Cass. pen., sez. II, sentenza 10/04/2020, n. 11959
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: CARLUCCINI ALFONSO nato a SAN FELICE A CANCELLO il 23/06/1983 GABIANO TELECOMUNICAZIONI SRL avverso la sentenza del 14/06/2018 della Corte d'appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
sentita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale A P V, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste in accoglimento del ricorso di C A;
per il rigetto del ricorso della parte civile;
Udito l'Avv. S V, nell'interesse della parte civile Gabiano Comunicazioni s.r.I., che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso, depositando conclusioni scritte e nota spese, e rigettarsi il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato;
Udito l'Avv. M S, nell'interesse dell'imputato C A, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Torino con sentenza in data 14 giugno 2018 ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino, in data 30 giugno 2017, nei confronti di C A, assolvendo l'imputato dal delitto di cui all'art. 635 quater cod. pen. e affermandone la responsabilità in ordine al delitto di cui all'art. 646 cod. pen. (solo per una parte dei beni indicati nell'originaria imputazione), con conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia, con revoca delle precedenti statuizioni civili che venivano sostituite con la condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e con la concessione di una provvisionale, in riferimento alla riconosciuta responsabilità per il solo delitto di appropriazione indebita.
2. La vicenda oggetto del processo riguardava le condotte poste in essere dall'imputato, già dipendente della società Gabiano s.r.l.;
dopo essersi dimesso da quella società veniva assunto da una nuova compagine societaria, di recente costituzione, operante nello stesso settore;
prima di presentare le dimissioni l'imputato aveva restituito il notebook aziendale, a lui affidato nel corso del rapporto di lavoro, con l'hard disk formattato, senza traccia dei dati informatici originariamente presenti, così provocando il malfunzionamento del sistema informatico aziendale e impossessandosi dei dati originariamente esistenti, che in parte venivano ritrovati nella disponibilità dell'imputato su computer da lui utilizzati.
3.1. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge, in riferimento all'art. 646 cod. pen., per aver ritenuto in modo erroneo che i dati informatici siano suscettibili di appropriazione indebita, non potendo essi essere qualificati come cose mobili.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, per mancanza e manifesta illogicità, quanto alla prova dell'esistenza dei dati informatici, oggetto di appropriazione, sul computer aziendale in dotazione all'imputato;
la sentenza aveva fatto riferimento non a elementi di prova acquisiti al processo, ma a mere ipotesi e illazioni non supportate da alcun riferimento oggettivo.
4.1. Ha proposto ricorso la difesa della parte civile, deducendo con il primo motivo vizio di motivazione, per mancanza e contraddittorietà, in relazione alla pronuncia di assoluzione dell'imputato dal delitto di cui all'art. 635 quater cod. pen.;
la sentenza non aveva tenuto conto del dato, risultante dall'istruttoria, riguardante la cancellazione di numerosi messaggi di posta elettronica aziendale, che avevano reso impossibile il loro recupero compromettendo il funzionamento del sistema, così come dell'interruzione della procedura di back up, conseguente alla cancellazione di quei dati;
la sentenza non aveva osservato l'obbligo di motivazione rafforzata, necessario per il ribaltamento della sentenza di condanna pronunciata in primo grado.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge, in riferimento all'art. 646 cod. pen., per aver escluso la sentenza la responsabilità dell'imputato, in relazione all'appropriazione indebita del data base esistente sul computer aziendale, affermando che non fosse stata raggiunta la prova della memorizzazione del data base sul computer aziendale e che non fosse stata richiesta formalmente la restituzione di quello specifico insieme di dati informatici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse dell'imputato è infondato. La questione che la Corte è chiamata ad affrontare concerne la possibilità di qualificare i dati informatici, in particolare singoli files, come cose mobili, ai sensi delle disposizioni della legge penale e, specificamente, in relazione alla possibilità di costituire oggetto di condotte di appropriazione indebita.
1.2.1. Su questo tema la giurisprudenza di legittimità ha già avuto occasione di pronunciarsi, pur se non con specifico riguardo all'ipotesi del delitto di appropriazione indebita di dati informatici.
