Cass. civ., sez. I, sentenza 22/06/2005, n. 13443

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L'art. 6 del d.l. 26 settembre 1978, n. 576, convertito nella legge 24 novembre 1978, n. 738 - che dispone che i rapporti di agenzia costituiti con l'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa sono risoluti di diritto alla data della pubblicazione del decreto con cui è promossa la procedura concorsuale e che l'indennità di fine rapporto è posta a carico della liquidazione - si riferisce alla sola indennità collegata con la risoluzione "ipso iure" del rapporto, conseguente alla procedura concorsuale, e non può comprendere quelle riconosciute dalla disciplina collettiva di cui all'Accordo Nazionale Agenti in tutte le ipotesi in cui le modalità di scioglimento della impresa lascino alla stessa una situazione di vantaggio conseguito per effetto dell'attività dell'agente, non individuabile in caso di scioglimento del rapporto per liquidazione coatta amministrativa della impresa preponente.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 22/06/2005, n. 13443
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 13443
Data del deposito : 22 giugno 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S A - Presidente -
Dott. P D - Consigliere -
Dott. D P S - Consigliere -
Dott. M L - rel. Consigliere -
Dott. R V - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Assiservice Center di M S s.a.s. già SAECA s.n.c. in persona del legale rapp.te M S, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Gracchi, 137, presso l'avv. M G che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine;



- ricorrente -


contro
AMBRA ASSICURAZIONI SPA in L.C.A. in persona del commissario liquidatore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, P.ZZA DELLA MARINA N. 1 presso l'avv. LONGO L F, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso unitamente all'avv. A M del Foro di Como.


- controricorrente -


avverso la sentenza dalla Corte d'appello di Milano n. 1793 del 28.06.2001. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/04/05 dal Relatore Cons. Dr. L M;

Udito l'avv. G M che ha chiesto accogliersi il ricorso. Udito l'avv. L.F. Longo che ne ha chiesto la reiezione. Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R R G che ha concluso per il rigetto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Presidente del Tribunale di Milano la s.n.c. SAECA di Mario Sandulli propose opposizione allo stato passivo della s.p.a. Ambra Assicurazioni in L.C.A. (società della quale era stata agente) lamentando che non gli era stato riconosciuto il credito di lire 141.858.749 a titolo di indennità i per lo scioglimento anticipato del rapporto agenziale ed ai sensi degli artt. 24-25-26-27 A.N.A. del 1961. La soc. Ambra in L.C.A. si oppose alla pretesa affermando che all'agente spettavano solo le indennità correlate alle provvigioni acquisite e quindi la sola indennità di cui all'art. 27 A.N.A. 1981. Il Tribunale, accogliendo la tesi della L.C.A., determinò il credito dell'opponente in lire 16.577.450.
La Corte di Milano con sentenza 29.6.2001 respinse l'appello della SAECA di Mario Sandulli, confermando l'impugnata sentenza ed affermando, dopo analitica disamina dei motivi di appello:
che, a norma dell'art. 6 D.L. 576/78 conv. in L. 738/78, il trasferimento del portafoglio dalla impresa posta in L.C.A. ad altra era una mera possibilità nel mentre era ope juris risolto il rapporto di agenzia con l'impresa in L.C.A. e disposto che l'indennità di risoluzione rimanesse a carico della liquidazione;

che, pertanto, nella specie il rapporto tra SAECA ed Ambra Ass.ni si era risolto con la pubblicazione in data 14.4.1993 - del decreto di ammissione della preponente alla L.CA;
che, applicandosi l'art. 1751 c.c. (per il richiamo contenuto nell'art. 1753 c.c.) nel testo
anteriore alla revisione di cui all'art. 4 d.leg. 303/91, all'agente spettava una indennità proporzionale alle provvigioni e quale prevista dall'Accordo Nazionale Agenti;
che, applicando l'A.N.A. del 1981, doveva rilevarsi che delle indennità previste dagli artt. da 25 a 33 spettavano all'agente solo quelle collegabili alla risoluzione ipso jure del rapporto e non quelle conseguenti allo scioglimento per volontà delle parti (come affermato da Cass. 3348/94 e 1592/96);
che, a diversamente concludere, non valeva
invocare l'art. 12 dell'A.N.A. del 1994 - secondo cui a criterio degli stipulanti le indennità tutte competevano anche in caso di scioglimento per L.C.A. - dato che la formula adottata costituiva dato di interpretazione rilevante solo per l'accordo del 1994 - non certo per quello del 1981, idoneo a disciplinare un rapporto cessato, come nella specie, il 19.4.1993. Per la cassazione di tale sentenza la - sas Assiservice Center di M S, succeduta alla Soc. SACCA, ha proposto ricorso in data 10.6.2002 con cinque motivi ai quali ha resistito la soc. Ambra Ass.ni in L.C.A. con controricorso del 18 7.2002. Entrambi i difensori hanno depositato memorie e discusso oralmente la causa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Ritiene il Collegio che il ricorso debba essere rigettato, nessuna delle cinque censure sulle quali si fonda meritando condivisione. Con il primo motivo viene denunziata falsa applicazione degli artt. 1751 e 1753 cod.civ. ed errata interpretazione dell'Accordo Nazionale del 1961, posto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, la disciplina collettiva degli agenti di assicurazione deve prevalere su quella legale, meramente suppletiva, e detta disciplina collettiva - alla stregua delle disposizioni applicabili rottone temporis (l'art. 24 A.N.A. 1981) - non faceva distinzioni tra l'una e l'altra indennità, rinviando unitariamente ed in blocco alle tre componenti di - cui agli artt. 25-26-27 (monte premi - incassi - provvigioni). Di contro la Corte di Milano avrebbe operato una indebita commistione tra criterio contrattuale e criterio legale, assicurando all'agente, nella specie, e con risultati di totale iniquità, solo una piccola quota dell'indennità spettante. La complessa censura prescinde del tutto dalla considerazione della particolarità della ragione di cessazione del rapporto agenziale inter partes, determinata, nella specie, dalla pubblicazione in data 14.4.1993 del decreto di L.C.A. della preponente soc. Ambra Assicurazioni e dalla conseguente esigenza di rinvenire la disciplina applicabile alle indennità spettanti nel coordinamento tra la norma fonte - della risoluzione di diritto del rapporto (l'art. 6 del D.L. 576/78 - conv. in L. 738/78) e la regolamentazione collettiva della
indennità di fine rapporto che la prima pone a carico della liquidazione.
Questa Corte, al proposito, se pur con riguardo alla disciplina - collettiva ANA del 1975, ha avuto modo di chiarire (Cass. 1592/96, cui adde Cass. 3348/94 e 3221/93), che dalla norma di cui all'art. 6 discende come premessa che l'indennità che rimane a carico della liquidazione coatta non può che essere quella collegata alla risoluzione ipso iure del rapporto ed ha conseguentemente precisato che l'indagine sulla portata delle clausole collettive afferenti detta indennità - nell'ambito di quelle correlate a monte premi - incassi - provvigioni - deve obbedire a canoni rispettosi dei principi (artt. 1362-1363 cc): deve, in particolare, tenere conto del fatto che nel mentre l'indennità richiamata dall'art. 1751 cc. (nel testo anteriore alla modifica di cui al d.leg. 303/91) è quella correlata alle provvigioni ed assimilabile al T.F.R. riservato ai lavoratori subordinati, le ulteriori indennità - quelle correlate al monte premi ed agli incassi - costituiscono corrispettivo di un valore di avviamento apportato dall'agente alla preponente. Afferma in particolare la sentenza 1592/96 che le relative clausole dell'A.N.A. intendono riconoscete dette indennità in tutte le ipotesi in cui le modalità di scioglimento lascino alla preponente una situazione di vantaggio conseguito mercè l'attività dell'agente, situazione di vantaggio non individuabile nell'ipotesi di scioglimento del rapporto per liquidazione coatta detta preponente.
Appare quindi evidente che la limitazione dello spettante alla sola indennità di cui all'art. 27 dell'A.N.A. 1981 non è frutto di indebita commistione di criteri eterogenei e configgenti ma è il risultato, da un canto, della dovuta riconduzione della cessazione alla causa di risoluzione ope legis indotta dalla liquidazione coatta della preponente e, dall'altro canto, della lettura razionale e sistematica delle clausole contrattuali al fine di individuare tra esse quella o quelle che, sole, potessero regolare la fattispecie sottoposta.
E poiché l'interpretazione delle norme data dalla Corte di merito è esatta e poiché la lettura delle clausole contrattuali non è stata contestata con riguardo a specifici parametri ermeneutici negletti o disapplicati ma è stata soltanto genericamente contrastata per la iniquità dei suoi risultati, ne discende la piena resistenza della decisione impugnata al vaglio delle esposte doglianze. Denunzia la ricorrente, con il facondo motivo, la violazione degli artt. 78 L.F., 1753 c.c., 12 e 24 A.N.A. 1981 in relazione all'art. 1362 c.c., per avere la sentenza ignorato che il - contratto di
agenzia non si scioglie di diritto neanche con il fallimento della preponente ma che ciò avviene, come per il mandato in rem propriam, solo su iniziativa della preponente. Il motivo è del tutto inconsistente, posto che fa richiamo a norme estranee alla materia o si sofferma sulla regolamentazione collettiva degli effetti dello scioglimento ma non si avvede della norma imperativa di cui al citato art. 6 del D.L. 578/78 che dispone lo scioglimento automatico per effetto della pubblicazione del decreto di L.C.A..
Che, poi, come dedotto dalla ricorrente, un pronunziato della Corte di Roma abbia dato risalto alla "imputabilità" alla impresa delle ragioni della messa in liquidazione, riservando la ipotesi di erogazione della indennità ridotta al solo caso di gestione regolare da parte della preponente, e che questa Corte abbia con la sentenza 4310/99 rigettato il ricorso avverso tal statuizione proposto, è dato nella specie ininfluente, posto che con la cennata sentenza del 1999 questa Corte si è limitata a prendere atte della congrua motivazione data dal Giudice del merito alla ridetta interpretazione estensiva della clausola contrattuale e della assenza di pertinenti censure proposte dalla impresa in L.C.A. Del tutto fuor di segno è la doglianza di cui al terzo motivo che denunzia violazione degli artt. 1362 e segg. c.c., per avere la Corte di merito sottovalutato la portata della nota a verbale all'art. 12 dell'A.N.A. 1994, con la quale i patiscenti confermavano che le indennità tutte (artt. da 26 a 33) sarebbero spettate all'agente anche nel caso di scioglimento per L.C.A., posto che, ferma l'inapplicabilità diretta delle nuove clausole, Espressione "confermano" doveva ritenersi segnale di una ammissione della preesistenza del diritto. La censura è mera proposta interpretativa che prescinde del tutto dalla necessaria analisi critica della statuizione che la Corte di merito - a pag. 9 della sentenza - ha formulato sulla questione, là dove ha sottolineato da un canto l'insufficienza della sola voce "confermano" a sostenere la tesi dell'appellante e, dall'altro canto, la direzione del chiarimento alle sole trattative per la stesura dell'A.N.A. 1994. Ditalché, chiara e logica essendo la interpretazione data e del tutto assente la doverosa specifica contestazione di essa da parte del ricorrente, ne discende l'inammissibilità del motivo. Con il quarto motivo viene invocata violazione degli arti 1753 e 2119 c.c. e vizio di motivazione sull'assunto che la norma codicistica - escludente la configurazione della giusta causa del licenziamento nel fallimento o nella L.C.A. della impresa - sia applicabile anche al rapporto di agenzia. La invocazione è inesatta, posto -che all'agente di assicurazione che intrattenga rapporto con Impresa posta in L.C.A. non si applica affatto, e tampoco in via analogica, la norma de qua a disciplinare la cessazione ma, come dianzi ricordato (e come esattamente ricordato dalla sentenza impugnata), il disposto degli artt. 6 D.L. 576/76 e 1751-1753 c.c. Con il quinto motivo, infine, la ricorrente rivela la ragione della ritenuta inapplicabilità del più volte richiamato art. 6 del D.L. 576/78, là dove afferma che detta risoluzione di diritto sarebbe operativa soltanto ove il rapporto sciolto avesse successivo nuovo inizio con l'impresa cessionaria del portafoglio aziendale ipotesi questa non avveratasi con la L.C.A. della Ambra Assicurazioni). La proposta di una lettura combinata del primo comma e dei commi successivi dell'art. 6 appare del tutto irriceviblle, la dove appare palese (e, come affermato dalla sent. 1592/96, coerente con il sistema di cui agli artt. 78 e 201 L.F.) che la risoluzione sia effetto automatico discendente dalla L.C.A., che la indennità di risoluzione resti a carico della liquidazione, che con la impresa cessionaria si instauri un "nuovo rapporto di agenzia", che tal nuovo rapporto sia disciplinato dalle pregresse clausole con salvezza delle regole introdotte dall'A.N.A.. E di qui la inconsistenza di alcuna possibilità di regolare - con applicazione estensiva delle clausole A.N.A. - le indennità spettanti all'agente cessato ope legis, e correlate alle sole provvigioni incassate, alla luce di ipotesi di nuovo rapporto instaurato con la cessionaria e regolata dalla sintesi tra vecchie clausole individuali e regolamentazione collettiva. Dalla reiezione del ricorso discende la condanna della soccombente alla refusione delle spese in favore della controricorrente L.C.A.

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