Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 19/07/2022, n. 28276

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 19/07/2022, n. 28276
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28276
Data del deposito : 19 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: EDEN COMPANY SRL IN LIQUIDAZIONE avverso l'ordinanza del 14/09/2021 del TRIB. LIBERTA' di SONDRIO udita la relazione svolta dal Consigliere M N;
lette le conclusioni del Procuratore generale;

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Sondrio, con ordinanza in data 7 ottobre 2021, pronunciata in sede di giudizio di rinvio, a seguito dell'annullamento dell'ordinanza del medesimo giudice del 10 novembre 2020, ha rigettato la richiesta di riesame avverso il decreto con il quale il G.I.P. aveva disposto il sequestro preventivo diretto del profitto del reato di dichiarazione fraudolenta di cui all'art. 3 d. Igs. 74/2000 [capo 7) dell'imputazione provvisoria], ascritto agli indagati M M, in qualità di legale rappresentante della Eden Company s.r.I., e D E B, in qualità di socio ed amministratore di fatto della società, in relazione ad un'evasione di imposta per l'anno 2016 pari ad euro 399.499,13 di cui euro 292.966,03, a titolo di imposte sui redditi ed euro\106.533,10, a titolo di imposta sul valore aggiunto, imponendo il vincolo sul saldo attivo di euro 202.987,64 del conto corrente della società Eden Company s.r.l. presso la Banca Popolare di Sondrio, sul saldo attivo di euro 694,64 del conto corrente della società presso il Credito Valtellinese, nonché su un immobile della medesima Eden Company, successivamente dissequestrato.

2. Avverso l'ordinanza del Tribunale di Sondrio propone ricorso la Eden Company s.r.I., a mezzo del suo difensore, formulando quattro motivi di impugnazione.

