Cass. civ., sez. I, sentenza 26/08/2004, n. 17003
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Nell'ipotesi di impugnazione non preceduta dalla notificazione della sentenza, ovvero nell'ipotesi di mancanza della dichiarazione di residenza o dell'elezione di domicilio al momento di tale notificazione, l'atto di impugnazione (nella specie, ricorso per cassazione) va notificato alla parte in uno qualsiasi dei luoghi indicati dall'art. 330 cod. proc. civ. (presso il procuratore costituito nel giudizio "a quo", ovvero nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per detto giudizio), tra i quali esiste perfetta alternatività.
In tema di procedimento arbitrale, la dichiarazione di nullità per violazione del principio del contraddittorio - ai sensi dell'art. 829, primo comma, cod. proc. civ. - del lodo pronunciato nei confronti del fallimento di una delle parti dichiarato nel corso del procedimento arbitrale, non può basarsi sulla esclusione della qualità di parte del procedimento stesso in capo al curatore fallimentare, ma, anzi, presuppone la sussistenza di tale qualità; la quale, a sua volta, non può essere esclusa in base alla mera constatazione della mancata costituzione del curatore nel procedimento arbitrale in corso, o della mancata autorizzazione del giudice delegato a costituirsi, che attengono non all'attribuzione della qualità di parte alla curatela - derivante, invece, dalla soluzione che si dia al quesito relativo alla sorte del rapporto arbitrale a seguito della dichiarazione del fallimento - bensì al concreto esercizio, nel procedimento pendente, delle facoltà spettanti alla parte; con la conseguenza che, in presenza di impugnazione del lodo fondata anche sulla sopravvenuta estinzione del rapporto arbitrale a seguito della dichiarazione del fallimento, il giudice deve pronunciarsi su tale motivo con precedenza rispetto alla questione della violazione del contraddittorio nei confronti del curatore.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L G - Presidente -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. G F A - Consigliere -
Dott. D C C - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COMUNE DI MARSALA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIAVI 52, presso l'Avvocato R C, rappresentato e difeso dall'avvocato S P L, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
CURATELA FALLIMENTO IMFRRKSA ROMANO SFA;
- intimata -
a sul 2^ ricorso n. 07675/00 proposto da;
CURATELA FALLIMENTO IMPRRESA R S, in persona del 18 Curatore Rag. Basilio Aldo D'Ascoli, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA SALLUSTIO 9, presso l'avvocato G P, rappresentata e difesa dall'avvocato A S M, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
COMUNE DI MARSALA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PIAVI 52, presso l'Avvocato R C, rappresentato e difeso dall'avvocato S P LTI, giusta procura a margine del controricorso al ricorso principale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 168/99 della Corte d'Appello di PALERMO, depositata il 01/03/99;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 08/01/2004 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito per il ricorrente l'Avvocato PENSASENE LIONTI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;
udito per il resistente l'Avvocato MICELI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto dal ricorso principale a l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato l'il settembre 1996 l'Impresa Remano s.p.a. introdusse giudizio arbitrale nei confronti del comune di Marsala, nominando il proprio arbitro, per il pagamento di sonane in relazione alla esecuzione di un contratto di appalto. Il comune nominò a sua volta il proprio arbitro;il terzo arbitro, con funzioni di presidente del collegio, fu nominato dal presidente del tribunale della stessa città.
Dopo che il collegio arbitrale si era riunito e gli arbitri avevano accettato l'incarico, sopravvenne il fallimento della società, dichiarato dal tribunale di Trapani. Tale circostanza fu comunicata per telefax al collegio dal difensore della società nel procedimento arbitrale, il quale comunicò anche che gli organi della procedura fallimentare erano dell'avviso che l'arbitrato dovesse essere interrotto.
