Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/03/2024, n. 7406
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Il giudicato può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando sussista un nesso di pregiudizialità-dipendenza giuridica, ovvero quando il rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientri nella fattispecie di altro rapporto giuridico condizionato, dipendente, il quale solo legittima l'efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti in tutto o in parte diversi, nel rispetto dei diritti costituzionali del contraddittorio e di difesa.
Testo completo
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con sentenza n. 16142/2015, depositata in data 30 giugno 2015, aveva rigettato il ricorso proposto dalla società LA 91 Petroli Srl, avverso l'avviso di accertamento, adottato all'esito di una verifica fiscale, avente ad oggetto la cessione di gasolio uso agricolo con aliquota I.V.A. agevolata, risultato per usi diversi, relativo all'anno d'imposta 2010, con il quale l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato la differenza con l'aliquota I.V.A. ordinaria e richiesto il pagamento di una maggiore I.V.A. per Euro 25.505,00, oltre interessi e sanzioni.
2. La Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello proposto dalla società contribuente, rilevando, in via preliminare, che l'accertamento giudiziale che aveva condotto all'annullamento delle accise sulla medesima operazione commerciale non aveva alcuna rilevanza sulla pretesa fiscale oggetto di impugnazione fondata sulla emissione di fatture con aliquota I.V.A. agevolata al 10%, anziché con aliquota I.V.A. ordinaria al 20%, con riferimento alla cessione di gasolio destinata ad uso agricolo. I giudici di secondo grado, poi, hanno affermato che non sussisteva il difetto di motivazione dell'avviso di accertamento impugnato, che aveva fatto richiamo al p.v.c. redatto in data 1° agosto 2013 ed era stato chiaramente esposto il motivo per il quale si era proceduto al recupero dell'I.V.A. evasa;il soggetto cedente era legittimato passivamente per il recupero dell'imposta, laddove il rapporto tributario intercorreva tra il cedente e l'Amministrazione finanziaria, mentre non lo era il soggetto che aveva utilizzato il gasolio venduto dalla società contribuente per usi diversi da quelli per i quali era prevista l'aliquota agevolata;peraltro, il legale rappresentante della società contribuente, in sede di verifica fiscale, aveva dichiarato di non avere avviato alcuna procedura per il recupero del credito vantato nei confronti del cessionario e ciò costituiva un ulteriore fatto idoneo a far presumere un accordo truffaldino a monte tra il soggetto cedente e il soggetto cessionario in merito alla corretta applicazione dell'aliquota I.V.A.;in ogni caso, il cedente, in base al rapporto privatistico esistente con il cessionario, poteva sempre rivalersi sul cessionario della maggiore imposta versata in sede di accertamento.
3. La società La 91 Petroli Srl ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
4. L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell' art. 69 del d.P.R. n. 633 del 1972 , in combinato disposto con l' art. 34 del d.P.R. n. 43 del 1973 e l' art. 1 del decreto legislativo n. 504 del 1995 ;nonché dell' art. 38, comma 4 bis, del decreto legge n. 331 del 1993 , riformulato dalla legge n. 217 del 2011 , in relazione all' art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , per non avere la Commissione tributaria regionale considerato, nell'ambito di operazioni commerciali sottoposte tanto ad I.V.A. quanto ad accise, il rapporto di necessaria pregiudizialità - dipendenza sussistente tra l'I.V.A. sulle accise e le accise stesse, di talché, accertata (con sentenza passata in giudicato) la non debenza, da parte dell'odierna ricorrente, della maggiore "accisa prod. energetici 2010", che costituiva la base imponibile della pretesa di maggiore I.V.A., si sarebbe dovuta certamente dichiarare priva di giustificazione e, dunque, illegittima la pretesa di maggior I.V.A. avanzata dall'Agenzia delle Entrate. Doveva, quindi, riconoscersi l'effetto sul presente giudizio della declaratoria di illegittimità del maggior accertamento accise di cui alla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 12527 del 15 aprile 2015, depositata il 21 maggio 2015 , resa tra la società La 91 Petroli Srl e l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in materia di "accisa prodotti energetici anno 2010", non impugnata e passata in giudicato. In definitiva, la sorte della maggiore I.V.A. pretesa non poteva che seguire quella dell'imposta che costituiva la base imponibile dell'I.V.A. stessa, ovvero l'accisa.
2. Il secondo motivo deduce, in via subordinata, la violazione e falsa applicazione dell'art. 17 e ss. del d.P.R. n. 633 del 1972 , in relazione all' art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , per non avere la Commissione tributaria regionale dichiarato la carenza di legittimazione passiva della società LA 91 Petroli Srl (cedente) rispetto alla pretesa di versamento della maggior I.V.A., in ipotesi di utilizzo del gasolio, da parte del cessionario, per usi diversi da quelli dichiarati al cedente e per i quali era prevista un'aliquota I.V.A. agevolata. I giudici di secondo avrebbero dovuto distinguere tra soggetto passivo I.V.A. (società cedente) e soggetto passivo della maggiore I.V.A., dovuta a seguito dell'accertamento sull'effettivo utilizzo del gasolio per fini diversi da quelli agricoli dichiarati, obbligo che era riferibile a chi aveva fatto uso del gasolio in frode alla legge.
3. Il terzo mezzo deduce, in via ulteriormente gradata, la violazione e falsa applicazione dell' art. 7 della legge n. 212 del 2000 e art. 2697 cod. civ. , in relazione all' art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , per non avere la Commissione tributaria regionale rilevato il mancato assolvimento dell'onere della prova, da parte dell'Amministrazione finanziaria, in ordine alla fondatezza della propria pretesa fiscale nei confronti della società LA 91 Petroli Srl La pretesa di maggiore I.V.A. era stata generata non dai rapporti tra la società ricorrente e A.A., ma tra quest'ultimo e gli ulteriori cessionari, rapporti nell'ambito dei quali era emerso un uso diverso del gasolio rispetto a quello dichiarato al momento dell'acquisto ed era con riferimento a tali ulteriori rapporti che l'Ufficio avrebbe dovuto evidenziare, nell'atto di accertamento, gli elementi in ragione dei quali la società era stata ritenuta compartecipe del comportamento truffaldino del cessionario A.A., unitamente a quelli degli altri sub - cessionari.
