Cass. pen., sez. II, sentenza 16/04/2021, n. 14377
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ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIAnel procedimento a carico di P M nato il 09/04/1966 a CICCIANO avverso la sentenza del 12/11/2020 del TRIBUNALE DI MANTOVAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere Piero MESSINI D'AGOSTINI;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale G P, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza in data 12/5/2020 il Tribunale di Mantova, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., applicava a M P la pena concordata dalle parti (un anno e quattro mesi di reclusione) per i reati di tentato furto con strappo e resistenza a pubblico ufficiale, previo riconoscimento delle attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti. 2. Propone ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Brescia, chiedendo l'annullamento della sentenza per violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto contestato al capo A), da ritenere una tentata rapina impropria. Dalla denuncia della persona offesa, dalle sommarie informazioni rese dal marito e dal verbale di arresto risulta che il maresciallo D, libero dal servizio, intervenne mentre l'imputato stava cercando di strappare la borsa alla donna e che l'inseguimento si protrasse per breve tempo, come risulta anche contestato nel capo d'imputazione sub B), laddove è indicato che la violenza e la minaccia furono poste in essere "subito dopo la commissione del reato descritto sub A)", quindi nello stesso contesto spazio-temporale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il motivo di ricorso è fondato. 2. Con una pronuncia ormai risalente (Sez. U, n. 5 del 19/01/2000, Neri, Rv. 215825), le Sezioni unite di questa Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza, statuirono che con il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento può essere denunciata l'erronea qualificazione giuridica del fatto, così come prospettata nell'accordo delle parti e recepita dal giudice, in quanto la qualificazione giuridica del fatto è materia sottratta alla disponibilità di parte e l'errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. b), del codice di rito. L'art. 444, comma 2, cod. proc. pen. prevede espressamente che il giudice valuti anche la correttezza della «qualificazione giuridica del fatto», evidentemente al fine di evitare che il patteggiamento sulla pena si risolva in una impropria negoziazione dell'accusa, vale a dire in un accordo sui reati e sulle stesse imputazioni, in violazione dell'art. 112 della Costituzione. Osservarono acutamente le Sezioni unite che, «se la tesi della non ricorribilità per cassazione fosse esatta, sarebbe da spiegare perché mai il legislatore preveda il controllo, da parte del giudice, della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, cioè del rispetto della legge sul punto, per poi disinteressarsi se quel controllo sia stato, a sua volta, corretto, anzi per poi impedire, non volere, che si denunci che il controllo è stato male effettuato e che lo si accerti. Se ciò rispondesse al vero, se veramente il legislatore volesse quel controllo e, però, impedisse la denuncia, in sede di legittimità, con la quale si assumesse che il controllo è stato male eseguito, vorrebbe dire che il legislatore vuole e, nello stesso tempo, non vuole il controllo, che l'ordinamento giuridico ha interesse e, nello stesso tempo, non ha interesse a quel controllo, vorrebbe dire, in altri termini, che l'ordinamento giuridico, in questo caso, viola, infrange, il principio di non contraddizione e lo viola, lo infrange, nonostante che la qualificazione giuridica del fatto sia materia sottratta alla disponibilità delle parti e che l'errore sulla qualificazione giuridica sia un chiaro errore di diritto e, quindi, nonostante la ricorribilità per cassazione di tutte le sentenze per violazione di legge, come prevede l'articolo 111, comma 2, della Carta costituzionale». La successiva giurisprudenza di legittimità ha poi precisato che la possibilità di ricorrere per cassazione, deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza, deve essere limitata ai casi di errore manifesto, vale a dire quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione;la verifica sul punto, inoltre, deve essere compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso (Sez. 3, n. 46373 del 26/01/2017, Kanow Alias Kanov, Rv. 271789;Sez. 7, n. 39600 del 10/09/2015, C, Rv. 264766;Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015, Brughitta, Rv. 264153;Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, Bisignani, Rv. 254865;Sez. 4, n. 10692 del 11/03/2010, Hernandez, Rv. 246394). Detti principi sono stati ribaditi anche a seguito dell'inserimento dell'art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, El Zitouni, Rv. 275971;Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, Mgeri Rv. 272619;Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, Aoci, Rv. 272252;Sez. 6, n. 2721 del 08/01/2018, B, Rv. 272026). Anche da ultimo questa Corte ha ribadito che «la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l'erronea qualificazione giuridica del fatto è limitata ai soli casi di qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato«» (così Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, Annas, Rv. 279573;in senso conforme cfr., sempre da ultimo, Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, Cari, Rv. 279842).
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