Il collegio, ritenendo che la dichiarazione di perdita della capacità della parte dovesse essere fatta in udienza, ne fissò all'uopo appositamente una, alla quale nessuna delle parti si presentò, mentre il difensore della società inviò una seconda lettera, con la quale comunicava di aver conferito con il giudice delegato al fallimento in ordine ai problemi relativi all'interruzione del procedimento.
il curatore del fallimento inviò, a sua volta, una lettera al comune di Marsala, comunicando che la curatela si riteneva automaticamente sciolta, ai sensi dell'art. 81 legge fall., dal contratto di appalto e che la dichiarazione di fallimento "opera la caducazione anche dell'eventuale clausola arbitrale ai sensi dell'art. 24 l.f. che riserva la competenza processuale al Tribunale Fallimentare". Gli arbitri posero la causa in decisione e pronunciarono il loro lodo, con il quale respinsero le domande proposte dalla società e condannarono quest'ultima -e per essa il fallimento - alle spese del procedimento sostenute dal comune ed a quelle di funzionamento del collegio arbitrale.
L'impugnazione per nullità del lodo proposta dalla curatela fallimentare, e alla quale ha resistito il comune, è stata accolta dalla corte di appello di Palermo con sentenza del 1 marzo 1999. La sentenza riporta i seguenti motivi di impugnazione:
1) violazione degli artt. 36 c.p.c. e 24 e 52 legge fall., in quanto, avendo il camme proposto domanda riconvenzionale, l'intera controversia doveva essere esaminata dal tribunale fallimentare, unico ufficio competente a conoscere delle ragioni di credito vantate nei confronti del fallimento;
2) violazione degli artt. 81, 24 e 53 legge fall., per avere gli arbitri erroneamente ritenuto che il loro mandato persistesse nonostante l'avvenuto fallimento della società e la dichiarazione del curatore di sciogliersi dall'appalto;
3) violazione degli artt. 31 e 43 legge fall, perché, "non avendo il Curatore acquistato la qualità di parte per difetto delle condizioni prescritte dai citati articoli, non poteva essere pronunciata alcuna condanna nei suoi confronti";
4) violazione dell'art. 814 cpv. c.p.c, "che subordina la vincolatività della liquidazione diretta per le parti alla accettazione da parte di queste ultime".
Dei predetti motivi, la sentenza considera pregiudiziale il terzo, perché attinente alla instaurazione del contraddittorio, e lo accoglie, dichiarando la nullità del lodo ai sensi dell'art. 829, primo comma, n. 9, c.p.c. (ed escludendo, però, la pronuncia
rescissoria, attesa la contraria manifestazione di volontà delle parti implicita nella mancata formulazione di conclusioni di merito sulle domande proposte in sede arbitrale).
In particolare, la sentenza motiva la ritenuta violazione del principio del contraddittorio da parte degli arbitri osservando che il lodo era stato pronunciato nei confronti del fallimento della società, "che non acquistò mai la qualità di parte del procedimento arbitrale, ne' la poteva acquistare senza la prescritta autorizzazione del giudice delegato", e, d'altronde, "il giudizio non poteva proseguire nei confronti della fallita impresa poiché questa, in seguito alla dichiarazione di fallimento, aveva perso la capacità processuale: peraltro l'avvenuto fallimento era ben noto agli arbitri, poiché era stato a tale preciso scopo dichiarato dal procuratore della parte".
Avverso tale sentenza ricorre per Cassazione il comune di Marsala con un solo, complesso motivo. Resiste la curatela con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato per tre motivi, cui resiste il comune con controricorso, entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Preliminarmente, dato atto della riunione dei ricorsi principale e incidentale ai sensi dell'art. 335 c.p.c., occorre darsi carico dell'eccezione di inammissibilità del ricorso principale, formulata dalla curatela controricorrente sul rilavo che l'atto è stato notificato, arniche al procuratore dalla parte intimata costituito nel giudizio davanti alla Corte di appello (avv. M), alla parte stessa presso il domiciliatario indicato per quel giudizio (avv. M), con conseguente violazione dall'art. 330, primo comma, c.p.c. Replica il ricorrente che la notifica e regolare, perché
poteva essere eseguita Indifferentemente in ciascuno dei luoghi indicati dalla norma - dunque anche alla parte nel domicilio eletto per il giudizio a quo - e che, comunque, si tratterebbe semmai di nullità, non già di inesistenza della notifica, sanata dalla costituzione della parte intimata.
