Cass. civ., sez. V trib., sentenza 01/07/2022, n. 20955

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 01/07/2022, n. 20955
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20955
Data del deposito : 1 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 5798/2015 R.G. proposto da S. Paolino Hotels & Resorts s.r.I., in persona del legale rappresentante. M P, rappresentata e difesa dall'Avv. B P, con domicilio eletto in Roma, Circonvallazione Clodia, n. 29, presso lo studio, giusta procura speciale in calce al ricorso.

- ricorrente -

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n.12, è elettivamente domiciliata.

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2841/21/14 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 7/5/2014. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 25 maggio 2022 dal Consigliere dott. O D M. letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. S D M, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

FATTI DELLA CAUSA

La San Paolino Hotels & Resorts s.r.l. impugnò il provvedimento di diniego emesso dall'Agenzia delle Entrate sull'istanza di rimborso dell'importo di C 16.214,11, versati a titolo di imposta di registro, in relazione all'atto di compravendita con cui la stessa aveva acquistato dalla S. Frediano s.r.l. un fabbricato da cielo a terra, composto sia da locali ad uso ufficio, sia da appartamenti, atto al quale era stata applicata VIVA, quanto ai primi, e l'imposta di registro nella misura pari all'1%, quanto ai secondi. L'istanza era fondata sulla applicabilità del regime agevolato IVA, ai sensi dell'art. 10, comma 8-bis, d.p.r. n. 633 del 1972, relativamente ai locali ad uso abitativo per i quali la società cedente, in qualità di impresa costruttrice asseritamente non rientrante nel regime di esenzione IVA, aveva successivamente provveduto ad emettere fattura, in data 19 dicembre 2013, con addebito di detta imposta a carico di San Paolino Hotels & Resorts s.r.I., mentre l'atto di compravendita, al momento della registrazione, aveva scontato l'imposta di registro proporzionale nella misura sopra indicata. Accolta l'impugnazione in primo grado, l'Agenzia delle Entrate propose appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, con sentenza n. 2841/21/14, depositata il 7 maggio 2014, accolse il gravame, disconoscendo il diritto della società contribuente al rimborso di quanto versato a titolo d'imposta di registro sul rilievo che dal rogito di compravendita non risultava che l'attività esclusiva o comunque prevalente della alienante S. Frediano s.r.l. fosse quella di rivendita di fabbricati o porzioni immobiliari a destinazione abitativa, per la quale è accordato il regime dell'IVA agevolata, e che non era stato fornito dalla contribuente alcun riscontro circa il preteso diritto al rimborso.Avverso la detta sentenza, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza della CTR, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 4 e 10, comma 1, n.

8-bis, d.p.r. n. 633 del 1972, nonché 40, d.p.r. n. 131 del 1986, perché il giudice di appello ha erroneamente ritenuto applicabile alla compravendita il regime di esenzione Iva, con conseguente assoggettamento dell'atto all'imposta di registro proporzionale, in ragione del fatto che la cedente S. Frediano s.r.l. non aveva realizzato gli immobili oggetto di trasferimento, senza però considerare che alla predetta società venditrice, sulla scorta di quanto allegato e dimostrato in corso di causa, non si poteva applicare il regime agevolato trattandosi di impresa di costruzione e di rivendita sia per previsione statutaria, sia per l'effettiva attività svolta (codice attività 45211), e ciò a prescindere dal fatto che non avesse realizzato il fabbricato compravenduto. Aggiunge la ricorrente che per impresa costruttrice deve intendersi non solo quella che normalmente svolge attività di produzione di immobili, con propria organizzazione, per la successiva rivendita, eventualmente affidandone la costruzione in tutto o in parte ad imprese terze, ma anche quella che svolge l'attività temporaneamente ed occasionalmente. Conclude !a ricorrente che la vendita effettuata dalla S. Frediano s.r.l. doveva essere soggetta ad IVA e non ad imposta di registro. Con il secondo motivo censura la sentenza della CTR, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3) e n. 4), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 cod. civ., perché il giudice di appello ha ritenuto non provata la circostanza, pacifica e non contestata, che la S. Frediano s.r.l. fosse una impresa costruttrice, nonostante la copiosa documentazione versata in atti (visura camerale, codice attività, annuale IVA 2003 e libro fatture) dalla quale risulta anche la variazione dell'operazione da esente ad imponibile IVA. Con il terzo motivo censura la sentenza della CTR, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art. 7, d.lgs. n. 546 del 1992, perché il giudice di appello ha omesso non solo di valutare le risultanze probatorie ma anche di esercitare i propri poteri istruttori, al fine di acquisire elementi necessari e sufficienti per la decisione. Con il quarto motivo censura la sentenza della CTR, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3) e n.5), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 116 cod. proc. civ. e 2699 cod. civ., perché il giudice di appello ha ritenuto erroneamente non sussistenti, in capo alla società venditrice, i requisiti per l'applicabilità dell'IVA e quindi che la cessione fosse soggetta ad imposta di registro. Le censure vanno disattese per le ragioni di seguito esposte. Ai sensi dell'art. 10, n.

