Cass. pen., sez. VII, ordinanza 14/01/2021, n. 01358

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VII, ordinanza 14/01/2021, n. 01358
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01358
Data del deposito : 14 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sui ricorsi proposti da: ACCETTA NATALE nato a PALERMO il 04/11/1985 CORRAO SALVATORE nato a PALERMO il 02/07/1972 avverso la sentenza del 28/03/2019 della CORTE APPELLO di PALERMOdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere R C;
Fatto e diritto Con sentenza del 28/03/2019 la Corte d'Appello di Palermo, ini riforma della sentenza di primo grado, con cui N A e S C erano stati condannati a pena di giustizia per il reato di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 2 e 7, 99, corna 4, cod. pen., in Campofiorito il 10/07/2017, concessa la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6, cod. pen., riduceva la pena nei confronti degli imputati. Nell'interesse degli imputati è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4 cod. pen., alla mancata esclusione della recidiva ed alla determinazione della pena. Il ricorso è inammissibile, per assenza di specificità, in quanto fondato su censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all'inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473;
Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv. 230634;
Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596). Nel caso di specie, con motivazione immune da censure logiche, la Corte di merito ha escluso la sussistenza dell'invocata causa di non punibilità in considerazione dei limiti edittali di pena e, soprattutto, dei precedenti specifici degli imputati, rivelatori di una condotta abituale;
del tutto generica appare la deduzione circa l'irrisoria quantità di gasolio contenuta all'interno del compattatore, non avendo la difesa spiegato da quale elemento processuale abbia tratto detta convinzione;
quanto alla contestata recidiva, la sentenza impugnata, alla luce dei precedenti specifici degli imputati, ha ritenuto la condotta in esame manifestazione di una maggiore pericolosità sociale dei predetti. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di Ì mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 - 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che - nel caso di specie - non ricorre. Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596). Alla inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in eur63.000,00.
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