1.2.2. Con alcune pronunce è stato escluso che i files possano formare oggetto del reato di cui all'art. 624 cod. pen., osservando che, rispetto alla condotta tipica della sottrazione, la particolare natura dei documenti informatici rappresenta un ostacolo logico alla realizzazione dell'elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice, ad esempio nel caso di semplice copiatura non autorizzata di "files" contenuti in un supporto informatico altrui, poiché in tale ipotesi non si realizza la perdita del possesso della res da parte del legittimo detentore (Sez. 4, n. 44840 del 26/10/2010, Petrosino, Rv. 249067;
Sez. 4, n. 3449 del 13/11/2003, dep. 2004, Grimoldi, Rv. 229785). Analogamente, con riguardo al delitto di appropriazione indebita, si è più volte affermato che oggetto materiale della condotta di appropriazione non può essere un bene immateriale (Sez. 2, n. 33839 del 12/07/2011, Simone, Rv. 251179, relativa all'ipotesi dell'agente assicurativo che non versi alla società di assicurazioni, per conto della quale operi, la somma di denaro corrispondente ai premi assicurativi riscossi dai subagenti ma a lui non versati, trattandosi di crediti di cui si abbia disponibilità per conto d'altri), salvo che la condotta abbia ad oggetto i documenti che rappresentino i beni immateriali (Sez. 5, n. 47105 del 30/09/2014, Capuzzimati, Rv. 261917, che ha ravvisato il delitto nella stampa dei dati bancari di una società - in sé bene immateriale - in quanto trasfusi ed incorporati attraverso la stampa del contenuto del sito di home banking in documenti;
Sez. 2, n. 20647 del 11/05/2010, C, Rv. 247270, relativa all'appropriazione di disegni e progetti industriali coperti da segreto, riprodotti su documenti di cui l'imputato si era indebitamente appropriato;
identico principio è stato affermato in relazione al delitto di ricettazione di supporti contenenti dati informatici: Sez. 2, n. 21596 del 18/02/2016, Tronchetti Provera, Rv. 267162), 1.2.3. Solo di recente è stata affermata la possibilità che oggetto della condotta di furto possono essere anche i files (Sez. 5, n. 32383 del 19/02/2015, Castagna, Rv. 264349, relativa ad una fattispecie concernente la condotta di un avvocato che, dopo aver comunicato la propria volontà di recedere da uno studio associato, si era impossessato di alcuni "files", cancellandoli dal "server" dello studio, oltre che di alcuni fascicoli processuali in ordine ai quali aveva ricevuto in via esclusiva dai clienti il mandato difensivo, al fine di impedire agli altri colleghi dello studio un effettivo controllo sulle reciproche spettanze), senza peraltro alcuno specifico approfondimento della questione.
1.3. Gli argomenti che legano tra loro le prime pronunce ricordate, espressive di un orientamento sufficientemente uniforme, traggono spunto in primo luogo, quanto alla specificità del delitto di appropriazione indebita, dal tenore testuale della norma incriminatrice che individua l' oggetto materiale della condotta nel "denaro od altra cosa mobile";
si richiamano alla nozione di "cosa mobile" nella materia penale, nozione caratterizzata dalla necessità che la cosa sia suscettibile di «fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione, e che a sua volta possa spostarsi da un luogo ad un altro o perché ha l'attitudine a muoversi da sé oppure perché può essere trasportata da un luogo ad un altro o, ancorché non mobile ab origine, resa tale da attività di mobilizzazione ad opera dello stesso autore del fatto, mediante sua avulsione od enucleazione» (Sez. 2, n. 20647 del 11/05/2010, C, cit.);
ne fanno conseguire l'esclusione delle entità immateriali - le opere dell'ingegno, le idee, le informazioni in senso lato - dal novero delle cose mobili suscettibili di appropriazione, considerata anche l'unica espressa disposizione normativa che equipara alle cose mobili le energie (previsione contenuta nell'art. 624, comma 2, cod. pen.) 1.4. La Corte non ignora l'esistenza di ragioni di ordine testuale, sistematico e di rispetto dei principi fondamentali di stretta legalità e tassatività delle norme incriminatrici, che potrebbero contrastare la possibilità di qualificare i files come beni suscettibili di rappresentare l'oggetto materiale dei reati contro il patrimonio. Occorre, però, approfondire la valutazione considerando la struttura del file, inteso quale insieme di dati numerici tra loro collegati che non solo nella rappresentazione (grafica, visiva, sonora) assumono carattere, evidentemente, materiale;
va, altresì, presa in esame la trasferibilità dei files tra dispositivi che li contengono, oltre che nell'ambiente informatico rappresentato dalla rete Internet;
allo stesso tempo, occorre interpretare talune categorie giuridiche che, coniate in epoche in cui erano del tutto sconosciute le attuali tecnologie informatiche, devono necessariamente esser nuovamente considerate, al fine di render effettiva la tutela cui mirano le disposizioni incriminatrici dei delitti contro il patrimonio.
