Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/06/2013, n. 15872
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 3
Nella fase che precede la dichiarazione di fallimento, il diritto di difesa dell'imprenditore insolvente va esercitato nei limiti compatibili con le regole del procedimento, che ha carattere sommario e camerale, sicché egli deve essere informato dell'iniziativa assunta nei suoi confronti e degli elementi su cui la stessa è fondata, in modo da poter svolgere compiutamente, eventualmente anche con l'assistenza di difensori, la propria difesa, rivelandosi, così, affatto irrilevante che quest'ultima sia svolta davanti al giudice relatore, anziché innanzi al collegio. (Fattispecie anteriore all'entrata in vigore del d.lgs. 9 gennaio 2006, n.5).
La competenza territoriale per la dichiarazione di fallimento spetta al tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa, che si identifica con quello in cui vengono individuate e decise le scelte strategiche cui dare seguito, e coincide, di regola, con la sede legale, salvo che non emergano prove univoche tali da smentire la presunzione suddetta. (In applicazione di tale principio la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto inidonei al superamento della menzionata presunzione, perché non univocamente deponenti in tal senso, il luogo di stipulazione di accordi sindacali o quello in cui erano dislocati alcuni uffici).
È inopponibile al creditore che abbia chiesto il fallimento di una società la deliberazione di trasferimento all'estero della sede di quest'ultima, iscritta nel registro delle imprese successivamente alla proposizione di detta istanza, con conseguente sua insensibilità rispetto al corso della procedura alla stregua dell'art. 5 cod. proc. civ. e sussistenza della giurisdizione italiana.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Primo Presidente f.f. -
Dott. R R - Presidente Sez. -
Dott. S A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P C - rel. Consigliere -
Dott. C M M - Consigliere -
Dott. M G - Consigliere -
Dott. V B - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Itam International di N F &C. Ltd. in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via Cattaro 28, presso l'avv. COSENTINO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Fallimento Itam International s.a.s. di N F &C. in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma, via P. Frisi 18, presso l'avv. BOTTAI LUIGI AMERIGO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
contro
Hyosung Deutschland GMBH, Banca Cred. Coop. Di Cernusco sul Naviglio, Filippone Nerina;
- intimati -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma n. 4176/11 del 10.10.2011;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14.5.2013 dal Rel. Cons. C Pcininni;
Udito l'avv. Petrini su delega per il fallimento;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del secondo motivo ed il rinvio per il resto alla sezione semplice.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 9.11.2005 il Tribunale di Roma dichiarava il fallimento della ITAM International s.a.s. di N F &C, nonché di Filippone Nerina in proprio.
A seguito della proposta opposizione il Tribunale di Roma emetteva una prima sentenza, con la quale rigettava le eccezioni preliminari degli opponenti concernenti il difetto di giurisdizione, il difetto di competenza territoriale e la violazione della L. Fall., art. 15, (sotto il profilo dell'intervenuta audizione della debitrice davanti al giudice delegato, anziché davanti al Collegio), cui poi faceva seguito una successiva decisione di merito, confermativa della sussistenza dell'insolvenza e quindi della precedente dichiarazione di fallimento.
Entrambe le decisioni venivano impugnate davanti alla Corte di Appello che, riuniti i procedimenti, confermava i provvedimenti del primo giudice.
In particolare la Corte territoriale per la parte di interesse rilevava: che correttamente era stata affermata la giurisdizione del giudice nazionale, essendo stato effettuato il trasferimento all'estero della società poi dichiarata fallita, quando già era emersa la situazione di insolvenza, dato da cui doveva desumersi il "carattere fittizio e strumentale del trasferimento";che analogamente doveva dirsi con riferimento alla competenza territoriale del giudice adito, essendo in Roma sia la sede statutaria che il luogo di residenza "della socia accomandataria, cui per legge spetta l'amministrazione della società";che prive di pregio risultavano pure le censure riguardanti la violazione del diritto di difesa, essendosi la società debitrice costituita nella fase prefallimentare e non essendo necessaria l'audizione davanti al Collegio;che la consistenza del passivo e l'inesistenza di beni della società avrebbero comprovato il ravvisato stato di insolvenza della società debitrice.