1.1. - L'eccezione è infondata, perché la notifica è regolare. Non mancano, in effetti, precedenti di questa corte nel senso che la notifica dell'Impugnazione, ai sensi dell'art. 330, primo comma, ult. parte, c.p.c. (nell'ipotesi, cioè, che la parte destinatala non abbia effettuato specifica dichiarazione di residenza o elezione di domicilio con la notificazione della sentenza impugnata), nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto nel precedente grado trovi applicazione soltanto nel caso (che qui non ricorre) in cui la parte sia stata in giudizio personalmente (v., tra le altre. Cass. 6908/1986 e, più di recente, Cass. 5777/2000);ne mancano precedenti secondo cui la previsione dalla notifica "presso il procuratore costituito" (art. 330 cit.) individua in Quest'ultimo, piuttosto che nella parte, il destinatario della notifica stessa, in forza di una proroga ex lege dei poteri conferitigli per il giudizio a duo (Cass. 5743/1998 e 7613/1999). Tuttavia il collegio ritiene di aderire all'opposto orientamento secondo cui la notificazione dell'atto di impugnazione può essere fatta indifferentemente in uno qualsiasi dei luoghi indicati dalla norma in esame, ossia presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio a (pio (v., tra le altre, Cass. Sez. Un. 2152/1980 e, più di recente, Cass. 8443/1996, 3273/2001, 16145/2001;anche Cass. Sez. un. 12593/1993,
richiamata da ambo le parti del presente giudizio a sostegno delle rispettive tesi, sostiene, in realtà, sia pure senza specifica motivazione, la tesi della perfetta alternatività dei luoghi di cui trattasi). Infatti, come esattamente rileva Cass. 16145/2001, cit., destinataria della notifica dell'impugnazione è la parte, non il suo procuratore nel pregresso grado di giudizio, come si ricava sia da un argomento testuale, e cioè che l'art. 330, cit., parla di notifica "presso" e non "al" procuratore (termine usato, invece, dall'art. 170, primo comma, c.p.c., richiamato dall'art. 285 c.p.c. con
riguardo alla notificazione della sentenza), sia dalla regola per cui la rappresentanza processuale del difensore è limitata (almeno nei casi dì procura speciale e salvo diversa previsione della procura stessa: art. 83, ult. co., c.p.c.) a ciascun grado del giudizio;
inoltre nulla induce a ritenere che - in presenza della disgiuntiva "o", che lega, nell'art. 330 cit., il primo agli altri luoghi previsti per la notifica dell'atto d'impugnazione - l'alternatività espressa da quella congiunzione sia condizionata alla costituzione personale della parte nel giudizio a quo (a differenza, ancora una volta, di come chiaramente si esprime, quanto alla notificazione della sentenza, l'art. 170 c.p.c. ai commi primo e terzo). 2. - Il ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 829, primo comma, n. 1, c.p.c. ed insufficiente motivazione, deduce anzitutto che la ritenuta - dalla corte di appello - violazione del principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale è frutto di un evidente equivoco: il vizio di cui all'art. 829, primo comma, n. 9, c.p.c., infatti, può essere prospettato soltanto nell'ipotesi che al curatore sia stato impedito il concreto esercizio del diritto di difesa, non già nel caso di - volontario rifiuto dallo stesso di parteciparvi, ritenendo di non avervi interesse;"il principio del contraddittorio, infatti/ presuppone che un determinato soggetto sia parte effettiva del processo, perché diversamente non può venire vai in questione una sua possibile violazione, ma semmai la violazione dei limiti soggettivi del lodo arbitrale". Oltretutto, nella specie nessun elemento indicava che alla curatela fosse stato impedito di partecipare al procedimento arbitrale e di svolgere in quella sede le proprie difese.
