Cass. civ., sez. II, sentenza 27/09/2012, n. 16435
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
L'acquirente a titolo originario, ai sensi dell'art. 1153 cod. civ., di un'autovettura non ancora iscritta nei pubblici registri, può rivendicare il certificato di conformità del veicolo da chi lo possieda, essendo tale certificato non un bene, suscettibile di godimento e circolazione autonomi, e fornito di un proprio valore di scambio, quanto un accessorio inscindibilmente congiunto ed essenziale dell'autovettura, la quale, privatone, perde ogni sua utilità economica.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S O - Presidente -
Dott. N L - Consigliere -
Dott. M F - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 17631/2006 proposto da:
FORD ITALIA SPA (IN SEGUITO ANCHE FORD) IN PERSONA DEL SUO PROCURATORE GENERALE AVV. D'ACQUISTO FELICE, P.I. 00894451004, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNG.RE MICHELANGELO 9, presso lo studio dell'avvocato M M, che la rappresenta e difende;
- ricorrente -
contro
CATALUCCI AUTO SRL;
- intimata -
sul ricorso 24114/2006 proposto da:
CATALUCCI AUTO SRL P.I. 01008110585, IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPP.TE P.T. CATALUCCI CELSO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 395, presso lo studio dell'avvocato DE V R M, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato T L;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FALL EUROAUTO SALA DI FM SALA &C SNC IN PERSONA DEL CURATORE AVV. ESPOSITO CARMELA, FORD ITALIA SPA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 60/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/01/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/2012 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Catalucci Auto s.r.l., avendo acquistato un'autovettura Ford Fiesta dalla Euroauto Sala, di Fausto Maria Sala &C. s.n.c., la quale a sua volta l'aveva acquistata dalla Ford Italia s.p.a., conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, queste ultime due società per sentirle condannare alla consegna del certificato di conformità del veicolo, necessario per l'immatricolazione, oltre al risarcimento del danno.
Contumace la Euroauto Sala, resisteva in giudizio la Ford Italia, che proponeva domanda riconvenzionale intesa ad ottenere la condanna della società attrice alla restituzione dell'autovettura, in quanto venduta alla Eurosala con patto di riservato dominio, vendita cui non aveva fatto seguito il trasferimento della proprietà del veicolo non essendone stato pagato il prezzo.
Il Tribunale, rilevato che in un separato giudizio era stato revocato il decreto ingiuntivo emesso su domanda della Ford Italia nei confronti della società Catalucci per la restituzione dell'autovettura, accoglieva la domanda principale, salvo quella accessoria di risarcimento del danno, giudicata mancante di prova, e rigettava quella riconvenzionale.
Adita in via principale dalla Ford Italia e in via incidentale dalla Catalucci, in ordine alla domanda di risarcimento del danno, la Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 60/06 pubblicata il 5.1.2006 ed emessa anche nei confronti del Fallimento della Euroauto Sala, dichiarato successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado, rigettava l'appello principale, accoglieva quello incidentale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava la Ford Italia al risarcimento dei danni in favore della società attrice, danni che quantificava in Euro 6.765,58.
Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte capitolina, richiamando giurisprudenza di questa Corte Suprema, osservava che nel caso di vendite successive della medesima res, qualora uno degli alienanti non adempia l'obbligazione di consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta, il relativo danno si ripercuote sui trasferimenti successivi, sicché il contraente in buona fede ha diritto al risarcimento del danno ed è legittimato a pretenderlo nei confronti del primo alienante inadempiente, nonostante l'autonomia dei singoli negozi di vendita, sulla base dei rapporti obbligatori di garanzia che legano i vari contraenti, ovvero anche in via surrogatoria. Rilevava, quindi, che con precedente sentenza n. 1062/95 passata in giudicato ed emessa tra le medesime parti, lo stesso Tribunale di Roma, premesso che la vendita di autoveicoli prima
dell'immatricolazione è soggetta alla regola generale di cui all'art. 1153 c.c., mentre successivamente è applicabile l'art. 2683 c.c., aveva accertato che, nello specifico, la società Catalucci, la
cui buona fede doveva presumersi in difetto di prova contraria, non essendole opponibile il patto di riservato dominio, aveva acquistato la piena proprietà dell'autovettura con tutte le conseguenze di legge.