3. Con il primo motivo lamenta la falsa applicazione degli artt. 12, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., 81 cpv. cod. pen., degli artt. 266 e 270 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione. Ricorda che la Suprema Corte, annullando con sentenza n. 30062/2021 l'ordinanza del Tribunale del riesame di Sondrio del 10 novembre 2020, aveva imposto al giudice del rinvio di verificare se fra i reati di associazione per delinquere [capo 41) della contestazione] e corruzione [capi 33), 34) 35) e 36)], per i quali erano state originariamente disposte le intercettazioni, e quello di frode fiscale [capo 7)] per il quale è stato disposto il sequestro, quali fatti storici oggetto di singola notizia di reato, vi fosse connessione sostanziale, ai sensi dell'art. 12 lett. b) cod. proc. pen., secondo i criteri indicati dalle Sezioni unite Cavallo (Sez. U, Sentenza n. 51 del 28/11/2019, dep. 02/01/2020), avendo l'ordinanza annullata rigettato il motivo di impugnazione, ritenendo sufficiente il semplice collegamento investigativo. Precisa che il provvedimento di annullamento non aveva neppure preso in considerazione l'ipotesi della connessione teleologica. Osserva che il Tribunale, affermando la sussistenza della connessione ex art. 12, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., per essere i reati stati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, ha aderito all'impostazione del Pubblico ministero secondo cui i delitti contro la Pubblica Amministrazione sarebbero ancillari a quelli fiscali, ancorché né il Pubblico ministero, né il G.I.P. avessero in precedenza ritenuto una connessione fra il delitto di cui al capo 7) e quelli di cui ai capi 33)- 35) dell'imputazione, mentre la connessione con il reato associativo di cui al capo 41) è stata esclusa dallo stesso organo dell'accusa, a seguito dell'ordinanza del Tribunale del riesame, pronunciata sull'appello del pubblico ministero in relazione alla posizione di altro indagato, nella quale si dà atto dell'insussistenza del delitto associativo, essendo l'attività di E D B improntata ad una esasperata finalità personale. Deduce che il pubblico ministero non ha portato a conoscenza del Tribunale per il riesame il rigetto della richiesta di misura cautelare in relazione ai capi 33) e 34) per carenza dei gravi indizi di colpevolezza. Assume che l'ordinanza impugnata cade in errore, laddove non tiene in considerazione che, a differenza dell'ipotesi di connessione teleologica, la connessione ex art. 12, comma 1 lett. b), rileva processualmente, secondo l'insegnamento di legittimità, solo se sia riferibile ad un'esecuzione monosoggettiva o ad una fattispecie concorsuale, in cui l'identità del disegno criminoso sia comune a tutti i compartecipi, poiché l'interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale. Nel caso di specie, al contrario, se il reato di cui al capo 7) risulta contestato in concorso agli indagati D E B e M M - diversamente da quanto ritenuto dall'ordinanza impugnata che lo ritiene monosoggettivo- i reati descritti ai capi 33)-36) sono contestati solo al primo ed ai pubblici ufficiali M M S e L B, ciò escludendo la connessione ai sensi dell'art. 12, comma 1 lett. b) cod. proc. pen.. Rileva che il giudice per il riesame erra ulteriormente quando tenta di giustificare l'unicità del disegno criminoso fra la frode fiscale del capo 7) e le condotte corruttive dei capi 33)-36), ancorché nessuna ipotizzata tangente fosse relativa agli immobili oggetto di compravendita, richiamati al capo 7), ovvero riferibile a pratiche edilizie a questi ultimi collegabili e, nonostante, il pubblico ufficiale corrotto, L B, fosse funzionario di un Comune diverso da quello ove si trovano gli immobili di cui al capo 7). Peraltro, appare non ragionevole ipotizzare, come fa il giudice del riesame, che il delitto tributario, commesso nel 2017, cioè dopo i reati corruttivi, possa essere reato rispetto al quale i reati corruttivi sono 'ancillari, giacché, normalmente, è il reato tributario ad essere di servizio a quello corruttivo e non viceversa. In realtà gli importi delle tangenti non superano il valore complessivo di euro 1000,00-1500,00, somma questa del tutto sproporzionata rispetto al risparmio fiscale di cui al capo 7) oggetto di sequestro (pari a euro 399.499,13), il che rende arduo ritenere che il risparmio fiscale sia stato programmato per dare corso alla realizzazione delle condotte corruttive, anche perché, essendo stata esclusa dal G.I.P. di Sondrio la sussistenza di tangenti in relazione ai capi 33) e 34), il profitto illecito del reato tributario, si è per forza generato solo dopo gli episodi corruttivi contestati. Invero, deve escludersi, anche in astratto, secondo la giurisprudenza di legittimità, che l'unicità del disegno criminoso possa consistere in un programma generico di attività delinquenziale sorretto da un medesimo motivo e con modalità similari di realizzazione di più reati, mentre esso non sussiste in relazione a singole violazioni che non sia state inizialmente programmate, dipendendo da decisioni maturate nel corso dell'esecuzione del programma. Le corruzioni, supposte come avvinte dal medesimo programma, sono contestate nella forma della corruzione c.d. propria, il che rende ancora più stringente la verifica del legame, posto che sotto il profilo finalistico o causale della retribuzione illecita debbono ricavarsi elementi utili per la collocazione interna od esterna al disegno criminoso. Deduce che, sotto questo aspetto, il Tribunale del riesame individua fra gli atti contrarii al dovere di ufficio, il parere favorevole relativo al permesso di costruire n. 79/2017, che, secondo il giudice, sarebbe stato rilasciato in favore della Eden Company s.r.I., ed in seguito volturato alla società Futura s.r.I.. In verità, dall'esame degli atti (all. 8 e 9 al ricorso) si evince che la vendita dell'immobile da parte della Eden Company alla società Futura è datato 23 dicembre 2016 e che la richiesta al Comune di Bornnio, per la quale è stato rilasciato il permesso di costruire n. 79/2017, è stata proposta direttamente dalla Futura s.r.I., in data 28 aprile 2017. L'assenza di riscontro della circostanza, da parte del giudice del riesame, che fonda la decisione su un dato errato, senza controllare la contestazione del pubblico ministero, comporta, tuttavia, la fallacia della riconduzione al medesimo disegno criminoso, comprendente il delitto di cui al capo 7), dei reati di cui ai capi 33) e 34), tanto più che, per questi ultimi, è stata negata dal giudice cautelare, la sussistenza di indizi di colpevolezza a carico del pubblico ufficiale M S e di E D B, ancorché la relativa ordinanza (all. 7) non sia stata portata dal pubblico ministero all'attenzione del Tribunale del riesame. Precisa che, in relazione ai reati di cui ai capi 35) e 36), l'unico riferimento alla società ricorrente riguarda la dazione da parte dell'indagato B della somma di euro 500,00, in favore del pubblico ufficiale L B, per prestazioni, asseritamente conferite per mascherare la tangente, eseguite nel 2016. Assume che, in realtà la corresponsione della somma di euro 500,00 fa riferimento alla fattura per un'attività svolta da L B, di professione geometra, in relazione ad una pratica catastale, effettivamente svolta, il che esclude che vi sia stata prestazione in nero, connessa ad un reato di corruzione (allegati 10 e 11). L'ordinanza del Tribunale del riesame di Milano, sui capi 35) e 36), invero, evidenzia che alcune delle prestazioni professionali sono state rese lecitamente, mentre altre attività sono state retribuite 'in nero' e firmate da professionisti compiacenti, per evitare il manifestarsi di incompatibilità con la carica pubblica. Nondimeno, proprio la fattura emessa da L B, l'unica che coinvolge Eden Company, è stata ritenuta esente da natura illecita, con conseguente inesistenza di attività retribuite 'in nero' da parte della società.L'assenza di valutazione di siffatta circostanza da parte del Tribunale per il riesame di Sondrio ha impedito al medesimo di escludere la sussistenza della connessione fra il reato fiscale di cui al capo 7) ed i delitti di corruzione di cui ai capi 35) e 36) dell'imputazione. L'ordinanza impugnata, invero, non dà applicazione ai principi enunciati dalla Suprema Corte, secondo cui non vi è connessione, ai sensi dell'art. 12, comma 1 lett. b), ogniqualvolta non esista una programmazione ab origine dei reati considerati, in quanto l'unicità del disegno criminoso deve passare attraverso la verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, la singole causali, le modalità delle condotte e la loro sistematicità, potendo riconoscersi il reato continuato solo quando al momento della commissione del primo reato i successivi fossero già programmati, almeno nelle linee essenziali, non essendo sufficiente la sussistenza di uno degli indici, qualora i reati successivi al primo siano frutto di determinazioni estemporanee ed occasionali, né la tendenza a porre in essere reati della medesima specie. Non esiste, dunque, una connessione fra i procedimenti, in assenza di esecuzione monosoggettiva, o plurisoggettiva caratterizzata dalla compartecipazione di tutti i concorrenti all'unico disegno criminoso, né può affermarsi in astratto ed in concreto la sussistenza di connessione sostanziale idonea a ricondurre ad unitarietà i due procedimenti in esame. La conseguenza è che non possono essere utilizzate le risultanze delle intercettazioni disposte nel diverso procedimento.
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