Il ricorso censura, altresì, le due affermazioni (sopra testualmente riportate nella narrativa in fatto) su cui poggia la statuizione della sentenza impugnata. E precisamente:
a) con riguardo all'affermazione secondo cui il procedimento arbitrale non poteva proseguire nei confronti dell'impresa fallita, per avere la stessa perduto la capacità processuale, e il fallimento era noto agli arbitri perché all'uopo dichiarato dal procuratore della parte, il ricorrente lamenta che la corte di appello non abbia considerato: che nei giudizi ordinari anche nell'ipotesi di fallimento di una delle parti trova applicazione l'art. 300, primo comma, c.p.c., a mente del quale 1"interruzione opera soltanto
allorché l'evento interattivo sia stato dichiarato in udienza, o notificato alle altre parti, mentre nella specie la dichiarazione del procuratore era stata fatta agli arbitri fuori udienza e non vi era stata notifica al comune di Marsala;che, peraltro, l'istituto dell'interruzione non opera nel procedimento arbitrale, come si ricava dall'art. 820, tarso comma, c.p.c., che persino nel caso di aorte di una dalla parti prevede soltanto la proroga del termine per il deposito del lodo;che conseguentemente non vi e ragiona per escludere che il lodo conservasse efficacia nei confronti dell'impresa fallita in relazione al suo rientro in bonis;
b) con riguardo all'affermazione secondo cui il lodo era stato pronunciato nei confronti del fallimento dell'impresa Romano s.p.a., che non aveva mai acquistato la qualità di parte nel procedimento arbitrala, ne' la potava acquistare senza la prescritta autorizzazione del giudice delegato, il ricorrente deduce che in realtà gli arbitri non avevano mai attribuito alla curatela "la qualità di parte in senso formale" del procedimento, non essendosi il curatore costituito davanti a loro;essi avevano semplicemente esteso la loro decisione - pronunciata direttamente ed espressamente nei confronti della società - "anche nei confronti del fallimento (parte sostanziale)", ritenendo che, ove il fallimento aia stato dichiarato dopo la nomina e l'accettatone dell'incarico da parte degli arbitri, il curatore non possa disconoscere gli effetti del rapporto già perfezionatosi. In tal modo avevano dato applicazione al principio giurisprudenziale della sopravvivenza del mandato arbitrale - in quanto mandato collettivo conferito nell'interesse comune dei conferenti e di terzi - al fallimento, con subentro del curatore nel rapporto.
2.1. - Occorre premettere che la Corte di appello si è limitata a dichiarare la nullità del lodo per violazione del principio del contraddittorio, come si ricava indiscutibilmente dall'espresso riferimento all'art. 829, primo comma, n. 9, c.p.c., e che non si è pronunciata sugli altri motivi di impugnazione - e in particolare sul secondo di quelli riferiti in sentenza, avente ad oggetto la sorte del rapporto arbitrale a seguito della dichiarazione del fallimento - ritenendoli, evidentemente, assorbiti da quella statuizione di nullità.
Ora, la statuizione della consumata violazione del principio del contraddittorio nei confronti del fallimento non può essere sorretta - come invece fa la sentenza impugnata - dal rilievo che il fallimento stesso non era parte del procedimento arbitrale;ansi è in contraddizione con esso, perché il principio del contraddittorio (audiatur et altera pars) si sostanzia proprio nella necessità che ciascuna parte, appunto, sia posta in condizione di esporre le proprie ragioni al giudicante: chi non è parte del procedimento non ha diritto di essere sentito. Ha dunque errato la corte di appello nel far scaturire l'asserita violazione del principio del contraddittorio dalla mancanza della qualità di parte del procedimento arbitrale in capo al fallimento.
Ma errata è anche la stessa affermazione - per come è motivata dalla corte di appello - che il fallimento non fosse parte del procedimento, issa è basata, in sostanza, sul rilievo della mancanza di autorizzazione del giudice delegato;ma l'autorizzazione del giudice delegato, ai sensi degli artt. 31 e 43 legge fall., (la cui violazione è denunciata dal motivo di impugnazione accolto dalla corte di appello), a cositutirsi nel procedimento in corso condiziona, semmai, l'efficacia della costituzione del curatore, non certo la sua qualità di parte del procedimento, che dalla costituzione, ossia dalla concreta partecipazione agli atti del procedimento stesso, può anche prescindere, e che dipende anzitutto dalla risposta che si dia al quesito circa la sorte del rapporto arbitrale pendente: se, cioè, sopravvenuto il fallimento di una delle parti, subentri nell'arbitrato (quale parte, appunto, dello stesso) il curatore. Quesito, questo, attinente al secondo dei motivi di impugnazione riferiti in sentenza, sul quale la corte di appello, invece, non si è pronunciata, implicitamente ritenendolo assorbito. La corte ha dunque errato anche nel determinare l'ordine logico da seguire nell'esame del motivi di impugnazione, perché avrebbe dovuto esaminare, prima del terzo, il secondo di essi.
