Cass. civ., sez. I, sentenza 22/03/2005, n. 6187

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In tema di capitalizzazione degli interessi, il rapporto di conto corrente bancario è soggetto ai principi generali di cui all'art. 1283 cod. civ. e ad esso non è applicabile l'art. 1831 cod. civ., che disciplina la chiusura del conto corrente ordinario. Il contratto di conto corrente bancario è, infatti, diverso per struttura e funzione dal contratto di conto corrente ordinario, e l'art. 1857 cod. civ. non richiama l'art. 1831 cod.civ. tra le norme applicabili alle operazioni bancarie regolate in conto corrente.

Nei contratti bancari la determinazione dei tassi di interesse mediante il rinvio agli accordi interbancari è da considerarsi sufficiente solo ove esistano vincolanti discipline del saggio fissate su scala nazionale con accordi di cartello e non già ove tali accordi contengano diverse tipologie di tassi o, addirittura, non costituiscano più un parametro centralizzato e vincolante, essendo, in quest'ultimo caso, necessario accertare in concreto il grado di univocità della fonte richiamata, per stabilire a quale previsione le parti abbiano potuto effettivamente riferirsi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. I, sentenza 22/03/2005, n. 6187
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6187
Data del deposito : 22 marzo 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C A - Presidente -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. F F M - rel. Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. G F A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A. già Banca Cattolica s.p.a., in persona del Dirigente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ARCHIMEDE 145, presso l'avvocato S A, rappresentata e difesa dall'avvocato E C, giusta mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro
T M V, P G, elettivamente domiciliati in ROMA VIA L. MANTEGAZZA 24, presso l'avvocato G L, rappresentati e difesi dall'avvocato R G, giusta procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrenti -

e sul 2^ ricorso n. 24165/03 proposto da:
T M, elettivamente domiciliato in ROMA VIA L MANTEGAZZA 24, presso l'avvocato L G, rappresentato e difeso dall'avvocato R G, giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
BANCA CATTOLICA S.P.A. ora Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA ARCHIMEDE 145, presso l'avvocato ANTONIO STANIZZI, rappresentata e difesa dall'avvocato E C, giusta mandato in calce al controricorso;

- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 614/02 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 16/07/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2005 dal Consigliere Dott. Francesco Maria FIORETTI;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato CAPOBIANCO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale;

udito, per il resistente, l'Avvocato GARGANO che ha chiesto l'accoglimento del ricorso incidentale ed il rigetto del ricorso principale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MACCARONE Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del primo aprile 1996 il Presidente del Tribunale di Treni, su ricorso della Banca Cattolica s.p.a., che assumeva di essere creditrice della somma di lire 148.845.247 a titolo di saldo del conto corrente di corrispondenza, acceso da T M Vito, garantito dalla fideiussione prestata da P G, ingiungeva ai predetti coniugi Tisbo-Persia il pagamento della somma summenzionata con i relativi interessi moratori al tasso convenzionale del 15,50%.
Con atto di citazione, notificato il 15.5.1996, detti coniugi proponevano opposizione avverso tale provvedimento monitorio, eccependo, tra l'altro, l'erroneo addebito di somme per competenze ed interessi, l'eccessività del tasso di interesse applicato, l'illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi e l'inesistenza del prospettato riconoscimento del debito. Con sentenza del 12-30 dicembre 1998 l'adito Tribunale di Trani, ritenuta la nullità della clausola di rinvio agli interessi usualmente praticati su piazza per la determinazione del relativo tasso convenzionale, l'inesistenza della prospettata ricognizione di debito da parte dei convenuti e la inidoneità della prova documentale offerta dalla banca per pervenire comunque alla determinazione del preteso credito attraverso CTU, accoglieva la proposta opposizione e revocava il decreto ingiuntivo opposto.
Avverso detta sentenza la Banca Cattolica s.p.a., con atto di citazione notificato il 17.1.2000, proponeva appello dinanzi alla Corte d'Appello di Bari, che con sentenza 31-5-2002/16.7.2002 respingeva l'impugnazione. A sostegno di tale decisione la corte di merito osservava che il consulente tecnico di ufficio - al quale era stato affidato il compito di accertare se e in quale misura sussistesse il credito vantato dalla banca appellante - aveva accertato che al 28 marzo 1996 (data di chiusura del conto) e a far tempo nel calcolo dal 1984 (stante l'addotta impossibilità della banca di reperire la necessaria documentazione contabile per il periodo anteriore a decorrere dal 3.11.1982, epoca di inizio del rapporto), anziché un credito della banca, sussisteva un credito degli appellati di L. 88.561.963, pari ad attuali euro 45.738,44;

