Cass. civ., sez. I, sentenza 08/03/2023, n. 6893

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La responsabilità degli amministratori verso il creditore di società a responsabilità limitata - per il compimento di atti gestori non funzionali alla conservazione del patrimonio sociale dopo il verificarsi della causa di scioglimento di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4), c.c. - è disciplinata nel successivo art. 2486 c.c. e, pur avendo natura extracontrattuale, non è suscettibile di essere ricondotta allo schema generale dell'art. 2043 c.c., non venendo in evidenza un "fatto illecito" nel senso postulato da detta norma, in quanto gli amministratori agiscono nel compimento delle operazioni pregiudizievoli non in proprio ma in qualità di organi investiti della rappresentanza dell'ente.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 08/03/2023, n. 6893
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6893
Data del deposito : 8 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

068 9 3 / 23 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri magistrati Oggetto F A G Presidente amministratore società scioglimento M V Consigliere- Rel. G I Consigliere nuove operazioni M F Consigliere Ud. 10/09/2020 PU Cron. 6698 R A Consigliere R.G.N. 3846/2017 ha emesso la seguente SENTENZA sul ricorso n. 3846/2017 proposto da F G, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza del Popolo n.18, presso lo studio dell'avvocato M R, rappresentato e difeso dall'avvocato Andrea Ricardi per procura speciale estesa a margine del ricorso ricorrente

contro

Assig2 s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall'avvocato G M per procura speciale estesa in calce al controricorso controricorrente avverso la sentenza n. 1955/2016 della Corte di appello di Torino, depositata il 16 novembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 settembre 2020 dal consigliere M V;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Lucio Capasso, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente l'avvocato G M, in sostituzione dell'avvocato A R, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. T 3 N 2

FATTI DI CAUSA

E 0 5 2 S 2 0 2 1. Con sentenza emessa il 26 settembre 2014 il Tribunale di Torino rigettò, per quanto qui interessa, l'azione risarcitoria per danno asseritamente derivato alla Assig2 s.r.l., creditore della G s.r.l., da operazioni compiute da G F, amministratore unico della stessa G, dopo il verificarsi della causa legale di scioglimento di tale società costituita dalla perdita del relativo capitale sociale al 31 dicembre 2008 (artt. 2485, 2486 cod. civ.).

2. Adita dalla parte soccombente, la Corte di appello di Torino, con sentenza emessa il 16 novembre 2016, accolse la domanda risarcitoria del creditore e, in riforma della sentenza di primo grado, condannò F: a pagare alla Assig2 €. 7.539,55, periodicamente rivalutata a partire dal 25 gennaio 2012 e aumentata degli interessi di cui all'art. 1284 cod. civ. decorrenti da tale giorno fino al saldo;
a rimborsare alla società vittoriosa le spese da questa anticipate nel giudizio di primo grado e in quello di appello nelle misure in dispositivo rispettivamente indicate.

2.1 La motivazione della decisione sul merito può così sintetizzarsi: il bilancio della società G relativo all'esercizio 2008 evidenziò perdite pari a complessivi €. 94.708, di consistenza tale, dunque, da determinare l'azzeramento del capitale sociale (pari a €. 20.000) e un patrimonio netto di segno negativo pari a €. 73.573 (somma residua derivata dopo l'assorbimento delle riserve e l'azzeramento del capitale);
nessuna decisione fra quelle previste dall'art. 2482-ter cod. civ. venne assunta dai soci di G;
l'esercizio successivo (anno 2009) fece registrare un utile pari a €. 15.152, con conseguenti mantenimento della situazione di perdita integrale del capitale sociale e riduzione del segno negativo del patrimonio netto a €. 58.442;
al 31 dicembre 2008 si era dunque già verificata la causa legale di scioglimento della società prevista dall'art. 2484, primo comma, n. 4), cod. civ. e F, amministratore unico dei tale società al 31 dicembre 2008, omise di adempiere al precetto recato dal terzo comma del citato art. 2484 cod. civ.;
egli conservò il potere di gestione della società ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale (art. 2486, primo comma, cod. civ.);
in violazione di tale obbligo, consistente nell'astensione dal compimento di atti gestori non funzionali alla conservazione di integrità e valore del patrimonio sociale, egli, in nome e nell'interesse di G, contrasse nel corso degli anni 2009 e 2010 obbligazioni pecuniarie verso Assig2 che a G vendette cose mobili senza ricevere parte del prezzo pattuito;
il pregiudizio alla creditrice, che vanamente tentò di agire in executivis verso la propria debitrice per la soddisfazione del proprio credito, derivò "direttamente dalla violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni" imputabile a F;
questi aveva l'onere, non assolto, di provare "che la fornitura richiesta alla società appellante era finalizzata alla conservazione dell'integrità del valore del patrimonio sociale";
in buona sostanza, alla luce della disciplina legale applicabile al caso di specie restano validi i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione al precetto recato dall'art. 2449 cod. civ. vigente prima della riforma recata dal 2 d.lgs. n. 5 del 2003;
il danno da risarcire è pari alla parte residua di prezzo di vendita (€. 6.695,60) che l'appellante non riuscì ad esigere dalla società G "a causa della sua incapienza" e delle spese sostenute per l'esecuzione, infruttuosa, verso tale debitrice.