8-bis), d.p.r. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis, sono esenti dall'IVA "le cessioni di fabbricati, o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa, effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, ovvero dalle imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni". Il regime di esenzione Iva, dunque, trova applicazione in presenza di un duplice presupposto, uno di carattere oggettivo, ravvisabile nella destinazione ad uso abitativo del fabbricato o porzione di fabbricato oggetto di cessione e l'altro di carattere soggettivo, concretantesi nella assenza in capo al cedente della qualità di impresa di costruzione, di impresa esecutrice di lavori di manutenzione straordinaria, restauro o ristrutturazione, nonché di impresa che svolge attività di intermediazione - che sia caratterizzata da prevalenza- nel mercato delle vendite immobiliari. Sono, dunque, escluse dal regime esentativo, sia le imprese costruttrici, quelle cioè che realizzano direttamente, con organizzazione e mezzi propri, gli immobili oggetto di cessione, sia quelle che si avvalgono di imprese terze per la esecuzione, in tutto o in parte, dei lavori, nonché le imprese che acquistano immobili ed eseguono o fanno eseguire gli interventi di recupero di cui all'articolo 31, primo comma, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, in prospettiva della successiva vendita, sia le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale la rivendita di immobili. Per le cessioni poste in essere da soggetti appartenenti ad una delle tre categorie, non operando la disposizione esentativa, resta fermo il regime di assoggettamento ad IVA, con applicazione dell'aliquota corrispondente all'immobile, o alla porzione dello stesso, oggetto dell'operazione.Ai sensi dell'art. 40, comma 1, del d.p.r. n. 131 del 1986 (testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), primo periodo, "Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa." e, secondo periodo, "Si considerano soggette all'imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni per le quali l'imposta non è dovuta a norma dell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al sesto comma del successivo art. 21, ad eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, numeri 8), 8 bis) e 27-quinquies) dello stesso decreto nonché delle locazioni di immobili esenti ai sensi dell'articolo 6 della legge 13 maggio 1999, n. 133, e dell'articolo 10, secondo comma, del medesimo decreto n. 633 del 1972.". Questa Corte (Cass. n. 17783/2017) ha avuto modo di osservare che "A tale riguardo, con circolare n. 182 del 1996, il Ministero delle Finanze ha precisato che, in tema di IVA ed imposta di registro su cessioni e locazioni di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa, l'art. 10 comma 4, lettera c) del d.l. n. 323 del 1996, inserendo nell'art. 10 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il n. 8 bis) ha introdotto il regime di esenzioni dell'imposta sui valore aggiunto per le cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato a destinazione abitativa, le quali sono assoggettate all'imposta di registro in misura proporzionale, quando sono poste in essere da soggetti diversi da imprese costruttrici, imprese che hanno effettuato sugli immobili interventi di recupero qualificati, ed imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la rivendita di immobili (Cass. n. 24681 del 2011)". Detto in altri termini, e per quanto qui d'interesse, le cessioni di fabbricati, o porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa, effettuate da soggetti non ricompresi nelle tre categorie sopra elencate, sono assoggettate all'imposta di registro (ipotecaria e catastale) in misura proporzionale, rimanendo esenti da IVA. La ricorrente, con la prima censura, contesta alla CTR di aver ritenuto applicabile alla compravendita de qua il regime di esenzione Iva, in ragione del fatto che dagli atti di causa non fosse risultato, in difetto di adeguati riscontri, che la S. Frediano s.r.I., parte alienante nel contratto di compravendita, sottoscritto in data 16 dicembre 2003, avesse ad oggetto "in via esclusiva o comunque prevalente, proprio la rivendita di fabbricati o porzioni immobiliari a destinazione abitativa", essendosi la San Paolino Hotels & Resorts s.r.l. limitata "a rivendicare nel rogito di compravendita il prescritto oggetto sociale per sé e non già per la cedente Sanfrediano srl". Deduce, con la seconda censura, che nonostante fosse pacifica, perché non contestata, la qualità, in capo alla cedente S. Frediano s.r.I., di impresa costruttrice, circostanza peraltro risultante dalla copiosa documentazione versata in atti, la CTR ha dato rilievo, conformemente a quanto ritenuto dall'Agenzia delle Entrate, al fatto che la società non aveva provveduto a costruire gli immobili venduti. Lamenta, con la terza censura, che il giudice di appello ha omesso di valutare le risultanze probatorie e, se del caso, di esercitare i poteri istruttori officiosi, al fine di acquisire elementi necessari e sufficienti per la decisione. Deduce, infine, con la quarta censura, la erroneità della sentenza di appello che, omettendo di valutare la documentazione prodotta dalla contribuente, ha ritenuto non sussistenti, in capo alla società cedente, i requisiti per l'applicabilità dell'IVA, assoggettando così la compravendita all'imposta proporzionale di registro. Orbene, la rato decidendi della sentenza impugnata si incentra, con tutta evidenza, sul fatto che la S. Frediano s.r.l. non fosse riconducibile ad alcuna delle tre categorie di soggetti contemplate dall'articolo 10, numero 8 bis), del d.p.r. n. 131 del 1986, non risultando ciò dal rogito di compravendita del fabbricato da cielo a terra, composto da locali ad uso ufficio e ad uso abitativo, non avendo la contribuente fornito al riguardo riscontri probatori. Come si evince dalla - sintetica - motivazione della sentenza della CTR e dallo stesso ricorso per cassazione, il giudice di appello ha ritenuto la insussistenza del requisito soggettivo in capo alla società cedente vuoi perché, come appare pacifico, la stessa non aveva costruito il fabbricato in questione, né vi aveva effettuato lavori, vuoi perché era onere della contribuente dimostrare che l'attività d'impresa della Frediano s.r.l. fosse diretta prevalentemente, non solo statutariamente ma in concreto, all'effettuazione di cessioni immobiliari (Cass. n. 17783/2017, n. 30806/2017, n. 352/2019). La decisione impugnata è in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui, "ove la controversia abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di lui l'onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato e che le argomentazioni con cui l'Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita, costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale." (tra le altre, Cass. n. 1906/2020, n. 21197/2014).Sotto tale profilo, la CTR del Lazio ha valutato se la fattispecie concreta rientrasse o meno nell'ambito di applicazione delle previsioni normative innanzi esaminate ed ha ritenuto, sulla base degli elementi di valutazione a disposizione, che il regime di esenzione non poteva trovare applicazione stante l'attività svolta dalla società cedente. Non sussiste, quindi, alcuna violazione della previsione normativa di cui all'art. 10, n.

