Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/07/2003, n. 11192

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 17/07/2003, n. 11192
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 11192
Data del deposito : 17 luglio 2003
Fonte ufficiale :

Testo completo

I A S D S , A O 3 0 T L 1 3 , L 5 . A O T S . B R E I N P A ' D S L I 3 L A 7 N E - T G S D 8 - O I O

REPUBBLICA ITALIANA

1 S P A 1 N D M E I E E S , A G IN NOME DEL POPOLO ITALIANO I O D G A R E E T T O S L I T N A CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE G T E I A E S Oggetto R L R E I L D E SEZIONI UNITE CIVILI D O Composta d li Dott. Gius ope IA IRU FRTO f.f.- R.G. N. 5846/02 Cron. 25063 Dott. G O Presidente di sezione Dott. E R Consigliere Rep. - Consigliere- Ud. 22/05/03 Dott. E L Consigliere

SABATINI

Dott. F Dott. G NNO Consigliere Dott. Fabrizio

MIANI CANEVARI

Consigliere - Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI

EVANGELISTA

Rel. Consigliere 7003 Dott. S ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: C M R, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

16, presso lo studio dell'avvocato M C, rappresentato e difeso dall'avvocato P A, giusta delega a margine del ricorso; ricorrente contro 2003 INGRILLI DONATA, COMUNE DI MIRTO; 530 intimati -1- avverso la sentenza n. 21/01 della Corte d'Appello di MESSINA, depositata il 24/01/01; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/05/03 dal Consigliere Dott. S EVANGELISTA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A M che ha concluso per il rigetto del ricorso, giurisdizione dell'a.g.a.. -2- Svolgimento del processo Con citazione del 24 luglio 1997, Maria Rita Cangemi, premesso che era dipendente del Comune di Mirto con qualifica di segretaria economa da adibire a servizi di assistenza scolastica>>, mentre, con deliberazione del 4 marzo 1986, l'amministrazione le aveva assegnato anche la cura del servizio di economato, imponendole, così, per oltre dieci anni mansioni e responsabilità che non le competevano e procurandole, per conseguenza, rilevanti danni alla salute, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Patti lo stesso Comune ed il sindaco Donata Ingrillì e ne chiedeva la condanna in solido al risarcimento di tali danni. Il Comune si costituiva ed eccepiva il difetto di giurisdizione dell'A.G.O, sul rilievo che la domanda faceva valere situazioni giuridiche nascenti dal rapporto di impiego pubblico. L'eccezione era accolta dal Tribunale e la relativa statuizione era confermata dalla Corte d'appello di Messina con sentenza depositata in cancelleria il 24 gennaio 2001. Il giudice del gravame osservava, in particolare, che il rapporto di pubblico impiego intrattenuto dall'appellante con il Comune costituiva, rispetto alla domanda giudiziale, non una semplice occasione, ma il presupposto indispensabile dell'invocata responsabilità dell'amministrazione, dovendosi configurare la lamentata lesione del diritto alla salute come una conseguenza dell'inadempimento dell'obbligo gravante sul datore di lavoro di assegnare il lavoratore a mansioni corrispondenti alla qualifica attribuitagli e, quindi, come riferibile causalmente ad una responsabilità contrattuale. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la Sig.ra Cangemi, svolgendo un'unica, complessa censura, poi illustrata con memoria. Gli intimati non si sono costituiti Motivi della decisione Est. Evangelista 3 La ricorrente ribadisce il suo assunto in ordine alla sussistenza della giurisdizione ordinaria sulla presente controversia ed osserva che la natura extracontrattuale dell'azione proposta si desume chiaramente dall'essere la medesima fondata sull'allegazione di un illecito, costituito dal fatto che l'Amministrazione Comunale, pur a conoscenza>>
del grave patimento psichico>>
