Cass. pen., sez. II, sentenza 13/04/2023, n. 15641
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: 1) LIUZZI FRANCESCO nato a Torino il 11/08/1970 2) B ANGELO nato a Brindisi il 08/01/1970 3) LEVANTE ALESSANDRO nato a Squinzano il 21/07/1974 avverso la sentenza del 09/04/2021 della Corte di Appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere E C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore di F L, Avv. P P S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata;
udito il difensore di A L, Avv. L M, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata;
udito il difensore di A B, Avv. Daniela D'AMURI, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTOn 1. F L, A B ed A L, a mezzo dei rispettivi difensori, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Lecce, in data 9 aprile 2021, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lecce in data 9 giugno 2017, li ha condannati in relazione ai reati rispettivamente contestati.
2. F L, con l'unico motivo di impugnazione, lamenta l'erronea applicazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 62-bis, 99, 159, 161 e 416 cod. pen. La Corte territoriale, a giudizio della difesa, avrebbe applicato l'aumento facoltativo a titolo di recidiva in assenza di elementi da cui desumere che il delitto commesso sia espressivo di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale del LIUZZI. I giudici di merito, ad avviso del ricorrente, non avrebbero ben identificato gli aumenti di pena e non avrebbero indicato in dispositivo l'aumento di pena conseguente al riconoscimento della recidiva. La Corte di merito avrebbe, inoltre, erroneamente considerato la recidiva ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato nonostante la recidiva sia stata ritenuta subvalente. La difesa eccepisce, altresì, l'erroneità della sospensione dei termini di prescrizione disposto all'udienza del 10 maggio 2019 in considerazione della concomitante presenza di due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento con necessaria prevalenza dell'esigenza di rinvio per esigenze di acquisizione della prova. Parimenti sarebbe incostituzionale la sospensione dei termini di prescrizione conseguente al rinvio di udienza disposto per motivi organizzativi legati all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Il ricorrente chiede, infine, «l'estensione ex art. 587 cod. proc. pen. delle impugnazioni degli altri imputati in merito alla qualificazione del reato associativo in luogo del concorso di persone» (vedi pag. 4 del ricorso).
3. In data 2 dicembre 2022 il difensore del LIUZZI ha depositato motivi nuovi di ricorso con la quale il ricorrente avanza questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 150/2022 per contrasto con gli artt. 3 Cost., 7 CEDU e 49 CDFUE. Secondo la difesa il differimento in blocco dell'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia comporterebbe l'ingiustificato differimento dell'entrata in vigore di norme penali sostanziali più favorevoli all'imputato con conseguente lesione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. La difesa chiede, in caso di mancato accoglimento della questione di costituzionalità, il rinvio del procedimento per permettere all'imputato di beneficiare delle disposizioni più favorevoli previste dal d.l.gs. 150/2022. 4. A B, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 416, 624-bis e 625 cod. pen. La difesa ha rimarcato che il ricorrente è stato ritenuto partecipe all'ipotizzata associazione a delinquere nonostante il B compaia nelle conversazioni intercettate solo in due occasioni. La motivazione sarebbe illogica e contraria alle acquisizioni probatorie nella parte in cui le condotte di ricettazione originariamente contestate nei capi 23) e 25) sono state qualificate giuridicamente come attività di compartecipazione nei furti senza indicare gli elementi logico-fattuali a fondamento di tale decisione con conseguente violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen.
5. A B, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen. nonché 157, 648, 624-bis, 624 e 625 nn. 2 e 7 cod. pen. La motivazione sarebbe erronea ed apparente nella parte in cui afferma che la difesa avrebbe posto il tema della corretta qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal B senza tener conto che il ricorrente, con i motivi di appello, aveva segnalato la possibilità di riqualificare il fatto nel reato di favoreggiamento e non certo nel reato di furto. La riqualificazione giuridica del fatto compiuta dai giudici dell'appello avrebbe comportato la violazione del principio di corrispondenza previsto dall'art. 521 cod. proc. pen. in quanto l'imputato non è stato messo nelle condizioni di far valere le proprie ragioni in merito alla nuova definizione giuridica del fatto ed alle conseguenze negative in tema di trattamento sanzionatorio, computo della prescrizione e modalità di esecuzione della pena.