Pertanto, concludeva sul punto, l'inopponibilità alla Catalucci del patto di riservato dominio e l'acquisto in buona fede del bene erano circostanze ormai coperte dal giudicato, ed escludevano l'applicabilità, invocata dalla Ford Italia, dell'art. 1478 c.c.. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Ford Italia, formulando due motivi d'impugnazione, successivamente illustrati da memoria. Resiste con controricorso la Catalucci, che propone, altresì, impugnazione incidentale.
Il Fallimento della Euroauto Sala non ha svolto attività difensiva. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Preliminarmente va disposta la riunione, ex art. 335 c.p.c., dei due ricorsi, in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 2. - Col primo motivo d'impugnazione principale parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909, 1477 e 2043 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo.
Sostiene la Ford Italia che il richiamato giudicato esterno ha accertato che la Catalucci acquistò la proprietà del veicolo ai sensi dell'art. 1153 c.c., per cui, simmetricamente, la Ford Italia perse la proprietà del mezzo non in forza di un proprio atto di disposizione, ma in ragione dell'altrui acquisto a titolo originario. La sentenza impugnata, invece, pur riconoscendo tale giudicato, non pone i termini della questione nei suoi consequenziali termini, perché non si è domandata se l'originario proprietario, privato della proprietà del bene in quanto acquistato da un terzo ai sensi dell'art. 1153 c.c., abbia l'obbligo di far acquistare a quest'ultimo i documenti complementari al possesso del bene, necessari al suo pieno e completo godimento.
La risposta negativa, prosegue parte ricorrente, deriva dal fatto che gli artt. 1477 e 2900 c.c. (richiamati nella sentenza d'appello) presuppongono l'esistenza di un contratto di vendita e dell'obbligazione del venditore di procurare all'acquirente, e se del caso ai successivi terzi acquirenti, la documentazione inerente alla cosa, indispensabile all'esercizio del diritto ceduto. E poiché l'esistenza di un tale presupposto è esclusa dal giudicato esterno che ha accertato che la Catalucci ha acquistato il bene in base alla norma dell'art. 1153 c.c., l'art. 1477 c.c., risulta falsamente applicato ad una fattispecie di acquisto a titolo originario. 3. - Con il secondo motivo è dedotta la violazione falsa applicazione degli artt. 1478, 1523 e 1525 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Anche ritenendo - contrariamente all'anzi detto giudicato - che la soc. Catalucci abbia acquistato l'autovettura a titolo derivativo, la conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale è ad ogni modo errata, poiché la possibilità di agire anche in via surrogatoria nei confronti della Ford per la consegna della documentazione di conformità del veicolo, presuppone la vendita traslativa, e non quella meramente obbligatoria come la vendita di cosa altrui. La sentenza impugnata, prosegue parte ricorrente, incorre anche in un vizio di motivazione. Dedotto e provato che la Ford Italia aveva venduto il veicolo alla Euroauto con patto di riservato dominio, che quest'ultima non aveva pagato il prezzo alla venditrice, e che, dunque, la Catalucci (a voler prescindere dalle statuizioni contenute nella sentenza costituente giudicato esterno) era soltanto terzo acquirente di cosa altrui, la Corte territoriale avrebbe dovuto dimostrare su quali basi si fonda l'affermato diritto della Catalucci di pretendere dalla Ford, originaria e persistente proprietaria, la consegna diretta o in via surrogatoria della documentazione necessaria all'immatricolazione del veicolo.
4. - I due motivi sono infondati. Essi vanno esaminati congiuntamente per la comune quaestio iuris di riferimento.
4.1. - Per delimitare la quale, deve rilevarsi che sull'acquisto della proprietà dell'autovettura in favore della Catalucci Auto a titolo originario ex art. 1153 c.c., in virtù del giudicato (esterno) di cui alla sentenza n. 1062/95 del Tribunale di Roma, si è formato a sua volta il giudicato (interno) non essendo oggetto di censura la relativa statuizione (che, anzi, è alla base del primo mezzo).