1.5.1. Nel sistema del codice penale
sentita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale A P V, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste in accoglimento del ricorso di C A;
per il rigetto del ricorso della parte civile;
Udito l'Avv. S V, nell'interesse della parte civile Gabiano Comunicazioni s.r.I., che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso, depositando conclusioni scritte e nota spese, e rigettarsi il ricorso proposto nell'interesse dell'imputato;
Udito l'Avv. M S, nell'interesse dell'imputato C A, che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Torino con sentenza in data 14 giugno 2018 ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino, in data 30 giugno 2017, nei confronti di C A, assolvendo l'imputato dal delitto di cui all'art. 635 quater cod. pen. e affermandone la responsabilità in ordine al delitto di cui all'art. 646 cod. pen. (solo per una parte dei beni indicati nell'originaria imputazione), con conseguente condanna alla pena ritenuta di giustizia, con revoca delle precedenti statuizioni civili che venivano sostituite con la condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e con la concessione di una provvisionale, in riferimento alla riconosciuta responsabilità per il solo delitto di appropriazione indebita.
2. La vicenda oggetto del processo riguardava le condotte poste in essere dall'imputato, già dipendente della società Gabiano s.r.l.;
dopo essersi dimesso da quella società veniva assunto da una nuova compagine societaria, di recente costituzione, operante nello stesso settore;
prima di presentare le dimissioni l'imputato aveva restituito il notebook aziendale, a lui affidato nel corso del rapporto di lavoro, con l'hard disk formattato, senza traccia dei dati informatici originariamente presenti, così provocando il malfunzionamento del sistema informatico aziendale e impossessandosi dei dati originariamente esistenti, che in parte venivano ritrovati nella disponibilità dell'imputato su computer da lui utilizzati.
3.1. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato deducendo, con il primo motivo di ricorso, violazione di legge, in riferimento all'art. 646 cod. pen., per aver ritenuto in modo erroneo che i dati informatici siano suscettibili di appropriazione indebita, non potendo essi essere qualificati come cose mobili.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata, per mancanza e manifesta illogicità, quanto alla prova dell'esistenza dei dati informatici, oggetto di appropriazione, sul computer aziendale in dotazione all'imputato;
la sentenza aveva fatto riferimento non a elementi di prova acquisiti al processo, ma a mere ipotesi e illazioni non supportate da alcun riferimento oggettivo.
4.1. Ha proposto ricorso la difesa della parte civile, deducendo con il primo motivo vizio di motivazione, per mancanza e contraddittorietà, in relazione alla pronuncia di assoluzione dell'imputato dal delitto di cui all'art. 635 quater cod. pen.;
la sentenza non aveva tenuto conto del dato, risultante dall'istruttoria, riguardante la cancellazione di numerosi messaggi di posta elettronica aziendale, che avevano reso impossibile il loro recupero compromettendo il funzionamento del sistema, così come dell'interruzione della procedura di back up, conseguente alla cancellazione di quei dati;
la sentenza non aveva osservato l'obbligo di motivazione rafforzata, necessario per il ribaltamento della sentenza di condanna pronunciata in primo grado.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge, in riferimento all'art. 646 cod. pen., per aver escluso la sentenza la responsabilità dell'imputato, in relazione all'appropriazione indebita del data base esistente sul computer aziendale, affermando che non fosse stata raggiunta la prova della memorizzazione del data base sul computer aziendale e che non fosse stata richiesta formalmente la restituzione di quello specifico insieme di dati informatici.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Il primo motivo del ricorso proposto nell'interesse dell'imputato è infondato. La questione che la Corte è chiamata ad affrontare concerne la possibilità di qualificare i dati informatici, in particolare singoli files, come cose mobili, ai sensi delle disposizioni della legge penale e, specificamente, in relazione alla possibilità di costituire oggetto di condotte di appropriazione indebita.
1.2.1. Su questo tema la giurisprudenza di legittimità ha già avuto occasione di pronunciarsi, pur se non con specifico riguardo all'ipotesi del delitto di appropriazione indebita di dati informatici.
