Cass. pen., sez. V, sentenza 14/03/2023, n. 10975

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 14/03/2023, n. 10975
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10975
Data del deposito : 14 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MARCU PETRUT BODGAN nato il 16/01/1986 avverso la sentenza del 15/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ENRICO VITTORIO S S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore P M che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso. udito il difensore L'avvocato D T si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l'accoglimento dello stesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 ottobre 2021, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Trapani che aveva ritenuto P B M colpevole del delitto di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen. consumati in danno di M A e di D A (colpendoli, entrambi - Donna volendo attingere M e quindi ex art. 82 cod. pen. - con una bottiglia di vetro infranta), riconosciuta la circostanza attenuante della provocazione giudicata equivalente alle aggravanti contestate, irrogando la pena indicata in dispositivo.

1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte distrettuale osservava quanto segue. Nel corso di una festa di compleanno alla quale avevano preso parte tutti i protagonisti dell'odierno processo (insieme ad altri cittadini rumeni, in un casolare di campagna) era scoppiata una lite all'esito della quale l'imputato aveva colpito, con una bottiglia di vetro infranta, prima M A e, poi, anche D A quando questa si era intromessa per difendere il congiunto. La ricostruzione dell'accaduto, offerta dalle convergenti dichiarazioni delle due persone offese, aveva trovato un adeguato riscontro nelle emergenze dei certificati medici in cui si erano attestate le imponenti lesioni riportate, nel dettaglio, nel capo d'imputazione (a M al capo, a Donna alla mano destra). A fronte di tale complessivo quadro ben poca rilevanza avevano le lievi lesioni che l'imputato si era fatto refertare il giorno successivo al fatto. Le discrasie evidenziate nel racconto delle persone offese si erano appuntate su particolari, dell'intera vicenda, del tutto secondari, come la presenza in loco della moglie dell'imputato (che non aveva rivestito un ruolo significativo nell'occorso). La lite era scoppiata perché M A aveva schernito l'imputato, offendendone il cugino disabile. A questa offesa, che aveva determinato il riconoscimento dell'attenuante della provocazione, l'imputato aveva risposto aggredendo M e colpendo Donna che si era intromessa. Così ricostruito l'accaduto, non era possibile riconoscere l'invocata causa di giustificazione della legittima difesa, avendo l'imputato reagito accettando una sfida, quando il pericolo non era più attuale e nonostante gli fosse consentito un commodus discessus. Circostanze queste - la mancata attualità del pericolo e la non inevitabilità della reazione - che impedivano anche di riconoscergli l'ipotesi di cui all'art. 55 cod. pen., l'eccesso colposo della medesima causa di giustificazione.

2. Propone ricorso l'imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa. La Corte d'appello aveva equivocato parlando di assoluta inevitabilità della reazione al pericolo, posto che, invece, tale condizione attiene solo alla diversa scriminante dello stato di necessità. La valutazione richiesta in ordine alla sussistenza della legittima difesa era quella, diversa, della "inevitabilità relativa" della reazione, una condizione che certo ricorreva nel caso concreto, dato che l'imputato si era trovato a fronteggiare un'aggressione, inaspettata, ad opera della persona offesa, quando poi era in condizioni di minorata difesa (perché in compagnia dei propri familiari la cui presenza gli impediva anche di allontanarsi dal luogo), in condizione fisica deteriore rispetto all'A (che era di complessione più robusta), ed aveva anche dovuto prendere le difese del cugino, portatore di grave disabilità, costretto a muoversi su una sedia a rotelle. Una complessiva situazione che doveva esser riconosciuta quantomeno ai sensi dell'art. 55 cod. pen.. Né potevano essere tacciate di genericità e di inattendibilità le dichiarazioni della moglie e del cugino dell'imputato, che avevano diversamente (rispetto alle persone offese) ricostruito la dinamica dell'accaduto (riferendo che l'imputato era stato aggredito, anche da altri familiari di M e D A, presenti alla festa), solo deducendolo dalle lievi lesioni patite dall'imputato.
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