Cass. pen., sez. III, sentenza 27/05/2020, n. 15965
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S D, nato a Napoli il 19/08/1961 avverso l'ordinanza del 17/09/2019 del Tribunale di Frosinone visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere A M A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R M B, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito il difensore, avv. G F.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 settembre 2019, il Tribunale di Frosinone ha rigettato l'appello cautelare proposto dal difensore dell'imputato avverso il provvedimento emesso dallo stesso Tribunale di Frosinone, con il quale era stata rigettata la richiesta di restituzione dell'autotreno di proprietà della "Gemitrans s.r.l.", di cui l'imputato era direttore tecnico, sottoposto a sequestro in relazione al reato contravvenzionale di cui all'art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere trasportato rifiuti speciali pericolosi e non, in assenza delle necessarie autorizzazioni.
2. Avverso l'ordinanza l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo di gravame, con il quale si deducono la violazione dell'art. 452-undecies cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non estensibile l'istituto premiale contemplato dall'ultimo comma della suddetta disposizione alle fattispecie contravvenzionali in materia ambientale. In particolare, riproponendo le doglianze già articolate nell'atto d'appello, la difesa evidenzia che l'impossibilità di estendere l'ipotesi di esclusione della confisca - prevista dall'art. 452-undecies, quarto comma, cod. pen. in relazione a talune fattispecie delittuose contemplate dal codice penale (artt. 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies) - alle fattispecie contravvenzionali disciplinate dal codice dell'ambiente, contrasterebbe con il principio di uguaglianza formale e sostanziale, costituzionalmente tutelato dall'art. 3, in quanto consentirebbe di sottoporre a trattamento differenziato situazioni analoghe in presenza di identici presupposti, rappresentati dalla bonifica o dal ripristino dello stato dei luoghi. Del tutto illogico sarebbe, secondo la tesi difensiva, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale per dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con l'atto di appello. Le tre argomentazioni seguite dallo stesso Tribunale;
basate sulla diversità delle condotte disciplinate, rispettivamente, nel codice penale e nel codice dell'ambiente, nonché sulla diversità degli interessi in esse tutelati e la . diversa finalità cui risponde l'istituto della confisca nei due ambiti, si prestano, a parere della difesa, a rilevanti obiezioni. Sotto il primo profilo, si sostiene, in particolare, che l'unico tratto distintivo tra le condotte attiene alla qualificazione giuridica delle fattispecie astratte nelle quali esse sono descritte - qualificazione che rispecchia il carattere più o meno grave della previsione normativa - che conduce alla ripartizione tra delitti disciplinati dal codice penale e contravvenzioni contenute nel codice dell'ambiente. Tuttavia, il fatto che il legislatore non abbia previsto tout court la confisca per tutte le fattispecie incriminatrici disciplinate dal codice penale, ma ne abbia circoscritto l'applicazione ai casi di violazione di norme codicistiche la cui condotta sia in grado di causare un pregiudizio serio e irreversibile all'integrità ambientale, escludendo ab origine dall'alveo applicativo dell'istituto i delitti colposi di cui agli art. 452-ter e 452-quinquies cod. pen., indipendentemente dal compimento di qualunque di attività bonifica, dimostrerebbe che il criterio impiegato per stabilire i casi cui è applicabile la confisca è quello della gravità del reato commesso. La correttezza di tale assunto si ricaverebbe interpretando a contrario i principi sanciti in talune pronunce della Corte di cassazione (Sez. 3, n. 18774 del 29/02/2012;
Sez. 3, n. 35879 del 25/06/2008 e Sez. 3, n. 4746 del 12/12/2007). Pertanto, per la difesa, sarebbe irrazionale la previsione di un'ipotesi di esclusione della confisca il cui ambito applicativo sia limitato alle fattispecie delittuose codicistiche e non sia suscettibile di essere esteso alle ipotesi contravvenzionali contemplate dal codice dell'ambiente, ab origine meno gravi. Non sussisterebbe, inoltre, l'affermata diversità degli interessi tutelati dalle norme incriminatrici e contravvenzionali, potendosi individuare l'ambiente quale unico bene giuridico tutelato in tutte le fattispecie, quale che sia la loro natura. Priva di rilievo si ritiene, parimenti, l'ultima argomentazione adottata dal Tribunale, secondo la quale la confisca che discende dalla violazione dell'art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, risponde a una finalità squisitamente sanzionatoria e di "rappresaglia nei confronti dell'autore del reato", in quando ha ad oggetto il mezzo
udita la relazione svolta dal consigliere A M A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale R M B, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito il difensore, avv. G F.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 settembre 2019, il Tribunale di Frosinone ha rigettato l'appello cautelare proposto dal difensore dell'imputato avverso il provvedimento emesso dallo stesso Tribunale di Frosinone, con il quale era stata rigettata la richiesta di restituzione dell'autotreno di proprietà della "Gemitrans s.r.l.", di cui l'imputato era direttore tecnico, sottoposto a sequestro in relazione al reato contravvenzionale di cui all'art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, per avere trasportato rifiuti speciali pericolosi e non, in assenza delle necessarie autorizzazioni.