Avverso la detta sentenza la ITAM proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resisteva con controricorso il fallimento. Entrambe le parti depositavano infine memoria.
La controversia veniva quindi decisa all'esito dell'udienza pubblica del 14.5.2013.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i motivi di impugnazione la ITAM ha rispettivamente denunciato:
1) violazione della L. Fall., art. 15, nella formulazione previgente, poiché l'audizione del debitore era "stata effettuata soltanto innanzi al giudice delegato", anziché "innanzi alla Camera di Consiglio, cioè alla presenza di tutti i membri del Collegio che dovrà decidere sulla fallibilità o meno della società debitrice";
2) violazione dell'art. 9 secondo il testo antecedente alla riforma del 2006, nonché vizio di motivazione, in relazione all'affermata giurisdizione del giudice italiano. La statuizione sarebbe infatti errata poiché la sede statutaria della società era in Olanda, ivi sarebbe stato individuabile il "centro degli interessi principali" della debitrice, la presunzione di competenza del giudice del luogo della sede statutaria avrebbe potuto essere superata soltanto con elementi obiettivi idonei a determinare l'esistenza di una situazione diversa, ipotesi non ravvisabile nella specie. Quanto poi alla competenza territoriale, questa sarebbe individuabile in favore del Tribunale di Milano, essendo in detta città "il centro effettivo degli interessi, il centro effettivo o dominante dell'attività direttiva ed amministrativa".
Il ricorso è infondato.
Prendendo dapprima in esame il secondo motivo di impugnazione, che è pregiudiziale rispetto al primo, si osserva che la censura è articolata sotto un duplice profilo essendo stato denunciato, innanzitutto, il difetto di giurisdizione del giudice italiano e quindi, con argomentazione logicamente subordinata, il difetto di competenza territoriale di quello adito. Più precisamente sul primo punto la ITAM ha denunciato l'erroneità della statuizione, nella parte in cui la Corte territoriale aveva ritenuto sostanzialmente irrilevante l'avvenuto trasferimento della sede sociale in Olanda, sostenendo che sarebbe consolidato il principio secondo il quale vi sarebbe presunzione di coincidenza fra la sede legale di una società e quella effettiva, salva prova contraria che nella specie tuttavia non sarebbe stata fornita.
Il rilievo, corretto nella sua astratta configurazione, non è tuttavia condivisibile perché inapplicabile nel caso di specie. Ed infatti la Corte di Appello non ha sostenuto nella sua motivazione una tesi di segno opposto, ma si è piuttosto limitata a constatare che il trasferimento all'estero della sede sociale era stato deliberato ed eseguito quando già si era manifestata l'insolvenza, non era stato "dettato da effettive ragioni imprenditoriali", era stato infine sollecitato "dal solo scopo di sottrarsi all'apertura di una procedura di insolvenza", circostanze queste che, considerate come elementi sintomatici di un trasferimento sostanzialmente fittizio ed interpretate alla luce della giurisprudenza di questa Corte (C. 11/20144, C. 11/15880, C. 0 9/11 398, C. 07/23032, C. 06/3368, C. 0 5/10 606), hanno correttamente indotto ad affermare la giurisdizione del giudice nazionale.
Peraltro la correttezza sul punto della decisione impugnata emerge anche sotto due ulteriori profili, e segnatamente: per l'inadeguato contenuto della censura che, essendo limitata all'affermazione del principio della coincidenza della sede legale con quella effettiva, ha del tutto trascurato gli argomenti valorizzati dalla Corte di appello ai fini del decidere;per l'avvenuta iscrizione del trasferimento della sede dell'impresa all'estero nel registro delle imprese dopo la presentazione dell'istanza di fallimento (secondo quanto si legge nella sentenza impugnata - pp. 8 e 9 - il trasferimento di sede sarebbe stato deliberato il 25.7.2005, l'istanza di fallimento sarebbe stata depositata il 29.7.2005, l'iscrizione della delibera nel registro delle imprese sarebbe stata eseguita il 3.8.2005), circostanza questa che rende la relativa delibera inopponibile al creditore istante e ne determina l'insensibilità rispetto al corso della procedura, ai sensi dell'art. 5 c.p.c.. Quanto al secondo aspetto, relativo alla pretesa incompetenza territoriale del Tribunale di Roma in favore di quello di Milano, occorre innanzitutto precisare che non è ravvisabile la denunciata contraddizione fra la motivazione adottata per la questione di giurisdizione e quella viceversa svolta in tema di competenza, atteso che mentre per quest'ultima la Corte di appello ha richiamato il principio della presunzione di corrispondenza della sede effettiva con quella legale (principio che a dire della ITAM non avrebbe seguito affrontando la questione di giurisdizione), nell'altra ha posto a base della propria decisione la motivazione del tutto diversa della fittizietà dell'avvenuto trasferimento.
