Cass. civ., sez. I, sentenza 26/03/2015, n. 6129

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L'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003, nonché dell'art. 315-bis cod. civ. (introdotto dalla legge n. 219 del 2012) e degli artt. 336-bis e 337-octies cod. civ. (inseriti dal d.lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l'art. 155-sexies cod. civ.). Ne consegue che l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 26/03/2015, n. 6129
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6129
Data del deposito : 26 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F F - Presidente -
Dott. D M - Consigliere -
Dott. D C C - Consigliere -
Dott. A M - rel. Consigliere -
Dott. N L - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 9396-2014 proposto da:
D.B.M.S. , elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA E.

GIANTURCO

5, presso l'avvocato P P L (STUDIO TAVASSI), rappresentato e difeso dall'avvocato S M, giusta procura in calce al ricorso;



- ricorrente -


contro
H.G.L. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI


RIPETTA

142, presso l'avvocato C C, rappresentata e difesa dall'avvocato A P, giusta procura in calce al controricorso;



- controricorrente -


avverso il decreto della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositato il 30/01/2014, n. 682/13 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2015 dal Consigliere Dott. M A;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato S M GIANCARLO che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C F che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il provvedimento impugnato la Corte d'Appello di Lecce, ha accolto il reclamo proposto da H.G.L. avverso il
provvedimento del Tribunale per i minorenni che aveva disposto l'affidamento esclusivo del minore d.B.G.P. al
padre.
La Corte d'Appello ha disposto l'affidamento condiviso del minore ad entrambi i genitori;
il collocamento presso la madre, demandando al consultorio familiare di XXXXX di determinare le modalità di esercizio del diritto di visita da parte del padre;
l'obbligo a carico del padre di versare Euro 400 mensili come contributo al mantenimento del minore.
A sostegno del provvedimento assunto la Corte territoriale ha affermato:
le relazioni dei servizi sociali acquisite (l'ultima del 18/1/2013) evidenziano che il minore vive con la madre anche se spesso rimane con il padre;

la forte conflittualità tra i genitori non osta alla scelta dell'affido condiviso che costituisce il regime ordinario per l'affidamento dei figli minori;

nelle predette relazioni non viene evidenziata alcuna inadeguatezza nell'esercizio del ruolo materno da parte della reclamante;

anche durante gli incontri protetti la relazione è risultata normale;