8-bis), d.p.r. n. 633 del 1972, attesa la corretta riconducibilità della fattispecie concreta, come accertata dal giudice del gravame, alla previsione normativa astratta di riferimento. Né tantomeno coglie nel segno il motivo di doglianza con il quale la ricorrente prospetta un difetto valutativo, da parte del giudice del gravame, delle risultanze di causa, anche tenuto conto dei diversi elementi di valutazione prospettati, atteso che l'effettiva natura dell'attività immobiliare svolta doveva essere verificata in concreto, privilegiandosi i profili sostanziali e non formali ai fini dell'esatta qualificazione dell'impresa cedente. Si tratta, quindi, di un profilo censorio non concludente quello con cui quello con cui si censura il corretto utilizzo degli elementi di prova forniti dalle parti per l'accertamento di circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione da momento che le argomentazioni del giudice a quo resistono alle critiche in quanto sono correttamente collegate agli elementi concretamente rilevanti della esaminata fattispecie normativa. Non ricorre la dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 116, cod. proc. civ. e 2699 cod. civ., per avere la CTR erroneamente limitato l'esame del materiale probatorio, senza tenere in considerazione, tra gli altri documenti, il p.v.c. in data 15 ottobre 2004 dell'Agenzia delle Entrate, atto pubblico certamente non fidefacente riguardo a constatazioni o giudizi in esso contenuti. Va, infatti, osservato che una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., può essere prospettata non per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 27000/2016, n. 25029/2015, n. 13960/2014), eventualità, quelle in discorso, che nulla hanno a che vedere con la fattispecie considerata. Inammissibile appare la prospettazione di una violazione dell'art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., atteso che l'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l'omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. n. 24035/2018, n. 21152/2014, 8053/2014). Infine, nel processo tributario, il potere del giudice di disporre d'ufficio l'acquisizione di mezzi di prova non può essere utilizzato per supplire a carenze delle parti nell'assolvimento dell'onere probatorio a proprio carico, ma solo, in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori già in atti e non anche nel caso in cui il materiale probatorio acquisito agli atti imponga una determinata soluzione della controversia. (tra le altre, Cass. n. 4762/2020). Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore della controricorrente liquidate in complessive euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il ver