6. A B, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 521, comma 1, 597, comma 3, cod. proc. pen. e 99 cod. pen. conseguente al mancato riconoscimento della sopravvenuta prescrizione dei reati contestati al B. Secondo la difesa la Corte territoriale avrebbe qualificato la contestata recidiva come reiterata e specifica nonostante la stessa non fosse stata così contestata dal Pubblico Ministero facendone discendere effetti peggiorativi rispetto alla sentenza di primo grado in violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen.
7. A L, con il primo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell'imputato. La Corte territoriale si sarebbe limitata a riportare le argomentazioni del giudice di prime cure senza motivare adeguatamente in ordine ai motivi di appello. La motivazione sarebbe del tutto carente in relazione alla doglianza con la quale il ricorrente aveva evidenziato che il decorso di quattro anni tra la cessione da parte del LEVANTE dei beni mobili registrati di cui al capo di imputazione e la data degli accertamenti svolti dal consulente del Pubblico Ministero comporterebbe l'impossibilità di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'imputato abbia realizzato la condotta di riciclaggio. La Corte territoriale, con motivazione illogica e contraddittoria, avrebbe fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni dei soggetti che sono stati trovati nella disponibilità dei veicoli oggetto di «ripulitura», soggetti portatori di un interesse contrario a quello del LEVANTE in quanto «sarebbero potuti essere direttamente coinvolti nell'accaduto nella ipotesi in cui avessero reso dichiarazioni dal tenore autoaccusatorio» (pag. 4 del ricorso). Ancora più illogica sarebbe la motivazione nella parte in cui avrebbe desunto la credibilità degli altrui due acquirenti dei veicoli dalla ritenuta attendibilità dell'acquirente COLONNA e nella parte in cui la condanna è stata fondata sui risultati meramente probabilistici degli accertamenti tecnici svolti dal consulente del Pubblico Ministero in ordine all'effettiva presenza di segni di contraffazione.
8. A L, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 648 cod. pen. e la carenza della motivazione in ordine alla richiesta di qualificazione giuridica del fatto nel reato meno grave di ricettazione. La Corte territoriale, con motivazione apparente, avrebbe ritenuto la sussistenza del reato di riciclaggio esclusivamente sulla base delle dichiarazioni degli acquirenti delle vetture senza tener conto del fatto che gli stessi «potevano esser animati da un interesse personale e diretto, volto a dipanare ogni profilo di dubbio su di un ipotetico coinvolgimento degli stessi nella vicenda» (pag. 7 del ricorso).
9. A L, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 159 cod. pen. e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione del riciclaggio del Fiat Doblò. Secondo la difesa, la data di commissione di tale condotta di riciclaggio, in ossequio al principio generale del favor rei, deve esser individuata nel momento in cui sarebbe stata posta in essere l'attività di ripulitura del bene di provenienza illecita con conseguente prescrizione del reato in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello. La difesa eccepisce, altresì, che la Corte di merito avrebbe erroneamente computato la sospensione dei termini di prescrizione relativamente al periodo 12 giugno-30 giugno 2020 in quanto detto rinvio è stato disposto per motivi organizzativi legati all'emergenza epidemiologica da Covid-19 e, quindi, per ragioni non rientranti nel disposto dell'art. 159 cod. pen. 10. A L, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 81 e 133 cod. pen. e la carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed all'eccessività dell'aumento a titolo di continuazione. La difesa eccepisce l'eccessività della pena irrogata nei confronti del LEVANTE in quanto superiore di sei mesi rispetto al minimo edittale in assenza di specifica motivazione in ordine alle ragioni sottese a tale determinazione. La difesa lamenta, infine, l'eccessività dei singoli aumenti di pena a titolo di continuazione e l'apparenza della motivazione con la quale i giudici di appello hanno giustificato la congruità di tali aumenti. La
udita la relazione svolta dal Consigliere E C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A C, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
udito il difensore di F L, Avv. P P S, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata;
udito il difensore di A L, Avv. L M, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata;
udito il difensore di A B, Avv. Daniela D'AMURI, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata. RITENUTO IN FATTOn 1. F L, A B ed A L, a mezzo dei rispettivi difensori, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Lecce, in data 9 aprile 2021, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lecce in data 9 giugno 2017, li ha condannati in relazione ai reati rispettivamente contestati.