l'assegno di mantenimento di 400 Euro mensili, pari a quello versato per il mantenimento di altra figlia nata da precedente matrimonio, è determinato sulla base della situazione economica di entrambi i genitori.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione D. .B.M.S. affidandosi a quattro motivi. Ha
resistito con controricorso H.G.L. .
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Nel primo motivo di ricorso viene dedotto ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5 l'omessa valutazione di prove documentali, per non avere la Corte d'Appello rilevato dalle relazioni dei servizi sociali del 14/3/2012 e del 18/1/2013 che il minore dopo un breve periodo di coabitazione con la madre ha vissuto e vive stabilmente con il padre come accertato dal giudice di primo grado. In particolare nella relazione del 18/1/2013 non vi è alcun cenno alla circostanza che il minore vivesse con la madre. Tutte le relazioni del consultorio di XXXXX hanno evidenziato che il minore ha contato esclusivamente sulla cura paterna anche sotto il profilo delle necessità materiali. Ciò emerge anche dal verbale di ascolto dell'assistente sociale del 25/7/2012. Inspiegabilmente non esaminato dai giudici di appello. Inoltre i giudici d'appello hanno omesso di valutare l'ascolto del minore, senza darne giustificazioni, disposto davanti al Tribunale per i minorenni, nonostante avesse un rilievo determinante al fine di condurre con un giudizio di certezza e non di probabilità ad una diversa soluzione della controversia.
Nel secondo motivo di ricorso viene dedotto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione dell'art. 155 cod. civ. per avere la Corte
d'Appello posto a carico del ricorrente un importo di Euro 400 mensili a titolo di contributo al mantenimento del minore, senza aver valutato la congruità dell'importo rispetto alle capacità economiche delle parti.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell'art. 155, 155 bis e 155 sexies cod. civ. per aver la Corte d'appello scelto la soluzione dell'affidamento condiviso senza valutarne adeguatamente la lesività rispetto allo sviluppo psico fisico del minore. Dalle relazioni del consultorio familiare era emersa la superficialità e la trascuratezza della G. nella cura dei figli spesso lasciati soli e sottolineata la necessità di un monitoraggio del consultorio per l'eccessiva permissività della madre. Anche la conflittualità molto elevata ha impedito la soluzione dell'affidamento condiviso dal momento che i genitori non riescono neanche a comunicare, avendo divergenze culturali ed educative molto significative. Nel quarto motivo viene dedotta la omessa applicazione delle norme convenzionali relative all'ascolto del minore. La Corte d'Appello avrebbe dovuto nuovamente disporre l'ascolto del minore avendo disatteso le indicazioni e la volontà del medesimo espresse nell'audizione disposta in primo grado.
Deve essere esaminato pregiudizialmente il terzo motivo in quanto relativo all'alternativa affidamento esclusivo/affidamento condiviso. Il motivo è in parte inammissibile in parte infondato. L'inammissibilità deriva dalla richiesta di una nuova valutazione di merito relativa all'idoneità genitoriale della controricorrente sulla base di una lettura alternativa delle circostanze di fatto. L'infondatezza è dettata dal corretto rilievo, già contenuto nella sentenza impugnata, secondo il quale, la conflittualità accesa tra i genitori non costituisce un criterio di esclusione dell'affido condiviso, quando, come afferma insindacabilmente la Corte d'Appello, non vi siano ragioni ostative alla condivisione della titolarità della responsabilità genitoriale, mentre gli altri rilievi indicati dal ricorrente non sono stati ritenuti idonei, con valutazione di merito incensurabile, ad escludere ai sensi dell'art. 155 bis cod. civ., ratione temporis applicabile, a derogare all'ordinario regime
dell'affidamento condiviso previsto dall'art. 155 cod. civ. ratione temporis applicabile.
Devono, in sequenza logica essere affrontati il primo e il quarto motivo.
Il ricorrente svolge al riguardo un duplice profilo di censure: da un lato afferma che sia stata ignorata la scelta del minore in ordine al genitore presso il quale essere collocato (e presso il quale, peraltro, ordinariamente vive), dall'altro ritiene illegittima la mancata reiterazione dell'ascolto in appello, una volta ritenuto di non aderire a quanto affermato dal minore in primo grado. Preliminarmente deve essere evidenziato che il procedimento in questione è stato instaurato in primo grado anteriormente al 1/1/2013 data di entrata in vigore della L. n. 219 del 2012, abrogativa dell'art. 155 sexies cod. civ. Dalla predetta nuova disciplina normativa l'ascolto del minore è previsto dall'art. 315 bis, comma 3 e dopo l'entrata in vigore (7 febbraio 2014) del D.Lgs.Lgt. n. 154 del 2013 anche dall'art. 336 bis e 337 octies cod. civ.. Peraltro l'obbligatorietà dell'audizione del minore anche nel regime giuridico previgente era stata sancita dal fermo orientamento di questa Corte (tra le più recenti Cass. 11687 del 2013). In particolare è stato affermato (Cass. 19202 del 2014)che l'audizione è "una caratteristica strutturale del procedimento, diretta ad accertare le circostanze rilevanti al fine di determinare quale sia l'interesse del minore ed a raccoglierne opinioni e bisogni in merito alla vicenda in cui è coinvolto". L'iniziale qualificazione giuridica dell'ascolto come un elemento necessario dell'istruzione probatoria nei procedimenti riguardanti i minori è stata ritenuta del tutto riduttiva al fine di comprendere la natura e la funzione dell'adempimento. L'ascolto costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del diritto fondamentale del minore ad essere informato ed esprimere la propria opinione e le proprie opzioni nei procedimenti che lo riguardano, costituendo tale peculiare forma di partecipazione del minore alle decisioni che lo investono uno degli strumenti di maggiore incisività al fine del conseguimento dell'interesse del medesimo. Nella vigenza dell'art. 155 sexies cod. civ., l'audizione deve essere disposta ove il minore
abbia compiuto dodici anni o anche se di età inferiore ove sia stato ritenuto capace di discernimento. (Cass. S.U. 22238 del 2009;
5547 del 2013, 11687 del 2013
) . Tale prioritario rilievo non determina l'obbligo del giudice di conformarsi alle indicazioni del minore in ordine al modo di condurre la propria esistenza, potendo la valutazione complessiva del suo superiore interesse condurre a discostarsi da esse. È tuttavia, ineludibile, una puntuale giustificazione della decisione assunta in contrasto con le dichiarazioni del minore sia sotto il profilo della capacità effettiva di discernimento anche in correlazione con l'intensità del conflitto genitoriale e la sua influenza o condizionamento della volontà espressa nell'audizione, sia sotto il profilo del richiamato preminente interesse. (Cass. 13241 del 2011). Nella specie, sia dall'esame del ricorso che del controricorso emerge univocamente che nel giudizio di primo grado il minore è stato ascoltato. In particolare nel contrastare il quarto motivo di ricorso la parte contro ricorrente afferma che la Corte d'appello non è tenuta a reiterare l'audizione e non è vincolata dal parere espresso dal minore, mentre nell'esame del primo motivo si richiama l'esecuzione dell'audizione in primo grado.
Risulta, pertanto che il minore abbia espresso un sua opzione in ordine al collocamento presso uno dei due genitori. La Corte d'Appello non era, di conseguenza ne' tenuta a reiterare l'audizione, ove ne avesse escluso la necessità, ne' a condividere il parere espresso dal minore, dovendo tuttavia spiegare le ragioni della scelta del genitore collocatario eventualmente in contrasto con quanto dichiarato dal medesimo minore o disporne nuovamente l'audizione al fine di verificarne l'attendibilità e la verosimiglianza alla luce dell'esame concreto della sua capacità di discernimento.
Nello sviluppo argomentativo della pronuncia impugnata non vi è, invece, alcuna traccia o riferimento anche indiretto all'ascolto effettuato nel grado precedente e all'esplicitazione delle ragioni della superfluità della reiterazione o della giustificazione della soluzione prescelta anche alla luce dell'opinione espressa dal minore, sia pure al fine, del tutto legittimo, di contrastarla. Ne consegue la fondatezza della censura sotto lo specifico profilo dell'omesso esame di un fatto decisivo consistente nella valutazione del contenuto dell'audizione del minore oltre che della violazione del principio secondo il quale l'opinione del minore costituisce un elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse alla luce dell'art. 12 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo;
dell'art. 7 della Convenzione di Strasburgo del 1996 relativa all'esercizio dei diritti dei minori, ratificata con L. n. 77 del 2003;
dell'art. 24, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e della norma interna (art. 155 sexies cod. civ.) applicabile ratione temporis (ex multis Cass. 11687
del 2013
per la completezza dei richiami). Il secondo motivo deve ritenersi assorbito dal momento che la decisione sulla debenza del contributo al mantenimento del minore deve conseguire alla decisione sul collocamento del medesimo.

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