4. Il quarto motivo deduce la violazione e falsa applicazione di legge dell' art. 7 della legge n. 212 del 2000 , in relazione all' art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , per non avere la Commissione tributaria regionale rilevato l'insufficiente motivazione dell'avviso di accertamento, operata attraverso un semplice richiamo al p.v.c. della Guardia di Finanza del 1° agosto 2013 e senza alcun riferimento alle disposizioni normative asseritamente violate. Sia l'avviso di accertamento, che il p.v.c. non contenevano nulla in merito alle ragioni di diritto e di fatto della pretesa imposta, in particolar modo con riguardo alla società ricorrente. Dagli atti emergeva che l'Ufficio aveva contestato alla ditta A.A. le violazioni in materia di accisa e che tale soggetto non era stato in grado di dimostrare l'uso del gasolio per il quale era prevista una aliquota agevolata;inoltre, la società non aveva potuto sapere se un tentativo di recupero dell'imposta fosse stato fatto nei confronti di A.A., oppure se la richiesta di pagamento fosse stata fatta per la prima volta esclusivamente nei confronti della società ricorrente.
5. L'esame delle esposte censure porta all'accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.
6. La questione posta con il primo motivo concerne il problema dell'efficacia riflessa del giudicato esterno e, in particolare, l'individuazione delle condizioni e dei presupposti perché possa realizzarsi e la verifica della loro eventuale ricorrenza nel caso di specie.
6.1 In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, dal principio stabilito dall' art. 2909 cod. civ. , secondo cui l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, si evince, a contrario, che l'accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti e non è vincolante, rispetto ai terzi ( Cass., 5 novembre 1996, n. 9631 ).
6.2 È ammesso, tuttavia, che il giudicato, quale affermazione obiettiva di verità, possa produrre, a determinate condizioni, effetti riflessi anche al di fuori dei limiti indicati dalla norma indicata, ossia in ipotesi in cui il giudicato si sia formato tra soggetti in tutto o in parte diversi. Tenuto conto che l'efficacia di un giudicato nell'ambito di un diverso giudizio tra soggetti differenti o anche solo in parte diversi potrebbe collidere con i principi del rispetto del contraddittorio e, in genere, del diritto di difesa, la nozione di efficacia riflessa del giudicato presuppone un "nesso di pregiudizialità - dipendenza giuridica, che si ha allorché un rapporto giuridico, pregiudiziale o condizionante, rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico condizionato dipendente, il quale solo legittima l'efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti in tutto o in parte diversi, nel rispetto dei diritti costituzionali del contraddittorio e di difesa" ( Cass., Sez. U., 12 marzo 2008, n. 6523 ).
6.3 In particolare, le Sezioni Unite di questa Corte, sopra richiamate, dopo avere rilevato che, in linea teorica, è ammessa, sia in dottrina, che in giurisprudenza, la possibilità che il giudicato, oltre agli effetti diretti, sanciti dall' art. 2909 cod. civ. , secondo cui "l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa", possa produrre alcuni effetti specifici anche al di fuori dei limiti indicati dalla citata norma, in ipotesi, cioè, in cui il giudicato si sia formato tra soggetti in tutto o in parte diversi, ha delimitato i presupposti e le condizioni perché detto effetto possa prodursi e ciò tenendo conto che l'efficacia di un giudicato nell'ambito di un diverso giudizio tra soggetti differenti (almeno in parte), potrebbe collidere con i principi costituzionali di rispetto del contraddittorio e, in genere, del diritto di difesa. E ha affermato che è soltanto il collegamento di pregiudizialità - dipendenza in senso giuridico che legittima l'efficacia riflessa del giudicato nei confronti di soggetti eventualmente estranei al relativo giudizio e che detta categoria giuridica è riscontrabile, per opinione unanime anche della dottrina, solo allorché un rapporto giuridico (pregiudiziale o condizionante) rientra nella fattispecie di altro rapporto giuridico (condizionato, dipendente), sicché ogni qual volta non possa riscontrarsi una tale coincidenza (sia pure parziale), ma emergano solo nessi di fatto o logici tra i due rapporti dedotti in giudizio, non vi sono i presupposti perché si determini detta efficacia riflessa. L'efficacia riflessa del giudicato, dunque, non si estende ai terzi che siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico oggetto del giudicato stesso (e non già di un diritto dipendente dalla situazione definita nel processo), non potendosi confondere i collegamenti che pur possono presentarsi tra i vari giudizi e tra gli accertamenti oggetto di essi, e il rapporto di pregiudizialità giuridica. E tale autonomia è ravvisatole non solo in relazione al principio dispositivo cui è improntato il giudizio e alla specifica ragione della decisione, ma anche alla circostanza che i due giudizi sono essenzialmente ricollegati all'esercizio di diritti o poteri differenti, e, anche a cagione di ciò, affidati per la parte attrice a differenti soggetti pubblici, il cui accertamento deve avvenire nel contraddittorio della parte pubblica legittimata e nell'ambito dello specifico procedimento a tanto riservato. Da ultimo, le Sezioni Unite hanno osservato che non si può distinguere, per evidente coerenza sistematica, la possibilità di efficacia del giudicato in relazione al contenuto positivo o negativo dell'accertamento posto in essere con la sentenza passata in giudicato.