prodotto dallo svolgimento delle mansioni in contestazione, ne aveva con ingiusta protervia>> preteso lo svolgimento, minacciando in difetto sanzioni disciplinari>>. L'assunto è manifestamente infondato. In primo luogo la Corte rileva che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle controversie in materia di pubblico impiego non trova deroga nei casi in cui la violazione della disciplina del rapporto venga dedotta a fini di pretese risarcitorie, sicché sia il rapporto medesimo a funzionare da momento genetico diretto ed immediato dei diritti che si assumono disconosciuti o lesi dall'ente pubblico, in pregiudizio del dipendente (Cass., sez. un., 27 febbraio 2002, n. 2882;
Id., 11 luglio 2000, n. 471;
Id., 27 agosto 1998, n. 8501;
Id., 27 ottobre 1995, n. 11171 ecc.). Peraltro, aspetti peculiari presenta il tema dell'azione promossa da un dipendente nei confronti dell'ente pubblico suo datore di lavoro per il risarcimento del danno derivante dalla lesione dell'integrità fisica. Le Sezioni unite hanno da tempo elaborato il principio per cui deve essere accertata la natura giuridica dell'azione di responsabilità che in concreto è stata proposta, in quanto, se è stata fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - trattandosi di controversia avente per oggetto una questione relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998: v. l'art. 69, settimo comma, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 - mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la Est. Evangelista 4 giurisdizione appartiene al giudice ordinario (Cass. Sez. Un. 28 luglio 1998 n. 7394 e Cass. Sez. Un. 4 novembre 1996 n. 9522). Ben vero, è stato aggiunto che, ai fini del suddetto accertamento, deve tenersi conto, da un lato, del rilievo autonomo e prioritario della tutela del diritto assoluto alla vita ed all'integrità fisica e, dall'altro lato, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell'azione né la semplice prospettazione dell'inosservanza dell'art. 2087 Cod. civ., né la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorché il richiamo all'uno od alle sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell'elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilità dell'illecito (cfr. tra le moltissime, Cass., SS.UU., 14 dicembre 1999, n 900, 28 luglio 1998, n. 7394;
4 novembre 1996, n. 9522;
19 giugno 1996, n. 5626;
2 agosto 1995, n. 8459: 10 novembre 1979, n. 5781). Ma si è, nondimeno, sempre precisato (sia da parte della giurisprudenza appena citata, sia da quella successiva, la quale continua fare eccezione per i casi di non equivoca scelta del danneggiato per l'azione di responsabilità contrattuale: v. Cass. sez. un. 27 giugno 2002, n. 9341;
Id. 21 dicembre 2000, n. 1324;
Id., 11 luglio 2000, n. 471) che una siffatta irrilevanza del richiamo dipende da tratti propri dell'elemento materiale dell'illecito, ossia da una condotta dell'amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente così nei confronti della generalità dei cittadini, come nei confronti dei propri dipendenti, essendo in tal caso palese che il rapporto di lavoro non eccede i limiti della mera occasione di un evento dannoso, il quale può ugualmente interessare soggetti estranei al rapporto stesso. Viceversa, quante volte la condotta dell'amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi idoneità ad incidere nella sfera giuridica di soggetti ad essa Est. Evangelista 5 non legati dal rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l'ingiustizia del danno non è altrimenti configurabile che come conseguenza della violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge. Tale è il caso in cui il danno consegua a comportamenti che l'Amministrazione datrice di lavoro pretenda di riferire all'esercizio del potere di supremazia gerarchica nei confronti del lavoratore subordinato (impartendogli ordini, disposizioni e direttive ovvero assegnandogli compiti e posizioni nell'ambito della propria struttura organizzativa), mentre quest'ultimo ne contesti la legittimità per contrasto con la specifica disciplina del rapporto di impiego. Ed in questo contesto, come è ormai evidente, si inserisce anche la presente vicenda litigiosa, assumendosi dalla ricorrente che il danno lamentato fu prodotto dall'esercizio di mansioni al cui svolgimento essa non era tenuta, secondo le regole del rapporto, e che le fu, invece, imposto dal Comune sotto minaccia di sanzioni disciplinari, ossia in forza dei suddetti poteri