Il ricorso merita dunque accoglimento;soltanto, però, nei limiti predetti. Sono infatti inammissibili le censure sopra riportate sub a) e b), perché anch'esse presuppongono la soluzione della questione della sorte del rapporto arbitrale oggetto del secondo motivo di impugnazione - integrante una distinta ragione di nullità del lodo, dedotta dall'impugnante, e un distinto capo di domanda - su cui i giudici di merito, come si è già detto, non si sono pronunciati ritenendone l'assorbimento;questione, dunque, che non può essere oggetto del giudizio di legittimità e sulla quale dovrà pronunciarsi il giudice di rinvio.
Va poi aggiunto che all'accoglimento del ricorso principale non sono di ostacolo le osservazioni svolte dalla curatela controricorrente, incentrate sulla indefettibilità del procedimento di verificazione dal passivo ai fini dell'accertamento di erediti verso il fallimento e sulla inopponibilità della pronuncia arbitrale al fallimento stesso: si tratta, infatti, di questioni diverse e non attinenti alla sola sulla quale la sentenza si è pronunciata, quella, cioè, della nullità del lodo per violazione del principio del contraddittorio. 3. - L'accoglimento (per quanto di ragione) del ricorso principale impone l'esame del ricorso incidentale condizionato proposto dal curatore fallimentare.
Con i tre motivi il ricorrente lamenta che la Corte di appello non abbia pronunciato, rispettivamente: sulla dedotta nullità del lodo per difetto della potestas iudicandi in capo agli arbitri, "non essendo state osservate le prescrizioni per la loro nomina e la validità della loro funzione";sulla eccezione di improcedibilità del giudizio arbitrale, che riguardava anche domanda riconvenzionale proposta nei confronti dell'impresa fallita, onde l'intera controversia era devoluta alla competenza del tribunale fallimentare;
sulla questione delle spese liquidate dal collegio arbitrale e che non avrebbero potuto essere poste a carico della curatela, la quale non era successore della società fallita, era carente di legittimazione passiva e non poteva ritenersi vincolata alla clausola compromissoria, sicché non era parte del giudizio arbitrale assoggettabile, in guanto tale, alla pronuncia sulle spese. 3.1. - Tali motivi sono inammissibili in quanto anch'essi attengono a Questioni non decise dalla corte di appello perché implicitamente ritenute assorbite dalla statuizione di nullità per vizio del contraddittorio, e la giurisprudenza di questa corte è da tempo consolidata nel senso della inammissibilità del ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa sollevi questioni che il giudice di appello non abbia deciso in senso ad essa sfavorevole avendole ritenute assorbite, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (cfr., tra le più recenti, Cass. Sez. Un. 14382/3002, nonché Cass. 12680/2003, 9637/2001, 3341/2001, 3908/2000, 4954/1999). 4. - La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altro giudice, indicato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto: la dichiarazione di nullità per violazione del principio del contraddittorio - ai sensi dell'art. 829, primo comma, n. 9, c.p.c. - del lodo pronunciato nei confronti dal fallimento di una delle parti dichiarato nel corso del procedimento arbitrale, non può basarsi sulla esclusione della qualità di parte del procedimento stesso in capo al curatore fallimentare, ma, anzi, presuppone la sussistenza di tale qualità;
la quale, a sua volta, non può essere esclusa in base alla mera constatazione della mancata costituzione del curatore nel procedimento arbitrale in corso, o della mancata autorizzazione del giudice delegato a costituirsi, che attengono non all'attribuzione della qualità di parte alla curatela - derivante, invece, dalla soluzione che si dia al quesito relativo alla sorte del rapporto arbitrale a seguito della dichiarazione del fallimento - bensì al concreto esercizio, nel procedimento pendente, delle facoltà spettanti alla parte: con la conseguenza che, in presenza di impugnazione del lodo fondata anche sulla sopravvenuta estinzione del rapporto arbitrale a seguito della dichiarazione del fallimento, il giudice deve pronunciarsi su tale motivo con precedenza rispetto alla questione della violazione del contraddittorio nei confronti del curatore.
Il giudice di rinvio provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.