2. Avverso l'ordinanza l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando un unico motivo di gravame, con il quale si deducono la violazione dell'art. 452-undecies cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto non estensibile l'istituto premiale contemplato dall'ultimo comma della suddetta disposizione alle fattispecie contravvenzionali in materia ambientale. In particolare, riproponendo le doglianze già articolate nell'atto d'appello, la difesa evidenzia che l'impossibilità di estendere l'ipotesi di esclusione della confisca - prevista dall'art. 452-undecies, quarto comma, cod. pen. in relazione a talune fattispecie delittuose contemplate dal codice penale (artt. 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies) - alle fattispecie contravvenzionali disciplinate dal codice dell'ambiente, contrasterebbe con il principio di uguaglianza formale e sostanziale, costituzionalmente tutelato dall'art. 3, in quanto consentirebbe di sottoporre a trattamento differenziato situazioni analoghe in presenza di identici presupposti, rappresentati dalla bonifica o dal ripristino dello stato dei luoghi. Del tutto illogico sarebbe, secondo la tesi difensiva, il percorso argomentativo seguito dal Tribunale per dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata con l'atto di appello. Le tre argomentazioni seguite dallo stesso Tribunale;
basate sulla diversità delle condotte disciplinate, rispettivamente, nel codice penale e nel codice dell'ambiente, nonché sulla diversità degli interessi in esse tutelati e la . diversa finalità cui risponde l'istituto della confisca nei due ambiti, si prestano, a parere della difesa, a rilevanti obiezioni. Sotto il primo profilo, si sostiene, in particolare, che l'unico tratto distintivo tra le condotte attiene alla qualificazione giuridica delle fattispecie astratte nelle quali esse sono descritte - qualificazione che rispecchia il carattere più o meno grave della previsione normativa - che conduce alla ripartizione tra delitti disciplinati dal codice penale e contravvenzioni contenute nel codice dell'ambiente. Tuttavia, il fatto che il legislatore non abbia previsto tout court la confisca per tutte le fattispecie incriminatrici disciplinate dal codice penale, ma ne abbia circoscritto l'applicazione ai casi di violazione di norme codicistiche la cui condotta sia in grado di causare un pregiudizio serio e irreversibile all'integrità ambientale, escludendo ab origine dall'alveo applicativo dell'istituto i delitti colposi di cui agli art. 452-ter e 452-quinquies cod. pen., indipendentemente dal compimento di qualunque di attività bonifica, dimostrerebbe che il criterio impiegato per stabilire i casi cui è applicabile la confisca è quello della gravità del reato commesso. La correttezza di tale assunto si ricaverebbe interpretando a contrario i principi sanciti in talune pronunce della Corte di cassazione (Sez. 3, n. 18774 del 29/02/2012;
Sez. 3, n. 35879 del 25/06/2008 e Sez. 3, n. 4746 del 12/12/2007). Pertanto, per la difesa, sarebbe irrazionale la previsione di un'ipotesi di esclusione della confisca il cui ambito applicativo sia limitato alle fattispecie delittuose codicistiche e non sia suscettibile di essere esteso alle ipotesi contravvenzionali contemplate dal codice dell'ambiente, ab origine meno gravi. Non sussisterebbe, inoltre, l'affermata diversità degli interessi tutelati dalle norme incriminatrici e contravvenzionali, potendosi individuare l'ambiente quale unico bene giuridico tutelato in tutte le fattispecie, quale che sia la loro natura. Priva di rilievo si ritiene, parimenti, l'ultima argomentazione adottata dal Tribunale, secondo la quale la confisca che discende dalla violazione dell'art. 256 del d.lgs. n. 152 del 2006, risponde a una finalità squisitamente sanzionatoria e di "rappresaglia nei confronti dell'autore del reato", in quando ha ad oggetto il mezzo
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