Cass. pen., sez. VI, sentenza 19/09/2024, n. 39560

CASS
Sentenza
19 settembre 2024
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19 settembre 2024

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In tema di estradizione verso l'estero, il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti non può essere desunto dal mero coinvolgimento dello Stato richiedente in un conflitto armato, a condizione che siano fornite idonee garanzie in ordine al fatto che la detenzione non avverrà in territori direttamente interessati dalle attività belliche e che, in ogni caso, siano offerte tutele adeguate per l'incolumità del soggetto richiesto nel caso di estensione del conflitto. (Fattispecie relativa a estradizione richiesta dalla Repubblica Ucraina, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d'appello per nuova valutazione delle rassicurazioni fornite dallo Stato istante e per l'acquisizione di eventuali informazioni integrative).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 19/09/2024, n. 39560
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 39560
Data del deposito : 19 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

39560-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da 1438 Pierluigi Di Stefano - Presidente - Sent.n.sez. /24 Angelo Costanzo -CC 19/9/2024 Emilia Anna Giordano R.G.N.22688/2024 Maria Sabina Vigna Paolo Di Geronimo - Relatore - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento nel procedimento a carico di JE AR AN, nato in [...] il [...] avverso la sentenza del 29/5/2024 emessa dalla Corte di appello di Trento visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratore generale Perla Lori, che ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di appello di Trento dichiarava l'insussistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di estradizione formulata dall'autorità giudiziaria ucraina nei confronti di JE AR AN, sottoposto a procedimento penale per violazioni in materia di stupefacente. Il rigetto della richiesta di estradizione veniva motivato in relazione alle insufficienti condizioni detentive esistenti in Ucraina, non solo per carenze preesistenti, ma soprattutto a seguito degli eventi bellici in atto. A supporto si richiamava l'informativa fornita dalla Missione permanente nella Repubblica di Ucraina presso il Consiglio d'Europa, del 19 aprile 2022, con la quale si dava atto dell'impossibilità di garantire il pieno rispetto dei diritti tutelati dalla CEDU. Si dava atto, inoltre, che a seguito del conflitto in corso era stata proclamata la legge marziale, tutt'ora in vigore, con conseguenti rilevanti deroghe rispetto alle ordinarie garanzie procedurali essendo, in particolare, consentita l'adozione di provvedimenti restrittivi senza un preventivo provvedimento giurisdizionale, nonché in relazione alla durata della custodia cautelare. Sottolinea la Corte come non possa neppure operarsi una distinzione a seconda del luogo in cui l'estradando è destinato ad essere detenuto, posto che l'evoluzione del conflitto non consente di individuare aree del territorio ucraino sicuramente non soggette a rischi di coinvolgimento nell'attività bellica.

2. Ha proposto ricorso il pubblico ministero formulando un unico motivo di ricorso articolato in quattro punti. Il ricorrente deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta esclusione delle garanzie fondamentali per effetto dell'applicazione della legge marziale e delle difficoltà determinate dal conflitto in atto. In particolare, il ricorrente sostiene che la comunicazione inviata al Consiglio d'Europa, relativamente alla deroga rispetto agli obblighi convenzionali, non attiene ai diritti fondamentali, tra i quali rientra anche il divieto della tortura. Peraltro, l'effettiva estensione della deroga è stata specificata nell'allegato alla richiesta di estradizione, nella quale si rappresenta che l'incapacità di garantire la piena attuazione delle previsioni della CEDU, nonché le limitazioni all'equo processo e al diritto di difesa, attengono ai soli territori occupati dall'esercito russo, sicchè sul restante territorio ucraino permarrebbero tutte le preesistenti garanzie. Peraltro, anche la lettura che è stata data dell'art. 615 del codice di procedura penale ucraino non è corretta, posto che tale disposizione, anche in relazione alle zone sottoposte alla legge marziale, prevede l'adozione delle misure cautelari 2 personali da parte della sola autorità giurisdizionale. Nel caso concreto, peraltro, risulta che il mandato di arresto nei confronti del consegnando è stato emesso da un giudice istruttore ucraino. La decisione impugnata non avrebbe neppure valutato le rassicurazioni fornite dall'autorità ucraina in merito al fatto che il consegnando sarebbe stato condotto in un istituto di detenzione collocato nella parte occidentale del territorio e, quindi, nella zona più lontana da quella coinvolta nel conflitto Afferma il ricorrente che la Corte di appello avrebbe immotivatamente escluso qualsivoglia rilevanza alle rassicurazioni relative al rispetto dei diritti - fondamentali e

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