Cass. pen., sez. III, sentenza 22/11/2022, n. 44265
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da TR AL, nato a [...] il [...] PR IL, nato a [...] 1'8/2/1946 DA NN, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 21/10/2020 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi;
udite le conclusioni del difensore delle parti civili TO de PI, Avv. Stanislao Taglialatela, anche in sostituzione degli Avv. Gianluca Condrò (per SA) e Marco Buzzo (per il Comune di Napoli), che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
udite le conclusioni del difensore di PR, Avv. ZO Maiello, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 21/10/2020, la Corte di appello di Napoli, in riforma della pronuncia emessa dal locale Tribunale il 27/11/2017, dichiarava non diversi procedere nei confronti di MA RC, ZI AS, ZO OG, IL PR, NN DA, ZO TA, AL TR, LI RI, SA OM e NN RE con riguardo ai delitti in contestazione (associazione per delinquere, truffa aggravata, falso, soppressione ed occultamento di cadavere), perché estinti per prescrizione;
erano confermate, invece, le statuizioni civili.
2. Propongono ricorso per cassazione alcuni dei condannati, a mezzo del proprio difensore, deducendo i seguenti motivi: TR: Manifesta illogicità della motivazione. La Corte di appello avrebbe risposto con argomento viziato alla censura relativa alla condanna del ricorrente al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile Comune di Napoli;
in particolare, pur evidenziando che lo stesso danno poteva esser riferito alle sole imputazioni per le quali vi era stata costituzione di parte civile, la sentenza avrebbe poi rigettato la censura con cui il TR lamentava che le fattispecie sub I), J) e K) - occultamento e soppressione di cadavere - erano estranee alla citata costituzione. Con conseguente motivazione illogica e contraddittoria;
Mancanza di motivazione quanto al profilo materiale e psicologico dei delitti di occultamento e soppressione di cadavere, dichiarati prescritti in appello. La motivazione della sentenza sarebbe viziata anche per non aver accertato che le condotte contestate al TR avessero avuto ad oggetto proprio un cadavere, ossia un corpo umano inanimato. In particolare, la Corte non avrebbe considerato - nonostante il motivo di appello - che, quanto a due cadaveri, le condotte sarebbero state consumate, rispettivamente, a 46 anni e a 107 anni dal decesso, così da potersi legittimamente dubitare che i resti dei relativi soggetti potessero ancora esser qualificati come cadaveri;
specie, peraltro, alla luce dell'art. 82 del regolamento di polizia mortuaria, che stabilizzerebbe in 10 anni dall'inumazione l'ordinaria mineralizzazione del corpo. La motivazione sul punto risulterebbe del tutto carente, e non valuterebbe gli argomenti difensivi. Negli stessi termini, poi, il Collegio non avrebbe considerato il dolo del reato, da escludere alla luce del fatto che il ricorrente si sarebbe premurato di trovare altre degne sepolture alle salme da trasferire (come da scrittura privata stipulata con ZO TA, allegata), non avendo, dunque, accettato alcun rischio di occultamento o soppressione di cadavere. Anche al riguardo, la sentenza sarebbe dunque priva di motivazione. DA: Erronea interpretazione della legge penale con riguardo all'art. 521 cod. proc. pen. In ordine ai capi E) ed EE), il ricorrente sarebbe stato condannato per una condotta diversa da quella contestata;
se l'imputazione, infatti, concerneva l'attività di intermediazione che questi avrebbe svolto tra le parti di un contratto illecito, la Corte di appello - dichiarando nulli ed inefficaci gli stessi negozi - avrebbe invece ricostruito la vicenda in termini del tutto differenti, valorizzando un atto - la procura speciale che avrebbe consentito il compimento di atti di polizia mortuaria - non solo in sé lecito, ma anche estraneo ad cigni intervento del ricorrente. Questi, dunque, si sarebbe difeso da una contestazione poi stravolta con la sentenza di appello, che avrebbe riconosciuto a suo carico un fatto diverso (per artifici e raggiri;
per errore a danno del Comune;
per danno da questo subito;
per momento consumativo del reato), con palese violazione del diritto di difesa e dell'art. 521 cod. proc. pen.;
Mancanza ed illogicità della motivazione in relazione alle censure avanzate in appello. La Corte di merito avrebbe confermato la responsabilità del DA, salvo dichiarare prescritti tutti i reati, con motivazione apodittica ed apparente, che non terrebbe conto delle numerose censure contenute nel gravame in ordine ai presupposti del reato, tanto oggettivi quanto psicologici, ampiamente richiamati nel ricorso e del tutto assenti nella motivazione. Ciò si riscontrerebbe, ad esempio, quanto all'assenza di prove in punto di responsabilità, soprattutto sul reato associativo, o sul tema dell'affidamento incolpevole, pur ampiamente trattato nel gravame;
Erronea applicazione di norme giuridiche extrapenali e contraddittorietà della motivazione. La Corte di appello non avrebbe considerato la piena liceità delle procure speciali rilasciate per compiere atti di polizia mortuaria nelle cappelle, né che le stesse - esclusa la rilevanza dei contratti di compravendita (in forza di quanto già richiamato) - non avrebbero mai precluso il possesso del bene all'effettivo titolare della concessione, invero trasferita solo con atto nullo;
con l'effetto che questi avrebbe dovuto continuare a versare al Comune la relativa indennità, con conseguente mancanza di un qualunque danno per lo stesso TE. Soltanto il notaio PR, peraltro, avrebbe dovuto rispondere dei danni per le condotte contestate sub E) e G);
e con la precisazione, quanto alla seconda, che la procura sarebbe stata rilasciata non al DA, ma a tale NN RA. PR: Inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 640 cod. pen. La Corte di appello avrebbe riconosciuto la fattispecie di truffa con argomento viziato, senza cioè considerare che - per costante giurisprudenza di legittimità - il reato richiederebbe la cooperazione artificiosa della vittima;
occorrerebbe, dunque, l'identità tra il soggetto (indotto in errore) che compie l'atto di disposizione patrimoniale ed il soggetto passivo del danno, peraltro superabile soltanto nel caso in cui il primo abbia comunque la libera disponibilità del patrimonio dell'altro. Nessuna di queste ipotesi ricorrerebbe nel caso di specie. Quand'anche, dunque, si volesse sostenere che il Comune di Napoli avesse subito un danno dalla mancata riacquisizione delle aree cimiteriali e dei manufatti ivi edificati, non sarebbe comunque possibile configurare il delitto di truffa, difettando l'elemento strutturale dell'atto di disposizione patrimoniale da parte del soggetto indotto in errore dall'agente;
l'TE, infatti, non solo non avrebbe partecipato al negozio, rimanendone estraneo, ma non avrebbe neppure offerto un contributo al depauperamento asseritarnente subito dallo stesso. In ogni caso, qualora si volesse concludere diversamente, si sollecita la rimessione della questione alle Sezioni Unite di questa Corte, emergendo un contrasto tra le sezioni Quinta e Sesta. Con motivo nuovo proposto il 22/2/2022, si lamenta ancora il vizio di motivazione quanto alla truffa ai danni del Comune di Napoli, che non sarebbe ravvisabile per il fatto che l'amministrazione sarebbe rimasta estranea all'attività negoziale tra le parti, senza offrire alcun contributo. Ne consegue che, quand'anche si volesse riscontrare un danno per l'ente, consistito nella mancata riacquisizione delle aree e dei manufatti funerari, gli episodi non