Si tratta, dunque, di valutare se l'acquirente a titolo originario ex art. 1153 c.c., e dunque a non domino, di un'autovettura non ancora immatricolata, possa ripetere il certificato di conformità nei confronti del proprietario.
4.1.1. - Nel rispondere in senso affermativo, un precedente di questa Corte (n. 15810/02) ha ritenuto che i documenti di circolazione di un'autovettura, essendo preordinati a consentire l'utilizzazione ordinaria del bene, si pongono, rispetto a quest'ultimo, in rapporto di complementarietà funzionale, costituendone, per l'effetto, pertinenze che, ai sensi dell'art. 818 c.c., vengono ipsofacto acquistate dal proprietario della cosa principale. Soluzione, questa, condivisibile nel suo esito finale, ma meno nel richiamo al concetto di pertinenza, ostandovi due ordini di ragioni. In primis, la pertinenza ha per oggetto un bene individuale, che dunque per sua stessa definizione è separato e, soprattutto, separabile dalla res principalis allorché il proprietario di entrambi scinda il nesso di destinazione, ponendo in essere un atto o costituendo un rapporto riguardante la sola pertinenza (art. 818 c.c., comma 2). E sebbene l'ordinamento conosca casi di pertinenze
soggette ad un vincolo pubblicistico d'inscindibilità col bene principale (si pensi alla disciplina dei parcheggi previsti dalla L. n. 122 del 1989, art. 2: cfr. Cass. n. 21003/08), resta, insuperato,
il dato di partenza, ossia che la pertinenza è essa stessa un bene, che come tale è di per sè idoneo a soddisfare un dato, specifico ed autonomo interesse.
Inoltre, va ricordato, sebbene non direttamente applicabile alla fattispecie, proprio l'art. 1477 c.c., il quale nel distinguere tra accessori e pertinenze (e frutti), da un lato (comma 2), e titoli e documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa venduta, dall'altro (comma 3), conferma la differenza tra gli uni e gli altri, poiché l'obbligazione di consegna dei secondi, a differenza di quella dei primi, non è subordinata alla clausola di salvezza della diversa volontà delle parti. Se ne deve dedurre che la cessione con la cosa principale anche degli accessori e delle pertinenze è un effetto naturale della vendita, mentre il trasferimento dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa ne è un effetto essenziale.
Poiché negli acquisti a titolo (non derivativo, ma) originario non si da distinzione di effetti, per valutare se e quanto della ridetta norma possa utilizzarsi ai fini in esame si deve stabilire se l'essenzialità di tale circolazione congiunta con la res principalis dipenda dalla causa di scambio, nel qual caso l'interpretazione dell'art. 1477 c.c., non fornisce elementi di sorta nella soluzione del caso di specie, o se invece scaturisca dalla natura intrinseca dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso della cosa, e allora in nessun caso essa può venir meno, essendole indifferente la tipologia dell'acquisto.
4.2. - Nel pur incerto panorama dottrinale e giurisprudenziale sulla nozione di bene cui rimanda il criptico dettato dell'art. 810 c.c., si stagliano essenzialmente tre possibili concettualizzazioni, secondo cui il bene (1) è la res, suscettibile di appropriazione, che possa soddisfare un interesse tutelabile, ovvero (2) è la cosa materiale che possiede un valore di scambio, ovvero ancora (3) è ciò che è oggetto di interessi e bisogni che l'ordinamento considera meritevoli di protezione giuridica. Senza prendere partito sull'una piuttosto che sull'altra definizione, è ad ogni modo certo che non è configurabile come bene una res che non risponda ad alcuno dei predetti parametri.