2. F L, con l'unico motivo di impugnazione, lamenta l'erronea applicazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 62-bis, 99, 159, 161 e 416 cod. pen. La Corte territoriale, a giudizio della difesa, avrebbe applicato l'aumento facoltativo a titolo di recidiva in assenza di elementi da cui desumere che il delitto commesso sia espressivo di una maggiore colpevolezza e pericolosità sociale del LIUZZI. I giudici di merito, ad avviso del ricorrente, non avrebbero ben identificato gli aumenti di pena e non avrebbero indicato in dispositivo l'aumento di pena conseguente al riconoscimento della recidiva. La Corte di merito avrebbe, inoltre, erroneamente considerato la recidiva ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato nonostante la recidiva sia stata ritenuta subvalente. La difesa eccepisce, altresì, l'erroneità della sospensione dei termini di prescrizione disposto all'udienza del 10 maggio 2019 in considerazione della concomitante presenza di due fatti legittimanti il rinvio del dibattimento con necessaria prevalenza dell'esigenza di rinvio per esigenze di acquisizione della prova. Parimenti sarebbe incostituzionale la sospensione dei termini di prescrizione conseguente al rinvio di udienza disposto per motivi organizzativi legati all'emergenza epidemiologica da Covid-19. Il ricorrente chiede, infine, «l'estensione ex art. 587 cod. proc. pen. delle impugnazioni degli altri imputati in merito alla qualificazione del reato associativo in luogo del concorso di persone» (vedi pag. 4 del ricorso).
3. In data 2 dicembre 2022 il difensore del LIUZZI ha depositato motivi nuovi di ricorso con la quale il ricorrente avanza questione di legittimità costituzionale del d.lgs. n. 150/2022 per contrasto con gli artt. 3 Cost., 7 CEDU e 49 CDFUE. Secondo la difesa il differimento in blocco dell'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia comporterebbe l'ingiustificato differimento dell'entrata in vigore di norme penali sostanziali più favorevoli all'imputato con conseguente lesione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. La difesa chiede, in caso di mancato accoglimento della questione di costituzionalità, il rinvio del procedimento per permettere all'imputato di beneficiare delle disposizioni più favorevoli previste dal d.l.gs. 150/2022. 4. A B, con il primo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 416, 624-bis e 625 cod. pen. La difesa ha rimarcato che il ricorrente è stato ritenuto partecipe all'ipotizzata associazione a delinquere nonostante il B compaia nelle conversazioni intercettate solo in due occasioni. La motivazione sarebbe illogica e contraria alle acquisizioni probatorie nella parte in cui le condotte di ricettazione originariamente contestate nei capi 23) e 25) sono state qualificate giuridicamente come attività di compartecipazione nei furti senza indicare gli elementi logico-fattuali a fondamento di tale decisione con conseguente violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen.
5. A B, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen. nonché 157, 648, 624-bis, 624 e 625 nn. 2 e 7 cod. pen. La motivazione sarebbe erronea ed apparente nella parte in cui afferma che la difesa avrebbe posto il tema della corretta qualificazione giuridica della condotta posta in essere dal B senza tener conto che il ricorrente, con i motivi di appello, aveva segnalato la possibilità di riqualificare il fatto nel reato di favoreggiamento e non certo nel reato di furto. La riqualificazione giuridica del fatto compiuta dai giudici dell'appello avrebbe comportato la violazione del principio di corrispondenza previsto dall'art. 521 cod. proc. pen. in quanto l'imputato non è stato messo nelle condizioni di far valere le proprie ragioni in merito alla nuova definizione giuridica del fatto ed alle conseguenze negative in tema di trattamento sanzionatorio, computo della prescrizione e modalità di esecuzione della pena.
