Cass. civ., sez. II, sentenza 02/02/2023, n. 03180

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 02/02/2023, n. 03180
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03180
Data del deposito : 2 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n.21555/2018 R.G. proposto da : C QUATTRO SRL, CECCHERINI LUCIANO, elettivamente domiciliati in ROMA P.LE CLODIO, 18, presso lo studio dell’avvocato L D (LSSDNL63D21H501L) rappresentati e difesi dagli avvocati LIBERATORI ALESSANDRO (LBRLSN48P30A390M), RICCI ALBERGOTTI GIAN FRANCO (RCCGFR44L15A390V) -ricorrente-

contro

PRATESI ALIGHIERO, RESTI ARMIDA, PRATESI ROSANNA, PRATESI STEFANO, PRATESI PAOLO, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA COSSERIA

5, presso lo studio dell’avvocato S O (SVRRND49S18F839X) che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato T F (TRZFLC38E14B243M) -controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D'APPELLO FIRENZE n. 153/2018 depositata il 19/01/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/01/2023 dal Consiglieredr. M M . FATTI DI CAUSA A P, A R, R P, S P e P P convenivano la s.r.l. C. Quattro e L C avanti il Tribunale di Arezzo, esponendo di aver acquistato nel 1963, da tali Z, un appezzamento di terreno, con un unico accesso dalla via pubblica, attraverso un terreno rimasto di proprietà degli stessi Z e sul quale era esercitato il passaggio. Sul medesimo percorso, gli Z avevano poi riconosciuto un diritto di servitù di transito anche al C. Nel 2001, infine, gli Z avevano ceduto l’intero fondo residuo alla s.r.l. C. Quattro, di cui era legale rappresentante il C. Lamentando molestie di fatto e di diritto (sfociate anche in un procedimento possessorio) che erano giunte fino alla costruzione di una colonna in cemento armato ed una cancellata – che impediva l’ esercizio della servitù sull’intero tracciato - gli attori domandavano l’accertamento del loro diritto. Entrambi i convenuti, ritualmente costituitisi, affermavano che la strada era stata sempre utilizzata ex adverso soltanto fino al limite della cancellata. In esito all’istruzione probatoria, con sentenza del 18 settembre 2015, il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda nei confronti del C e la respingeva nei confronti della C. Quattro s.r.l. La predetta decisione era gravata dalla Resti e dai Pratesi, con tre motivi di impugnazione. Gli appellati resistevano, concludendo per la conferma della decisione del Tribunale. Con sentenza n. 153 del 19 gennaio 2018 la Corte d’appello di Firenze riformava la pronunzia di primo grado, dichiarando la legittimazione passiva del C e condannando la C. Quattro s.r.l. alla rimozione del cancello e della colonna. La Corte distrettuale rilevava che il C, in qualità di titolare del diritto reale di servitù di passo sul medesimo percorso, era altresì portatore di un interesse giuridicamente tutelabile a limitare il diritto avversario sulla porzione oggetto di controversia, essendo invece irrilevante che le opere fossero state poste in essere sulla proprietà esclusiva della C. Quattro. E ciò tanto più che dal provvedimento possessorio in atti sarebbe emerso come le azioni di turbativa sarebbero state attuate personalmente dallo stesso C. Aggiungevano i giudici toscani che la servitù a favore degli appellanti (altrimenti privi di accesso alla strada pubblica), doveva ritenersi costituita ai sensi dell’art. 1062 comma 2° c.c. dall’originaria proprietà Z. La s.r.l. C. Quattro e L C hanno proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di nove motivi. Hanno depositato controricorso A P, A R, R P, S P e P P. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso. In prossimità dell’udienza pubblica, i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con la prima doglianza, proposta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., i ricorrenti assumono la violazione degli artt. 102, 103 e 105 c.p.c. Con riguardo al C, quest’ultimo non sarebbe stato titolare di alcun diritto reale sulle particelle sulle quali insisteva la servitù di passo, tutte appartenenti alla C. Quattro. 