1.2.2. Con alcune pronunce è stato escluso che i files possano formare oggetto del reato di cui all'art. 624 cod. pen., osservando che, rispetto alla condotta tipica della sottrazione, la particolare natura dei documenti informatici rappresenta un ostacolo logico alla realizzazione dell'elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice, ad esempio nel caso di semplice copiatura non autorizzata di "files" contenuti in un supporto informatico altrui, poiché in tale ipotesi non si realizza la perdita del possesso della res da parte del legittimo detentore (Sez. 4, n. 44840 del 26/10/2010, Petrosino, Rv. 249067;
Sez. 4, n. 3449 del 13/11/2003, dep. 2004, Grimoldi, Rv. 229785). Analogamente, con riguardo al delitto di appropriazione indebita, si è più volte affermato che oggetto materiale della condotta di appropriazione non può essere un bene immateriale (Sez. 2, n. 33839 del 12/07/2011, Simone, Rv. 251179, relativa all'ipotesi dell'agente assicurativo che non versi alla società di assicurazioni, per conto della quale operi, la somma di denaro corrispondente ai premi assicurativi riscossi dai subagenti ma a lui non versati, trattandosi di crediti di cui si abbia disponibilità per conto d'altri), salvo che la condotta abbia ad oggetto i documenti che rappresentino i beni immateriali (Sez. 5, n. 47105 del 30/09/2014, Capuzzimati, Rv. 261917, che ha ravvisato il delitto nella stampa dei dati bancari di una società - in sé bene immateriale - in quanto trasfusi ed incorporati attraverso la stampa del contenuto del sito di home banking in documenti;
Sez. 2, n. 20647 del 11/05/2010, C, Rv. 247270, relativa all'appropriazione di disegni e progetti industriali coperti da segreto, riprodotti su documenti di cui l'imputato si era indebitamente appropriato;
identico principio è stato affermato in relazione al delitto di ricettazione di supporti contenenti dati informatici: Sez. 2, n. 21596 del 18/02/2016, Tronchetti Provera, Rv. 267162), 1.2.3. Solo di recente è stata affermata la possibilità che oggetto della condotta di furto possono essere anche i files (Sez. 5, n. 32383 del 19/02/2015, Castagna, Rv. 264349, relativa ad una fattispecie concernente la condotta di un avvocato che, dopo aver comunicato la propria volontà di recedere da uno studio associato, si era impossessato di alcuni "files", cancellandoli dal "server" dello studio, oltre che di alcuni fascicoli processuali in ordine ai quali aveva ricevuto in via esclusiva dai clienti il mandato difensivo, al fine di impedire agli altri colleghi dello studio un effettivo controllo sulle reciproche spettanze), senza peraltro alcuno specifico approfondimento della questione.
1.3. Gli argomenti che legano tra loro le prime pronunce ricordate, espressive di un orientamento sufficientemente uniforme, traggono spunto in primo luogo, quanto alla specificità del delitto di appropriazione indebita, dal tenore testuale della norma incriminatrice che individua l' oggetto materiale della condotta nel "denaro od altra cosa mobile";
si richiamano alla nozione di "cosa mobile" nella materia penale, nozione caratterizzata dalla necessità che la cosa sia suscettibile di «fisica detenzione, sottrazione, impossessamento od appropriazione, e che a sua volta possa spostarsi da un luogo ad un altro o perché ha l'attitudine a muoversi da sé oppure perché può essere trasportata da un luogo ad un altro o, ancorché non mobile ab origine, resa tale da attività di mobilizzazione ad opera dello stesso autore del fatto, mediante sua avulsione od enucleazione» (Sez. 2, n. 20647 del 11/05/2010, C, cit.);
ne fanno conseguire l'esclusione delle entità immateriali - le opere dell'ingegno, le idee, le informazioni in senso lato - dal novero delle cose mobili suscettibili di appropriazione, considerata anche l'unica espressa disposizione normativa che equipara alle cose mobili le energie (previsione contenuta nell'art. 624, comma 2, cod. pen.) 1.4. La Corte non ignora l'esistenza di ragioni di ordine testuale, sistematico e di rispetto dei principi fondamentali di stretta legalità e tassatività delle norme incriminatrici, che potrebbero contrastare la possibilità di qualificare i files come beni suscettibili di rappresentare l'oggetto materiale dei reati contro il patrimonio. Occorre, però, approfondire la valutazione considerando la struttura del file, inteso quale insieme di dati numerici tra loro collegati che non solo nella rappresentazione (grafica, visiva, sonora) assumono carattere, evidentemente, materiale;
va, altresì, presa in esame la trasferibilità dei files tra dispositivi che li contengono, oltre che nell'ambiente informatico rappresentato dalla rete Internet;
allo stesso tempo, occorre interpretare talune categorie giuridiche che, coniate in epoche in cui erano del tutto sconosciute le attuali tecnologie informatiche, devono necessariamente esser nuovamente considerate, al fine di render effettiva la tutela cui mirano le disposizioni incriminatrici dei delitti contro il patrimonio.
1.5.1. Nel sistema del codice penale
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