Cass. pen., sez. III, sentenza 05/06/2024, n. 30653

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Sentenza
5 giugno 2024
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5 giugno 2024

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Massime1

Il delitto previsto dall'art. 173 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, confluito, in stretta continuità normativa, in quello di cui all'art. 518-novies cod. pen., non richiede l'accertamento dell'"interesse culturale" dei beni archeologici, né che questi siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo, nel caso in cui si sostanzi in violazioni attinenti alla loro alienazione, essendo sufficiente che la "culturalità" sia desumibile dalle caratteristiche degli stessi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 05/06/2024, n. 30653
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 30653
Data del deposito : 5 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

30653-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE Composta da -Presidente - Sent. n.1090 SE sez. Gastone Andreazza UP - 5/06/2024 Donatella Galterio R.G.N. 36788/2023 Stefano Corbetta SE Noviello Relatore - Fabio Zunica ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da RA SE nato il [...] a [...]; nel procedimento a carico del medesimo;
avverso la sentenza del 19/01/2023 della Corte di appello di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere SE Noviello;
letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. Ettore Pedicini che ha chiesto l'annullamento senza rinvio;
udite le conclusioni del difensore dell'imputato, avv.to Montagano Mario che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del 1 ottobre 2020 del tribunale di Foggia con cui RA SE era stato condannato in ordine al reato di cui all'art. 173 comma 1 lett. a) e b) del Digs. 42/04. 2. Avverso la sentenza suindicata RA SE, mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi di impugnazione. e 3. Con il primo, rappresenta la violazione dell'art. 173 del Digs. 42/04 siccome abrogato con L. del 9 marzo 2022 n. 22, oltre a vizi di motivazione atteso che i reperti archeologici in contestazione sarebbero gli stessi oggetto di un processo per ricettazione celebrato a carico del ricorrente e conclusosi nel 1996 con assoluzione del RA e restituzione al medesimo dei reperti stessi. A fronte di ciò la Corte non avrebbe risposto in ordine alla doglianza relativa al tema dell'obbligo di deposito presso la Soprintendenza della dichiarazione di possesso, già nella disponibilità della Soprintendenza dal 1994, e a quella relativa alla individuazione della data di eventuale cessione dei reperti archeologici in sequestro in funzione della individuazione, quale norma di riferimento, di quella contestata.

4. Con il secondo motivo deduce che la Corte non avrebbe risposto al rilievo difensivo per cui, in assenza del procedimento amministrativo di cui agli artt. 13, 14, 15, 16 del Digs. 42/04, i beni contestati avrebbero potuto assumere la qualificazione di beni culturali. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. La legge del 9 marzo 2022, n. 22 recante "Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale" ha introdotto tra gli altri il reato di cui all'art. 518-novies (Violazioni in materia di alienazione di beni culturali) ai sensi del quale: "E' punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da euro 2.000 a euro 80.000: 1) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena o immette sul mercato beni culturali;
2) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine di trenta giorni, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;
3) l'alienante di un bene culturale soggetto a prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della denuncia di trasferimento". Si tratta di disposizione in stretta continuità normativa con l'art. 173 del Dlgs. 42/04, ripercorrendone la medesima struttura e oggetto tutelato, atteso che quest'ultimo disponeva che: "È punito con la reclusione fino ad un anno e la multa da euro 1.549,50 a euro 77,469: a) chiunque, senza la prescritta autorizzazione, aliena i beni culturali indicati negli articoli 55 e 56; 2 b) chiunque, essendovi tenuto, non presenta, nel termine indicato all'articolo 59, comma 2, la denuncia degli atti di trasferimento della proprietà o della detenzione di beni culturali;
c) l'alienante di un bene culturale soggetto a diritto di prelazione che effettua la consegna della cosa in pendenza del termine previsto dall'articolo 61, comma 1." Nel caso in esame la condanna ha riguardato la omessa denunzia di atti di trasferimento nei termini di cui all'art. 59 comma 2 del Dgs. 42/04 e la omessa denuncia di alienazione di detti beni. Deve quindi preliminarmente escludersi la dedotta non punibilità sopravvenuta del ricorrente in ordine ai fatti ascrittigli e di cui in sentenza. In proposito, occorre ricordare, per completezza, che la riforma in oggetto si è limitata a riprodurre nel codice penale, in ossequio al principio della riserva di codice, con coevo inasprimento delle previsioni edittali, i delitti del patrimonio culturale già ospitati in seno al codice di settore - ove ora restano allocate le sole contravvenzioni - contestualmente abrogati all'art. 5, comma 2, lettera b), dalla stessa legge n. 22 del 2022. Limitatamente alle nuove sanzioni abbinate a questo gruppo di reati - ora codificati vale perciò il principio di irretroattività - della pena di cui agli artt. 25, secondo comma, Cost., 7 CEDU e 1 cod. pen., per il resto versandosi per lo più in ipotesi di abrogatio sine abolitione con conseguente continuità normativa del tipo di illecito, già punito secondo la legge previgente e che conserva rilevanza penale anche sotto la nuova disciplina codicistica (cfr. Sez.

3 - n. 36265 del 15/06/2023 Rv. 284907 – 01). Quanto alle restanti censure del primo motivo, la prima si fonda su una mera asserzione, priva di ogni necessaria allegazione, quale il già avvenuto deposito della dichiarazione di possesso da parte del ricorrente. La seconda non supera la corretta rilevazione per cui, a fronte di un obbligo persistente di denunzia di possesso e di denunzia di alienazione, trattandosi di omissioni permanenti (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 30062 del 16/05/2018 non massimata), la data di consumazione del reato è riconducibile alla data dell'accesso negativo degli operanti. -2. Anche il secondo motivo è inammissibile, atteso il principio valevole anche per la fattispecie in esame riguardante beni del privato -, per cui quando si tratti di beni quali i beni archeologici, non si richiede l'accertamento del cosiddetto interesse culturale nè che i medesimi siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo, essendo sufficiente che la "culturalità" sia desumibile dalle caratteristiche del bene. (Fattispecie relativa all'illecito impossessamento di due unguentari, riconosciuti di interesse archeologico) (cfr., seppur con riferimento al caso, comunque analogo a quello in esame, relativo all'art. 176 del Dlgs. 42/04, Sez. 3, n. 41070 del 07/07/2011 л 3 Ud. (dep. 11/11/2011) Rv. 251295 01). Per meglio illustrare le ragioni di tale impostazione occorre evidenziare come la legge n. 22 del 2022 abbia introdotto nel codice sostanziale gli artt. 518-bis e ssgg. od. pen. quale strumento attuativo della Convenzione del Consiglio d'Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali sottoscritta a Nicosia il 19 maggio 2017 (che ha sostituito la precedente Convenzione di Delfi mai entrata in vigore), avendo il nostro paese, già in seno al Consiglio d'Europa, assunto l'impegno ad emanare (e far rispettare, con pene "effettive, proporzionate e dissuasive") norme che attribuissero una gravità specifica ai reati commessi in danno dei beni culturali ed adottare una normativa "volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali", nel quadro dell'azione dell'organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata. Con la citata Convenzione, con l'art. 2 è stata

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