2) Attraverso la seconda censura, proposta ai sensi dell’art. 360 n.4 c.p.c., il C e la C. Quattro deducono la violazione del principio di corrispondenza tra la domanda e la pronunzia, lamentando come i giudici di secondo grado avessero ritenuto il C portatore di un interesse a limitare il diritto di controparte nella porzione oggetto di controversia. Tale affermazione sarebbe stata difforme rispetto alla domanda proposta ex adverso, che avrebbe evocato il C non nella sua veste di titolare di un autonomo diritto di passo, manovra e sosta, ma solo quale destinatario della condanna alla rimozione dei manufatti installati. I due motivi, che possono essere scrutinati congiuntamente, sono destituiti di fondamento. La Corte d’appello ha premesso “la pacifica titolarità in capo a C Luciano del diritto reale di servitù di passo sulla medesima strada e con estensione fino alla sua proprietà esclusiva”. Del resto, la circostanza che il C personalmente vantasse un diritto di servitù sul tracciato contestato era stata affermata anche dal Tribunale, ancorché ritenuta processualmente irrilevante (pag. 6 sentenza primo grado). Pertanto, in mancanza di evidenze contrarie, il dato deve reputarsi accertato. Inoltre, sono stati gli stessi ricorrenti ad evidenziare, a proposito delle conclusioni avversarie, che il C era stato citato in proprio e dunque sulla base della prospettazione di un’effettiva legittimazione passiva. 3) Con il terzo mezzo di impugnazione, i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 1062 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere i giudici di secondo grado ritenuto estesa la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia anche alla porzione chiusa dal cancello. La Corte d’appello non avrebbe considerato il fatto che i Pratesi avrebbero identificato la parte gravata da servitù con quella completamente asfaltata, al fine di rendere più idoneo il passaggio degli automezzi, fino all’imboccatura del piazzale, mentre l’ulteriore particella sarebbe stata priva di asfaltatura, giacché su di essa i controricorrenti non avrebbero avuto alcuna pretesa. Ed anche il CTU officiato non avrebbe accertato alcuna servitù al di là del cancello. La sentenza impugnata avrebbe altresì trascurato che, essendo quella di passaggio una servitù apparente, essa non poteva essere riconosciuta al di fuori delle opere visibili. 4) La quarta lagnanza è volta a denunciare violazione e falsa applicazione degli artt. 1062 e 1168 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. La Corte di merito avrebbe fondato la sua valutazione sulla scorta delle risultanze del giudizio possessorio inter partes, definito nel 2007, e sulla deposizione del teste T. In realtà, la reintegra avrebbe tutelato solo la situazione possessoria, senza provare l’esistenza di una servitù sulla parte contestata, mentre il teste si sarebbe riferito ad atti di mera tolleranza: si sarebbe trattato di un utilizzo abusivo, per rendere più agevoli le manovre degli automezzi dei Pratesi, al di fuori di ogni legittimo diritto reale di servitù. 5) La quinta censura attiene alla violazione degli artt. 1062 e 1061 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. La sentenza di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che una servitù, per sua natura apparente, potesse mutare la sua natura, ove costituita per destinazione del padre di famiglia. L’asfaltatura sarebbe stata fondamentale per identificare la servitù di passo e la decisione di merito si sarebbe basata su una diversa fattispecie, quella dell’opponibilità ai terzi acquirenti della servitù. 6) il sesto motivo riguarda il vizio di motivazione “consistente nella contraddittorietà della stessa con riferimento all’impiego dei contrastanti art. 1062 e 1061 comma 1° c.c., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.” costituito dalla circostanza che la Corte distrettuale, reputando non necessario per la costituzione di servitù ex art. 1062 c.c. il requisito dell’apparenza, sarebbe caduta in un’evidente contraddizione rispetto al disposto di cui all’art. 1061 comma 1° c.c. 7) Il terzo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo possono essere trattati congiuntamente, perché attingono le stesse rationes decidendi e sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
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