3. F chiede la cassazione di tale sentenza con ricorso contenente un solo, articolato, motivo di impugnazione;
assistito da memoria.

4. La Assig2 s.r.l. resiste con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE !. Con l'unico, articolato, motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per "mancata e/ erronea applicazione degli artt. 2485 e 2486 c. c., artt. 2043 c.c. e 2697 c.c. e 2697 c. c., in tema di prova del danno extracontrattuale, e art. 2433 c.c.", in quanto: nel citare i principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in riferimento alla responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali prevista dall'art. 2449 cod. civ. vigente prima della riforma del 2003, il giudice di appello ha sostanzialmente obliterato il contenuto precettivo dell'art. 2486 cod. civ. (nel testo applicabile al caso concreto) che configura per gli amministratori di società di capitali una "specificazione della generale disciplina sul danno aquiliano per lesione del credito del terzo";
gli amministratori oggi rispondono dei danni cagionati ai creditori sociali dalla violazione dei doveri a loro imposti dalla legge al verificarsi di causa legale di scioglimento della società e tali danni possono consistere, per quanto interessa il caso concreto, "nella lesione delle ragioni di credito dei creditori sociali";
inoltre, l'art. 2476 cod. civ., in tema di responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata non richiama i precetti contenuti nel precedente art. 2394, non applicabile a tale tipo di società (l'azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori di società a responsabilità limitata "può essere esercitata solo in sede fallimentare ex art. 146 l.f. dal curatore congiuntamente con quella sociale"), con conseguente applicazione dei principi generali di cui all'art. 2043 cod. civ., secondo cui il risarcimento del danno è dovuto ove vi sia la prova della condotta illegittima (per violazione di legge o di statuto), della conseguenza dannosa che da tale condotta è derivata e del nesso causale fra condotta e danno;
in buona sostanza, prima della riforma del 2003 "gli amministratori operando a capitale ridotto sotto il minimo rispondevano personalmente nei confronti dei creditori per le nuove operazioni senza se e senza ma", mentre dopo la riforma il danno verso i creditori deve essere provato da chi agisce per il suo risarcimento;
nel caso di specie, dunque, sono state dal giudice di appello applicate norme abrogate "e non quelle attuali";
inoltre, la stessa sentenza impugnata evidenzia che il bilancio della società relativo all'esercizio 2009, successivo a quello che fece registrare perdite che azzerarono il capitale sociale, registrò un utile di esercizio e ciò dimostra che gli amministratori ricostituirono "la garanzia costituita dal capitale sociale" e che, in ogni caso, agirono "nel senso della conservazione del patrimonio sociale", con la conseguenza che la 3 prosecuzione dell'attività sociale si rivelò non dannosa per i creditori sociali;
inoltre, l'affermazione fatta dalla sentenza impugnata secondo cui il bilancio relativo all'esercizio 2009 registrò la diminuzione delle perdite costituisce "cattiva interpretazione ed applicazione dell'art. 2433 c.c. che precisa che l'utile può esistere solo dopo l'avvenuto ripianamento delle perdite;
queste vennero riassorbite "oltre che con i buoni risultati dell'esercizio con i versamenti dei soci prodotti già in primo grado (doc. 1-2) mai contestati e i ricavi ordinari d'esercizio";
dalla chiusura del bilancio 2009 in utile deriva che le perdite sono state ripianate, anche con i finanziamenti dei soci.

2. Risulta dalla sentenza impugnata che: al tempo in cui si verificarono i fatti accertati G F era amministratore unico della G s.r.l.;
Asdig2 s.r.l. divenne creditrice di G per i corrispettivi di merci a tale società

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