4.3. - Ai sensi del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 76, comma 6, recante il nuovo codice della strada, per ciascun veicolo costruito conformemente al tipo omologato, il costruttore rilascia all'acquirente la dichiarazione di conformità. Tale dichiarazione, redatta sul modello approvato dal Ministero dei trasporti, attesta che il veicolo è conforme al tipo omologato, e di essa il costruttore assume la piena responsabilità ad ogni effetto di legge. Oltre a ciò, la dichiarazione di conformità sostituisce il certificato di origine del veicolo che sia stato omologato in uno Stato membro dell'Unione europea (art. 76, comma 2 D.Lgs. cit.). Uniformati e omologati i veicoli a determinate caratteristiche tecniche, scopo di tale dichiarazione è agevolare la libera circolazione dei veicoli stessi all'interno dell'Unione europea, secondo quanto previsto dalla Dir. 70/156/CEE, come modificata dalla Dir. 92/53/CEE (vigente all'epoca dei fatti di causa), la quale all'art. 6, comma 1, stabilisce che il certificato di conformità "accompagna ciascun veicolo, completo o incompleto, fabbricato in conformità del tipo di veicolo omologato". E, coerentemente a tale necessario accompagnamento, la dichiarazione di conformità è indispensabile per la stessa immatricolazione, poiché da essa si traggono i dati tecnici e fiscali del veicolo.
Dunque, la dichiarazione di conformità è necessaria alla circolazione sia giuridica, sia materiale del mezzo, e soddisfa il corrispondente interesse pubblico e privato a che essa avvenga legittimamente e in maniera conforme alla sicurezza dei terzi. 4.3.1. - Per contro, della dichiarazione di conformità non si può ipotizzare alcun diverso impiego lecito. La natura esclusivamente certificati va, e dunque probatoria, ne predica la spendibilità a favore del soggetto che, disponendo del veicolo, è il solo ad avervi interesse. Un'ipotetica negoziabilità autonoma della dichiarazione di conformità vanificherebbe la stessa vicenda acquisitiva a titolo originario ex art. 1153 c.c., del bene principale, atteso che un'autovettura priva di tale documento non può circolare e, quindi, non può essere ne' goduta, ne' ulteriormente trasferita. Infine, l'analisi economica dimostra che a fronte di un valore d'uso e di scambio pressoché nullo di un'autovettura non accompagnata dal relativo certificato di conformità, l'intero valore si concentrerebbe su quest'ultimo documento, con la conseguenza che il suo possessore potrebbe esercitare un potere di interdizione dell'uso del veicolo, potere che, se ammesso e tutelato dall'ordinamento, porrebbe sostanzialmente nel nulla l'acquisto a titolo originario del solo veicolo e determinerebbe un'evidente diseconomia della vicenda acquisitiva, perché un bene pur conforme alle prescrizioni tecniche richieste non potrebbe soddisfare l'interesse del soggetto che, nell'acquistarlo a non domino, gli ha attribuito un valore di scambio.
4.4. - Se ne deve dedurre che il certificato di conformità, isolatamente considerato, scisso, cioè, dal veicolo cui si riferisce, non soddisfa alcun interesse, non è suscettibile di godimento e circolazione autonomi, e non ha, nel senso che non gli può essere riconosciuto, un proprio valore di scambio, quest'ultimo essendo relativo al solo veicolo di cui la dichiarazione attesta le caratteristiche tecniche di rilievo comunitario. Il certificato di conformità, pertanto, non è esso stesso un bene, ma un accessorio essenziale del veicolo, che, privatone, perde ogni sua utilità economica. In ciò, e non in una causa commutativa, risiede la circolazione inscindibilmente congiunta del veicolo stesso e del certificato, sicché l'acquirente a titolo originario del primo può rivendicare il secondo nei confronti del possessore. Ed in tal senso va dunque corretta, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., u.c., la motivazione della sentenza impugnata.
5. - Con l'unico motivo di ricorso incidentale parte controricorrente deduce l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, avendo la Corte territoriale omesso di pronunciarsi in ordine alla condanna al risarcimento dei danni anche della Euroauto Sala, la cui responsabilità deve ritenersi almeno pari, se non addirittura superiore, a quella della Ford Italia. 5.1. - Riqualificato sub specie della violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione al vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n.