : 27 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B G, nato a Mesagne il /15/5/1973 avverso la sentenza del 3/k2019 della Corte d'appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso, trattato ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020;
udita la relazione svolta dal Consigliere G L;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale V M, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 giugno 2019 la Corte d'appello di Lecce ha confermato la sentenza del 7 aprile 2016 del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brindisi, con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, G B era stato condannato alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione e 6.000,00 euro di multa perché ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 9, comma 7, I. n. 376 del 2000 (capo 1) e 110, 476 e 482 cod. pen. (capo 2), a lui ascritti per avere commercializzato, mediante consegna a numerosi soggetti praticanti l'attività sportiva del culturismo che frequentavano la palestra di cui era titolare - due dei quali partecipanti a gare pubbliche di body building -, specialità medicinali ad azione anabolizzante, attraverso canali non ufficiali e ottenute mediante la predisposizione di ricette mediche falsificate (in Brindisi e provincia fino al gennaio 2013).

2. Avverso tale sentenza, l'imputato, per il tramite del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo ha denunciato la violazione dell'art. 546, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. e un vizio della motivazione, in conseguenza del rigetto da parte della Corte d'appello del motivo di gravame incentrato sulla sostanziale carenza di autonoma valutazione degli elementi di prova, per essersi il primo giudice limitato a una parafrasi dell'ordinanza cautelare, ciò che integrerebbe, ad avviso del ricorrente, il vizio di difetto di motivazione, non essendovi stata l'esternazione del procedimento logico attraverso il quale entrambi i giudici di merito erano pervenuti alla affermazione di responsabilità del ricorrente.

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione e l'errata applicazione dell'art. 9, comma 7, I. n. 376 del 2000 e un vizio della motivazione, nella parte relativa alla affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui al capo 1). Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale avrebbe erroneamente ravvisato l'ipotesi di commercializzazione di prodotti anabolizzanti sulla base delle risultanze delle intercettazioni telefoniche, che, da sole, non potrebbero costituire prova di penale responsabilità, tra l'altro senza considerare che: non era emerso alcun rapporto del ricorrente con il coimputato Marangi, tanto che non vi erano conversazioni intercettate tra i due;
dalle conversazioni intercettate si ricavava che i rapporti con il Pulii erano esclusivamente finalizzati all'acquisto di materiale lecito, quali proteine, aminoacidi, barrette proteiche e simili, facilmente reperibili in qualsiasi palestra o negozio specializzato;
il Botrugno si era limitato a fornire al B solamente integratori alimentari. La Corte territoriale, inoltre, non avrebbe correttamente valutato le dichiarazioni dell'imputato, il quale aveva ammesso di aver detenuto e utilizzato et L: prodotti anabolizzanti ma solo per uso personale e anche di aver preparato alcuni atleti per competizioni sportive di body building, predisponendo anche dei piani alimentari, senza però che da ciò potesse trarsi la prova della cessione di anabolizzanti. In ogni caso, sarebbe al più configurabile la meno grave ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 9 I. n. 376 del 2000, non essendo ravvisabile l'esercizio abituale dell'attività illecita di commercio di farmaci anabolizzanti, richiesta per la configurabilità dell'ipotesi delittuosa di cui al comma 7 dell'art. 9 I. n. 376 del 2000, ma solo la condotta di aver procurato a sé o ad altri farmaci anabolizzanti (di cui al suddetto comma 1), posto che il solo sequestro in danno del ricorrente di materiale dopante non era dimostrativa di una attività continuativa di commercio.

2.3. Con il terzo motivo ha denunciato la violazione e l'errata applicazione degli artt. 476 e 482 cod. pen. e un ulteriore vizio della motivazione, nella parte relativa alla affermazione della configurabilità del reato di cui al capo 2) della rubrica. Ha lamentato che la Corte territoriale avrebbe desunto la prova della penale responsabilità del reato di cui ai capo 2) unicamente dal contenuto delle dichiarazioni del coimputato Marseglia, le quali sarebbero sprovviste di elementi di riscontro, in quanto il solo sequestro di alcune ricette mediche per il reperimento di farmaci particolari non chiarirebbe la posizione processuale del ricorrente, come pure le conversazioni intercettate.

2.4. Infine, con il quarto motivo, ha denunciato la violazione e l'errata applicazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen. e un vizio della motivazione, nella parte relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della misura della pena. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale avrebbe negato l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche sulla base di un presupposto errato, ossia che il B non abbia ammesso le proprie responsabilità, in quanto l'imputato ha confessato di essere assuntore di sostanze dopanti, negando solamente di averne fatto commercio e di aver compilato ricette false.

3. Il Procuratore Generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso, sottolineando la manifesta infondatezza del primo motivo di ricorso, in quanto consistente nella riproposizione delle doglianze di appello, già confutate dalla Corte territoriale con argomenti conformi a diritto e logicamente espressi, e anche del secondo motivo, evidenziando che a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell'articolo 586 bis, comma 7, cod. pen., limitatamente alle parole "al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti", non si pone più la questione della necessità di individuazione del dolo specifico nel reato in esame e che la Corte di appello ha congruamente motivato sulla sussistenza dell'attività di commercializzazione svolta dall'imputato, desunta dalle numerose intercettazioni telefoniche. Quanto al rilievo difensivo secondo cui quando la somministrazione del prodotto avviene nell'ambito dell'attività di commercio, il fatto sarebbe interamente assorbito nel reato di cui all'art. 9, comma 7, I. n. 376/2000, relativo al commercio di anabolizzanti, ha evidenziato che il delitto previsto dall'art. 9, comma 7, legge n. 376, cit., comprende tutte quelle attività di predisposizione e tenuta di canali di commercio in qualche modo sovrapponibili e alternativi a quelli costituiti dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico, o da altre strutture che detengono farmaci direttamente, unici punti vendita all'interno dei quali il commercio non deve ritenersi clandestino, occorrendo però che l'attività di intermediazione clandestina venga svolta in forma continuativa e con il supporto di una pur elementare organizzazione. Riguardo al terzo motivo ne ha evidenziato il contenuto non consentito, consistendo in una lettura alternativa del compendio probatorio, priva di confronto con la motivazione della Corte di appello, che ha desunto il giudizio di responsabilità per il reato di cui al capo 2) dalle dichiarazioni auto ed etero- accusatorie di M N riscontrate da plurimi elementi di prova. Del quarto motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, ha evidenziato la manifesta infondatezza, per avere i giudici di merito adeguatamente e logicamente argomentato i motivi di tale diniego, evidenziando il contegno non collaborativo dell'imputato nonché la pervicacia e ostinazione nel porre in essere una condotta che, per la sua diffusività, ha rappresentato un concreto pericolo per la salute dei diversi fruitori dei farmaci.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi