Cass. pen., sez. VI, sentenza 08/03/2018, n. 10597

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 08/03/2018, n. 10597
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10597
Data del deposito : 8 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto dal Rappresentante del Governo federale di Australia nel procedimento di estradizione nei confronti di E P J, nato in Gran Bretagna il 28/08/1953 avverso la sentenza del 26/07/2017 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P C, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
uditi i difensori, avv. G B e avv. L T, che hanno concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.

RITENUTO IN FATTO

1. Il rappresentante del Governo federale dell'Australia ricorre per l'annullamento della sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano ha dichiarato non sussistenti le condizioni per la estradizione di P J E, richiesta dal suddetto Stato. Il predetto era stato chiesto in estradizione per il suo perseguimento penale per i reati di truffa ai danni del Commonwealth e di riciclaggio. In particolare, dalla documentazione allegata alla domanda estradizionale, era emerso che l'estradando, con altri soggetti, aveva creato una struttura offshore, di cui era amministratore, finalizzata alla distrazione di redditi di clienti (tra li quali in particolare la società australiana PDC), attraverso una società appositamente creata per la falsa fatturazione e fondi fiduciari in Svizzera. Secondo la Corte di appello, in ordine ai suddetti fatti — tutti commessi tra il 2001 e il giugno 2005 e qualificabili come reati di frode, evasione fiscale e autoriciclaggio, nonché come associazione a delinquere finalizzata alla commissione di detti reati — difettavano le condizioni previste dagli artt. 2 e 4 del Trattato bilaterale di estradizione tra Italia e Australia del 26 agosto 1985: era da ritenersi infatti decorso il termine prescrizionale previsto dall'ordinamento italiano, non potendosi considerare il più lungo termine per le fattispecie di cui agli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen., versandosi in ipotesi di autoriciclaggio, reato introdotto in Italia in epoca successiva alla sua commissione.

2. Il ricorrente deduce i motivi di annullamento di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. cod. proc. pen.: — violazione di legge in relazione agli artt. 484 e 491 cod. proc. pen., in quanto la Parte richiedente, che ha facoltà di intervento nella procedura giurisdizionale con decadenza fino al termine degli atti preliminari al dibattimento di primo grado previsti dall'art. 484 cod. proc. pen., non è stato posta in condizione di partecipare al procedimento, non avendo ricevuto alcuna informazione (ovvero la notifica della requisitoria del Procuratore generale ex art. 703, comma 5, cod. proc. pen. e dell'avviso dell'udienza davanti alla Corte di appello ex art. 704 cod. proc. pen.) con conseguente nullità assoluta di cui all'art. 179 cod. proc. pen.;
— vizio di motivazione e violazione di legge in ordine all'art. 2 del Trattato bilaterale, in ordine al metodo usato dalla Corte di appello per stabilire la condizione della doppia incriminabilità;
— violazione di legge in relazione agli artt. 2 e 213 del Trattato bilaterale, in ordine alla modalità di calcolo del termine prescrizionale e della valutazione della doppia incriminabilità in ordine al reato di riciclaggio. Il ricorrente ha depositato il 25 gennaio 2018 una memoria ex art. 127 cod. proc. pen., con la quale ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso.I difensori dell'estradando hanno depositato il 23 gennaio 2018 in vista dell'udienza camerale una memoria, che hanno illustrato anche nella discussione orale, in cui deducono l'inammissibilità del ricorso, per la tardività dell'intervento dello Stato richiedente e per la genericità dei motivi, e comunque la infondatezza delle censure.
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