6. A B, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta la violazione degli artt. 521, comma 1, 597, comma 3, cod. proc. pen. e 99 cod. pen. conseguente al mancato riconoscimento della sopravvenuta prescrizione dei reati contestati al B. Secondo la difesa la Corte territoriale avrebbe qualificato la contestata recidiva come reiterata e specifica nonostante la stessa non fosse stata così contestata dal Pubblico Ministero facendone discendere effetti peggiorativi rispetto alla sentenza di primo grado in violazione degli artt. 521, comma 1 e 597, comma 3, cod. proc. pen.
7. A L, con il primo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 192 cod. proc. pen. e la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla penale responsabilità dell'imputato. La Corte territoriale si sarebbe limitata a riportare le argomentazioni del giudice di prime cure senza motivare adeguatamente in ordine ai motivi di appello. La motivazione sarebbe del tutto carente in relazione alla doglianza con la quale il ricorrente aveva evidenziato che il decorso di quattro anni tra la cessione da parte del LEVANTE dei beni mobili registrati di cui al capo di imputazione e la data degli accertamenti svolti dal consulente del Pubblico Ministero comporterebbe l'impossibilità di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'imputato abbia realizzato la condotta di riciclaggio. La Corte territoriale, con motivazione illogica e contraddittoria, avrebbe fondato la condanna esclusivamente sulle dichiarazioni dei soggetti che sono stati trovati nella disponibilità dei veicoli oggetto di «ripulitura», soggetti portatori di un interesse contrario a quello del LEVANTE in quanto «sarebbero potuti essere direttamente coinvolti nell'accaduto nella ipotesi in cui avessero reso dichiarazioni dal tenore autoaccusatorio» (pag. 4 del ricorso). Ancora più illogica sarebbe la motivazione nella parte in cui avrebbe desunto la credibilità degli altrui due acquirenti dei veicoli dalla ritenuta attendibilità dell'acquirente COLONNA e nella parte in cui la condanna è stata fondata sui risultati meramente probabilistici degli accertamenti tecnici svolti dal consulente del Pubblico Ministero in ordine all'effettiva presenza di segni di contraffazione.
8. A L, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 648 cod. pen. e la carenza della motivazione in ordine alla richiesta di qualificazione giuridica del fatto nel reato meno grave di ricettazione. La Corte territoriale, con motivazione apparente, avrebbe ritenuto la sussistenza del reato di riciclaggio esclusivamente sulla base delle dichiarazioni degli acquirenti delle vetture senza tener conto del fatto che gli stessi «potevano esser animati da un interesse personale e diretto, volto a dipanare ogni profilo di dubbio su di un ipotetico coinvolgimento degli stessi nella vicenda» (pag. 7 del ricorso).
9. A L, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 159 cod. pen. e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'intervenuta prescrizione del riciclaggio del Fiat Doblò. Secondo la difesa, la data di commissione di tale condotta di riciclaggio, in ossequio al principio generale del favor rei, deve esser individuata nel momento in cui sarebbe stata posta in essere l'attività di ripulitura del bene di provenienza illecita con conseguente prescrizione del reato in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello. La difesa eccepisce, altresì, che la Corte di merito avrebbe erroneamente computato la sospensione dei termini di prescrizione relativamente al periodo 12 giugno-30 giugno 2020 in quanto detto rinvio è stato disposto per motivi organizzativi legati all'emergenza epidemiologica da Covid-19 e, quindi, per ragioni non rientranti nel disposto dell'art. 159 cod. pen. 10. A L, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta l'inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 62-bis, 81 e 133 cod. pen. e la carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed all'eccessività dell'aumento a titolo di continuazione. La difesa eccepisce l'eccessività della pena irrogata nei confronti del LEVANTE in quanto superiore di sei mesi rispetto al minimo edittale in assenza di specifica motivazione in ordine alle ragioni sottese a tale determinazione. La difesa lamenta, infine, l'eccessività dei singoli aumenti di pena a titolo di continuazione e l'apparenza della motivazione con la quale i giudici di appello hanno giustificato la congruità di tali aumenti. La
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