direttivi e gerarchici. A questi principi è del tutto conforme la sentenza impugnata, le cui statuizioni devono, pertanto, trovare integrale conferma. Del tutto inconferente è l'assunto della ricorrente in ordine alla necessità – alla - quale il giudice d'appello avrebbe, a suo avviso, dovuto adeguarsi, una volta ritenuta l'attinenza della controversia ad un rapporto di lavoro di disporre il passaggio dal rito ordinario a quello speciale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 426 e 439 cod. proc. civ.: infatti proprio il riscontro di quest'attinenza fondava il difetto di giurisdizione, sicché la relativa declaratoria era l'unico provvedimento ormai consentito, trattandosi del rilievo di un assoluto impedimento alla continuazione della trattazione della causa. Est. Evangelista Va, da ultimo, precisato, a completamento dell'iniziale accenno, che la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non è contestabile, relativamente alla presente controversia, con riguardo alla vicenda normativa inerente alla contrattualizzazione dell'impiego pubblico ed al conseguente trasferimento delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria. L'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche>>), nel trasferire alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di impiego pubblico, non opera in modo indiscriminato ed immediato, ma esclude dal trasferimento quelle che, sebbene introdotte successivamente all'entrata in vigore del detto d. lgs. n. 80 del 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al periodo del rapporto di impiego pubblico anteriore al 30 giugno 1998, come espressamente stabilito dall'art. indicata dall'art. 45, comma 17, dello stesso d. lgs. n. 80 del 1998 (ed oggi dall'art. 69, settimo comma, del citato d.lgs. n. 165 del 2001). Le Sezioni unite della S.C., interpretando questa disposizione, hanno rilevato (Cass., sez. un., 20 novembre 1999, n. 808;
Id., 5 febbraio 1999, n. 35;
Id., 26 agosto 1998, n. 8451;
Id., 30 dicembre 1998, n. 12908;
Id. 27 gennaio 1999, n. 4) che essa, facendo menzione di di questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998>>
ovvero anteriore a tale data>>, utilizza una locuzione volutamente generica e atecnica, sicché risulta inadeguata un'opzione ermeneutica che colleghi rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia determinato l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti Est. Evangelista 7 di tale atto o, infine, il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa l'accento va posto sul dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata -, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia>>. Nel caso in esame, attesa la data dell'atto introduttivo del giudizio (24 luglio 1997) e l'inequivoco riferimento del medesimo a comportamenti dell'Amministrazione convenuta compiuti fra il 1986 ed il 1996, in questi ultimi devono, secondo l'esposta nozione, ravvisarsi i fatti materiali cui attengono le questioni controverse, con conseguente operatività della norma transitoria di proroga della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. A tanto non è d'ostacolo la circostanza che l'esaminata norma di diritto transitorio ponga una sanzione di decadenza con riguardo alle controversie conservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma non introdotte prima della data del 15 settembre 2000: invero, per effetto di consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite, è diritto vivente quello che prevede essere stata fissata la data ora indicata, non quale limite alla persistenza (relativamente alle questioni caratterizzate dagli esposti requisiti temporali) della giurisdizione suddetta, ma quale termine di decadenza per la proponibilità della domanda giudiziale, con conseguente attinenza di ogni questione sul punto ai limiti interni della giurisdizione, senza che rilevi la diversa formula usata dall'art. 69, settimo comma, del citato d. lgs. n. 165 del 2001 (... qualora siano state proposte>>