che non ricorreva la eccepita nullità della c.t.u. per aver escluso l'attualizzazione trimestrale delle competenze, sia perché al c.t.u. era stato affidato l'incarico di accertare l'eventuale credito della banca calcolando a tal fine l'interesse legale semplice, sia perché comunque il c.t.u. non avrebbe potuto tener conto della invocata capitalizzazione, trattandosi di una clausola nulla;
che neppure poteva invocarsi la nullità della c.t.u. per non avere il consulente tecnico tenuto conto del riconoscimento da parte degli appellanti del loro debito, non potendo attribuirsi alcun effetto ad una ricognizione di un fatto nullo;
che, infine, neppure poteva invocarsi la nullità della c.t.u. per non avere il consulente d'ufficio adottato il criterio determinativo degli interessi secondo le previsioni di cui alla legge n. 154/92 sulla trasparenza bancaria ed ai decreti legislativi nn. 333 e 342 del 1999, trattandosi di interventi legislativi non estensibili a rapporti sorti, come quello in questione, in epoca anteriore;
che in presenza di una pattuizione nulla sugli interessi non poteva che trovare applicazione il tasso legale al momento ili vigore ex art. 1284, co. 2, cod. civ.;
che rettamente il tribunale aveva dichiarato la nullità della clausola relativa alla determinazione del tasso convenzionale degli interessi con riferimento a quello praticato dagli istituti bancari sulla piazza, anche se in presenza di accordi di cartello interbancari, atteso che anche il recepimento della determinazione degli interessi su piazza secondo detti accordi non consente di individuare con certezza e preventivamente la tipologia degli interessi a cui le parti hanno fatto concreto riferimento all'atto della stipulazione del contratto di conto corrente, lasciando la banca del tutto arbitra, seppure nell'ambito degli accordi di cartello, di determinare unilateralmente e discrezionalmente il tasso degli interessi da applicare;

che non valeva a sanare detta nullità il fatto che al correntista erano stati inviati regolarmente i rendiconti periodici senza che fossero mosse agli stessi contestazioni, avendo il silenzio del correntista il solo effetto di precludergli la possibilità di muovere successive contestazioni sulla regolarità contabile delle singole operazioni;

che, però, alla banca non poteva essere addossata la responsabilità ex art. 96 c.p.c., invocata dagli appellati, non solo perché trattavasi di domanda riferita ad un comportamento già tenuto dalla banca nella precedete fase di giudizio, avanzata per la prima volta in sede di gravame e, quindi, inammissibile, ma soprattutto perché, dato il dibattito tutt'ora in corso sulle questioni oggetto del presente giudizio, non appariva possibile ravvisare nel comportamento tenuto dall'appellante a difesa delle sue ragioni gli estremi di cui alla norma summenzionata.
Avverso detta sentenza la Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., incorporante la Banca Cattolica s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, cui T M a P G ha resistito con controricorso. A sua volta anche il Tisbo ha proposto ricorso, con atto notificato successivamente a quello della banca, sulla base di due motivi, cui la banca ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la banca summenzionata denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1284, 1346 e 1362, n. 2 c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.). Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine al tasso convenzionale degli interessi applicato al rapporto e in ordine al rilievo a tale riguardo dell'atto di riconoscimento del debito sottoscritto dal debitore e della mancata contestazione degli estratti conto e delle comunicazioni della banca (art. 360, c. 5, c.p.c.). Con tale motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta nullità della clausola di rinvio agli accordi interbancari per la determinazione del tasso degli interessi applicabile.
Deduce preliminarmente la ricorrente che l'art. 7, comma 3, delle condizioni generali del contratto, sottoscritto dal Tisbo il 3 novembre 1982, recita: "Gli interessi dovuti dal correntista all'Azienda di credito, salvo patto diverso, si intendono determinati alle condizioni praticate usualmente su piazza, e producono a loro volta interessi nella stessa misura";

che il "patto diverso" cui fa riferimento detta clausola sarebbe contenuto nel frontespizio del contratto stesso, ove sarebbe contenuta, con patto aggiunto sul modulo (art. 1342, comma 1, c.c.), l'esplicita previsione del tasso non già alle condizioni praticate usualmente su piazza, bensì all'"accordo interbancario";

che il successivo art. 16 delle condizioni generali recito:
"l'Azienda di credito si riserva la facoltà di modificare in qualsiasi momento le norme e le condizioni tutte che regolano i rapporti di conto corrente mediante lettera semplice all'ultimo indirizzo indicato dal correntista oppure mediante avviso affisso esposto nei locali dell'azienda......";

che, pertanto, la banca avrebbe applicato, in base a dette clausole, pattuite per iscritto secondo la regola di cui all'art. 1284, comma 3, c.c., il tasso derivante dagli accordi interbancari (che sono
contenuti in documenti scritti certi, conoscibili e di agevole riscontro sì da rendere pienamente ammissibile, per la determinazione del tasso, il riferimento nel contratto agli stessi) via via succedutisi nel tempo dalla data di apertura del conto e non il tasso determinato sulla base degli usi di piazza, cui la corte avrebbe fatto un larvato riferimento;
che il contratto in questione contiene la clausola che consente alla banca di variare unilateralmente le condizioni applicate al rapporto;

che continuare a discutere di tassi oggettivi (come farebbe in sostanza la corte d'appello con

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