Cass. civ., sez. III, ordinanza 05/05/2021, n. 11803
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Testo completo
iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 25852-2018 proposto da: G E, elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio dell'avvocato F C S, rappresentato e difeso dall'avvocato G C T;- ricorrente - contro 2020 ACCATTATIS CESARE, DE LUCA MARIA ROSARIA, 2388 elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TRIONFALE 7032, presso lo studio dell'avvocato D G, rappresentati e difesi dall'avvocato F F;C D C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TACITO, 10, presso lo studio dell'avvocato G N, rappresentato e difeso dall'avvocato A T;- controricorrenti - avverso la sentenza n. 1112/2018 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 01/06/2018;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2020 dal Consigliere Dott. F F;Rilevato che : 1. E G propone ricorso per cassazione, notificato il 9/9/2018 e affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 1112/2018 della Corte di Appello di Catanzaro, notificata il 4/6/2018. Con controricorso notificato il 28/9/2018, resistono C A e M R D L. Con controricorso notificato il 14/12/2018, illustrato da memoria, resiste altresì il Comune di Colosimi. 2. La sentenza in questa sede impugnata origina dall'appello spiegato dall'attuale ricorrente avverso la pronuncia di prime cure che aveva rigettato la sua domanda risarcitoria. In specie, la ricorrente adiva il Tribunale di Cosenza, convenendovi il Comune di Colosimi e i coniugi A e D L, deducendo che il fabbricato di cui era comproprietaria aveva subito dei danni in conseguenza dei lavori di scavo intrapresi dai coniugi per impermeabilizzare il loro fabbricato. Il Tribunale rigettava la domanda in quanto, sulla scorta della CTU espletata, doveva escludersi che i danni al fabbricato dell'attrice fossero stati causati dallo scavo;piuttosto, le dedotte lesioni del fabbricato erano ascrivibili alla vetustà dello stesso, all'assenza di opere di manutenzione ed al suo intrinseco assetto statico conseguente a plurimi interventi edilizi effettuati nel tempo;mentre, alcun danno aveva subito dalla rete fognaria comunale;e, infine, il danno alla rete idrica - che avrebbe interrotto la fornitura di acqua potabile - veniva considerato tardivamente dedotto. 3. Avverso la sentenza la ricorrente interponeva gravame dinanzi alla Corte d'Appello di Catanzaro che disponeva la rinnovazione della CTU e, all'esito dell'istruttoria, rigettava il gravame confermando la pronuncia di prime cure. 4. In particolare, la Corte di merito rilevava l'assenza di un nesso causale tra le fessurazioni del fabbricato, di proprietà dell'attrice, e lo scavo effettuato dai coniugi appellati, posto che entrambi i periti erano concordi nell'escludere che le cattive condizioni della proprietà dell'attrice fossero riconducibili allo scavo, in assenza di lesioni che potessero riconnettersi ad eventi di cedimento del fondale, tenuto conto della assoluta integrità della parete di scavo, nonché del fatto che il quadro fessurativo non aveva subito alcuna evoluzione tra la prima e la seconda CTU, entrambe riconducenti le lesioni del fabbricato alla tecnica dì costruzione, alla vetustà dell'edificio, alla carente manutenzione e all'esposizione ad agenti atmosferici in difetto di elementi aggettanti di protezione. In relazione all'asserito danno da rottura della tubazione della rete idrica, la Corte d'Appello assumeva che la domanda, pur non risultando nuova, tuttavia, era infondata, in virtù della genericità della sua formulazione e in mancanza di allegazioni in ordine alle conseguenze dannose che l'interruzione avrebbe provocato. In ogni caso, riteneva non configurabile un danno obiettivamente apprezzabile per l'interruzione della fornitura di acqua potabile, posto che la rete era stata riparata un anno dopo lo scavo dal Comune di Colosimi e l'immobile era disabitato. In relazione al danno da lesione della rete fognaria, invece, la domanda è stata considerata nuova ex art. 345 cod. proc. civ., come anche la violazione delle distanze legali tra fabbricati, mai prospettata in primo grado, in quanto con l'atto di citazione introduttivo l'attrice aveva lamentato unicamente che le opere erano abusive perché intraprese in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative, mentre non aveva allegato quali distanze fossero state in concreto violate;in parte qua, il giudice ha escluso, in ogni caso, l'applicabilità delle norme sulle distanze legali, ritenendo lo scavo non assimilabile ad una costruzione, canale o fosso ex art. 889, 890, 891 cod. civ., sul presupposto che esso fosse funzionale alla impermeabilizzazione del fabbricato dei coniugi convenuti. Infine, ha escluso che vi fosse stata una impossibilità di accesso al fabbricato per effetto dello scavo, in quanto dalle due ctu non era emerso alcun riscontro relativo a tale circostanza, neppure compiutamente allegata nella citazione in primo grado. Il ricorso è stato discusso previa fissazione dell'adunanza camerale ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. Considerato che:1. Con il primo motivo si denuncia la «Violazione e falsa applicazione dell'art. 360, comma 1°, n.ri 3 e 4 in relazione all'art. 111 Cost. e 42, 112, 113, 115, 116, 161, 324 e 345 cod.proc.civ., 1362 e segg., 2043, 2059, 1173, 1226, 2697, 2699, 2700, 817, 832, 872, 873, 889, 891 cod. civ. e 185 cod. pen.».
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