...), rispetto a quella già presente nell'art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80 del 1998 (…..e debbono essere proposte>>…..), trattandosi di una differenza semantica giustificata non da una nuova ratio della disciplina sopravvenuta, bensì soltanto dall'essere stata superata, al momento dell'emanazione del provvedimento normativo più recente, la data presa in considerazione (v., ex multis, Est. Evangelista 8 Cass., sez. un., 4 luglio 2002, n. 9690;
Id., 17 giugno 2002, n. 8700;
Id., 4 giugno 2002, n. 8089). Il delineato regime della giurisdizione manifestamente non pone dubbi di : incostituzionalità. Le Sezioni unite hanno già avuto modo di rilevare (ord. 27 febbraio 2002, n. 2953) che la discrezionalità del legislatore delegato circa l'individuazione dei tempi e delle modalità di sottrazione al giudice amministrativo delle controversie in materia di pubblico impiego è stata esercitata in piena coerenza con la delega di cui alle leggi n. 421 del 1992 (che non impone alcun rigido ed assoluto principio di contestualità>> fra tale trasferimento e la privatizzazione dei rapporti in questione) e n. 59 del 1997, il cui art. 11, comma quarto, non si è limitato ad indicare nel 30 giugno 1998 la data entro la quale le dette controversie dovevano essere attribuite al giudice ordinario, ma ha previsto l'adozione di misure organizzative e processuali anche di carattere generale, atte prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso>>, fra le quali ben possono annoverarsi quelle relative alla conservazione della giurisdizione amministrativa per le controversie su questioni comunque attinenti al periodo anteriore alla predetta data. In questo contesto, come si chiarisce il sostanziale rispetto dei principi della delega (art. 76 Cost), così si giustifica l'affermazione dell'intrinseca ragionevolezza (art. 3 Cost.) della scelta compiuta dal legislatore delegato, poiché essa, in quanto destinata ad operare, in punto di giurisdizione, solo su questioni attinenti a periodi più recenti, risponde a concrete esigenze di attenuazione del rischio di eccessivo incremento del numero delle controversie destinate a riversarsi sul nuovo giudice e perciò anche al generale principio di buon andamento delle funzioni pubbliche, ivi compresa quella giurisdizionale (art. 97 Cost). Est. Evangelista Va, inoltre, rilevato che la determinazione di un preciso discrimine temporale fra quanto definitivamente conservato alla giurisdizione amministrativa, sia pure sotto comminatoria di decadenza, e quanto trasferito alla giurisdizione ordinaria certamente non arreca vulnus allo stesso principio di uguaglianza, sub specie della formale partità di trattamento, né a quelli di cui agli artt. 24 e 113 Cost., in quanto, come emerge da constante giurisprudenza della Corte costituzionale (v., ex multis, sentt. nn. 500 del 1995;
238 del 1984;
55 del 1983;
113 del 1977), allorché venga in rilievo la variazione nel tempo delle forme della tutela processuale, da un lato è da riconoscersi che la successione delle leggi, purché risponda come nel caso di specie a criteri di ragionevolezza, non può mai porsi come fonte di illegittime discriminazioni, costituendo di per sé il fluire del tempo un fattore di disomogeneità delle situazioni poste a confronto;
e, dall'altro lato, che la garanzia di azione in giudizio per ottenere protezione dei propri diritti o interessi non richiede necessariamente l'uniformità degli strumenti a tal fine apprestati dal legislatore. D'altra parte ed infine, una volta escluso che le esaminate norme di previsione suscitino dubbi di illegittimità nella parte in cui disciplinano direttamente il riparto di giurisdizione fra giudice amministrativo ed ordinario, diviene irrilevante, per difetto della necessaria pregiudizialità, ogni dubbio di incostituzionalità in ordine alle medesime, nella parte in cui attengono ai limiti interni della giurisdizione, poiché le relative questioni si caratterizzerebbero per la presenza di tale ineludibile requisito solo a condizione della loro proposizione davanti al giudice dotato della giurisdizione. In difetto di costituzione degli intimati, non v'è luogo a regolamento della distribuzione dell'onere delle spese processuali.

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