Nel merito la stessa Corte ha poi ritenuto, sulla base della richiamata presunzione di corrispondenza fra sede legale (in Roma) ed effettiva salva prova contraria, che tale prova non sarebbe stata fornita.
In particolare la Corte territoriale, dopo aver correttamente puntualizzato che, ai fini della individuazione del giudice competente, è determinante il luogo in cui si trova il centro direttivo ed amministrativo degli affari dell'impresa (p. 10), ha ritenuto poi irrilevanti ed inidonei ad indurre a conclusioni difformi gli elementi apprezzati in senso contrario dall'odierno ricorrente, consistenti nella conclusione in Milano di un accordo sindacale, nella prospettata esistenza nel medesimo centro di uffici amministrativi e produttivi, nello svolgimento di assemblee in detta città, "nel carattere di mera casella postale della sede legale di Roma".
Il manifestato giudizio di irrilevanza delle sopra indicate considerazioni, ai fini della determinazione della competenza, non risulta viziato sul piano logico ne' in contrasto con il parametro correttamente stabilito per l'individuazione del giudice territorialmente competente.
A tale scopo, come puntualmente chiarito, occorre infatti tener conto del luogo in cui vive il cuore pulsante dell'impresa, vale a dire quello in cui vengono individuate e decise le scelte strategiche cui dare seguito, caratteristica che non è direttamente desumibile dai fatti rappresentati dalla ricorrente ITAM, non essendo univocamente deponenti in tal senso il luogo di stipulazione di accordi sindacali o quello in cui è dislocata la presenza di uffici.
Per di più la Corte territoriale ha anche rilevato "che la socia accomandataria cui per legge spetta l'amministrazione della società" era residente in Roma (p. 11), interpretando così il relativo dato come ulteriore conferma del fatto che le decisioni imprenditoriali non fossero adottate in Milano.
Si tratta dunque di valutazione di merito sorretta da motivazione sufficiente e non viziata sul piano logico, e pertanto non suscettibile di sindacato in questa sede di legittimità. La ricorrente si è anche doluta in proposito della mancata ammissione degli articolati mezzi di prova, doglianza viziata sul piano dell'autosufficienza, attesa la mancata indicazione del contenuto e delle modalità delle relative richieste. Ad analoghe conclusioni di infondatezza deve poi pervenirsi per quanto concerne il primo motivo di impugnazione, avente ad oggetto la pretesa nullità della sentenza dichiarativa di fallimento in ragione dell'avvenuta audizione del debitore di fronte al giudice delegato, anziché davanti al Collegio.
In proposito è infatti sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza di questa Corte, cui si rinvia, che ha costantemente affermato il condiviso principio per il quale il diritto di difesa del fallendo va esercitato nei limiti compatibili con le regole del procedimento, che ha carattere sommario e cautelare, e ciò comporta che egli debba essere informato sia dell'iniziativa assunta nei suoi confronti che degli elementi posti a base dell'instaurato procedimento, e possa così svolgere compiutamente la propria difesa, anche eventualmente avvalendosi dell'assistenza di difensori (C. 2004/ 12029, C. 02/17698, C. 0 1/50 54, C. 01/2095, C. 97/69 11, C. 96/6 505). Sotto questo riflesso è dunque del tutto irrilevante che la difesa sia svolta davanti al giudice delegato, anziché davanti al Collegio. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo.