Cass. civ., sez. II, sentenza 02/10/2014, n. 20853
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Il termine entro il quale il proponente si obbliga a mantenere ferma la proposta, ai sensi dell'art. 1329, primo comma, cod. civ., costituisce elemento essenziale della proposta irrevocabile sicché, deve essere fissato dallo stesso proponente. In mancanza di tale determinazione la proposta va considerata pura e semplice, ed è revocabile, a norma dell'art. 1328, primo comma, cod. civ., finché il contratto non sia concluso.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P L - Presidente -
Dott. M L - rel. Consigliere -
Dott. P C A - Consigliere -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1813-2009 proposto da:
COMUNE CALVENZANO 00246370167, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell'avvocato P A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato V L;
- ricorrente -
contro
T G, T R T, T M G, T L TDNLGU48A41B442A, T M T, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARTOLOMEI N. 23, presso lo studio dell'avvocato I E, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato B P;
- controricorrenti -
e contro
G T;
- intimata -
avverso la sentenza n. 482/2008 della CORTE D'APPELLO di BRESCIA, depositata il 13/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/06/2014 dal Consigliere Dott. L M;
udito l'Avvocato P A, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato IVELLA Enrico, difensore del resistente che si riportato agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato nel febbraio del 1995 il Comune di Calvenzano conveniva dinanzi al Tribunale di Bergamo G Teresa nonché T B, Tadini Luigi, Tadini Maria Tullia, Tadini Maria Gabriella, Tadini Giovanni e Tadini Rosaria Teresa, quali eredi di G A, assumendo che, con scrittura privata del 24-2-1993, G Teresa e G A avevano promesso di vendere al Comune un terreno dell'estensione di circa 6.980 mq. L'attore affermava che, a seguito del verificarsi della condizione prevista nel contratto (approvazione da parte della Giunta Regionale della Variante al P.R.G. indicata nelle premesse dell'atto), il Comune, con Delib. 9 maggio 1994, aveva accettato la promessa di vendita e deliberato di procedere all'acquisto del terreno;e che, avendo il Sindaco, in data 5-7-1994, comunicato alle sorelle G l'accettazione, il contratto di compravendita doveva ritenersi perfezionato, ai sensi dell'art. 1326 c.c.. Ciò posto e atteso che i convenuti non avevano aderito alla richiesta di procedere alla vendita, il Comune chiedeva l'emissione di sentenza che tenesse luogo del contratto di compravendita e la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.
Nel costituirsi, i convenuti contestavano la fondatezza della domanda, sostenendo, in particolare, che il contratto di compravendita in questione non si era mai perfezionato secondo lo schema (proposta-accettazione) previsto dall'art. 1326 c.c.. Essi affermavano, infatti, che l'atto unilaterale del 24-2-1993 non poteva essere qualificato come proposta irrevocabile, per difetto del requisito essenziale del "certo tempo" previsto dall'art. 1329 c.c.. Pertanto, qualificata la proposta come revocabile ed esclusa l'applicabilità dell'art. 1330 c.c., l'atto non era opponibile agli eredi di G A, deceduta il 19-6-1994, in epoca anteriore alla comunicazione dell'accettazione della proposta, avvenuta il 5-7-1994.
Il giudizio, interrotto a seguito del decesso di T B, veniva riassunto nei confronti dei suoi eredi.
Con sentenza in data 31-10-2003 il Tribunale rigettava la domanda, ritenendo non validamente costituito il rapporto processuale, per difetto di autorizzazione a stare in giudizio in capo al rappresentante del Comune.
Avverso la predetta decisione proponeva appello il Comune di Calvenzano, il quale, nel merito, ribadiva la natura di proposta irrevocabile, ai sensi dell'art. 1329 c.c., del negozio in data 23-2- 2003, che conteneva il termine entro cui la proposta doveva ritenersi ferma, cioè 12 mesi successivi all'approvazione da parte della Giunta Regionale della variante al P.R.G..
Con sentenza in data 13-5-2008 la Corte di Appello di Brescia, dato atto preliminarmente della produzione, da parte dell'appellante, della Delib. Consiglio Comunale 2 febbraio 1995 di autorizzazione del Sindaco a stare in giudizio, rigettava la domanda attrice. La Corte territoriale rilevava che l'atto sottoscritto in data 24-2-1993 da G T e A, pur essendo denominato "proposta irrevocabile", non poteva ritenersi tale, in quanto in esso non era stabilito alcun termine entro il quale la proposta doveva ritenersi ferma. Il giudice del gravame osservava, infatti, che la previsione secondo cui la proposta si "intende irrevocabile a condizione che la Giunta Regionale approvi integralmente la variante..." costituiva una vera e propria condizione alla quale il negozio era sottoposto;
mentre il termine di dodici mesi stabilito nella stessa clausola, lungi dal costituire il termine determinato entro cui restava ferma la proposta, si limitava a disciplinare, una volta che si fosse verificata la condizione, l'entità del prezzo da corrispondere, prevedendo una forma di tutela delle venditrici dai ritardi nell'"acquisizione" del fondo e, quindi, nel versamento del prezzo. Secondo la Corte di Appello, pertanto, non potendosi ritenere la proposta irrevocabile, l'accettazione, intervenuta dopo la morte di una delle promittenti, non poteva vincolare gli eredi di questa. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Comune di Calvenzano, sulla base di quattro motivi, corredati dalla formulazione di quesiti, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c, applicabile nella fattispecie ratione temporis.
Tadini Luigi, Maria Tullia, Maria Gabriella, Giovanni e Rosaria Teresa hanno resistito con controricorso, mentre G Teresa, già contumace in appello, non ha svolto attività difensive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 1326 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la proposta sottoscritta da G T e A non era mai stata revocata e che, pertanto, ai sensi dell'art. 1326 c.c., il contratto di cessione doveva ritenersi perfezionato, per effetto dell'accettazione della proposta da parte del Comune, comunicata con lettera datata 11-2- 1994, con la quale le proponenti venivano informate dell'intervenuta approvazione della Variante al Piano Regolatore.
1a) Il motivo è inammissibile, ponendo una questione nuova che, implicando la necessità di ulteriori indagini di fatto, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità. Come è noto, infatti, nel giudizio di cassazione è preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito (13-9-2007 n. 19164;Cass. 9-7-2013 n. 17041). Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che nelle precedenti fati del giudizio il Comune di Calvenzano aveva sostenuto che il contratto di compravendita tra le parti si era perfezionato, ai sensi dell'art. 1326 c.c., in data 5-7-1994, con la comunicazione alle sorelle G dell'accettazione della loro proposta;e su tale assunto si erano difesi i convenuti, deducendo che, trattandosi di proposta revocabile, la stessa era inefficace nei confronti degli eredi di G A, deceduta il 19-6-1994, in epoca anteriore alla comunicazione dell'accettazione da parte del Comune.
Il ricorrente, d'altro canto, venendo meno al principio di autosufficienza del ricorso, non ha specificato se e quando abbia dedotto nel giudizio di merito che il contratto si era concluso in epoca anteriore alla morte di G A, per effetto della comunicazione dell'accettazione inviata in data 11-2-1994;ne', tanto meno, ha indicato il momento processuale della produzione di tale documento, di cui la sentenza impugnata non contiene alcuna menzione. 2) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, la proposta contenuta nella scrittura del 24-2-1993 deve considerarsi irrevocabile, ai sensi dell'art. 1329 c.c., trovando la circostanza conferma sia nel tenore letterale di tale atto ("la presente proposta si intende irrevocabile"), sia nel fatto che nello stesso atto è stato espressamente indicato il termine fino al quale la proposta de qua veniva mantenuta ferma, ossia entro 12 mesi dalla data di pura e semplice, è revocabile, a norma dell'art. 1328 c.c., comma 1, finché il contratto non sia concluso (Cass. 7-4-1987 n. 3339;Cass. 19-2-1981 n. 1011;Cass. S.U. 24-5-1975 n. 2103).
È stato altresì precisato che nella proposta irrevocabile, disciplinata dall'art. 1329 c.c., l'elemento normativamente richiesto per l'irrevocabilità è la determinazione del tempo fino alla consumazione del quale il proponente è obbligato a mantenere ferma la proposta, ragione per cui, l'essenzialità e la funzione di tale termine escludono che la limitazione della facoltà di revoca possa risolversi nella negazione definitiva di essa e nella subordinazione dell'efficacia della proposta esclusivamente alla volontà del suo destinatario. Ne consegue che, ove si pattuisca che il termine entro il quale la proposta deve rimanere ferma, coincida con la sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita o, in difetto, con il rogito notarile di trasferimento della proprietà, deve negarsi l'esistenza stessa di una proposta irrevocabile, perché tale fattispecie presuppone che alla scadenza del termine il proponente riacquisti la possibilità di esercitare la facoltà di revoca (Cass. 2-8-2010 n. 18001). È stato puntualizzato, inoltre, che il termine di efficacia di una proposta contrattuale va distinto da quello di irrevocabilità della proposta stessa, l'uno (disciplinato dall'art. 1326 c.c.) avendo la funzione di stabilire il lasso di tempo entro il quale deve pervenire, approvazione da parte della Regione Lombardia della Variante del Piano Regolatore, adottata dal Comune di Calvenzano in data 24-2-1993. Sostiene che, in conformità del dettato dell'art. 1329 c.c., la proposta in questione prevede il "certo termine" in cui
viene mantenuta ferma;e che anche laddove si ritenesse, come ex adverso preteso, che il decorso di tale termine fosse subordinato all'avveramento di una condizione, non sussisterebbero, comunque, seri ostacoli alla sussunzione della proposta in esame nell'ambito della norma predetta. Afferma, pertanto, che avendo il Comune di Calvenzano, una volta intervenuta (in data 14-12-1993) l'approvazione della variante da parte della Giunta Regionale, comunicato l'accettazione della proposta irrevocabile con lettere raccomandate dell'11-2-1994 e del 5-7-1994, il contratto invocato dall'attore doveva ritenersi perfezionato, con conseguente obbligo dei convenuti di addivenire alla stipulazione dell'atto di compravendita. 2a) Il motivo è infondato.
Deve premettersi che, secondo i principi affermati in materia della giurisprudenza, il termine entro il quale il proponente si obbliga a mantenere ferma la proposta, ai sensi dell'art. 1329 c.c., comma 1, costituendo elemento essenziale della proposta irrevocabile, deve essere fissato dallo stesso proponente. In mancanza di tale determinazione, la proposta, dovendo considerarsi all'autore di questa, la relativa accettazione, l'altro (disciplinato dal successivo art. 1329) essendo inteso a fissare i limiti di durata di quell'ulteriore e specifica manifestazione di volontà, necessaria perché una semplice proposta contrattuale acquisti anche il suddetto eccezionale carattere dell'irrevocabilità, con la duplice conseguenza di una possibile diversità di ampiezza dei due termini e della insufficienza, ai fini di siffatta acquisizione, della sola indicazione del primo (Cass. 11-1-1990 n. 41). Nella specie, la Corte di Appello, attenendosi agli enunciati principi, ha correttamente premesso che requisito essenziale della proposta irrevocabile è la previsione di un termine, senza il quale la parte proponente resterebbe vincolata in modo indeterminato alle scelte dell'altro contraente. Ciò posto, il giudice del gravame, nell'esaminare il testo della proposta di cessione formulata da G T e A, ha maturato il convincimento secondo cui il predetto atto, nonostante la intitolazione di "proposta irrevocabile", non può essere considerato tale, mancando in esso la previsione di un termine fino al quale le proponenti si obbligavano a mantenere ferma la proposta, ai sensi dell'art. 1329 c.c., comma 1. A tali conclusioni la Corte territoriale è pervenuta sulla base di un percorso argomentativo esauriente e privo di vizi logici, con cui ha evidenziato da un Iato che la previsione secondo cui la proposta si "intende irrevocabile a condizione che la Giunta Regionale approvi integralmente la variante... " costituiva una vera e propria condizione, e dall'altro che il termine di dodici mesi stabilito nella stessa clausola ("in caso affermativo l'atto di acquisizione da parte del Comune delle aree destinate a verde pubblico potrà avvenire entro 12 mesi dalla data di approvazione della Giunta Regionale Lombarda. Qualora l'acquisizione dovesse avvenire oltre tale data il Comune dovrà riconoscere l'adeguamento ISTAT"), lungi dal costituire il termine determinato entro cui restava ferma la proposta, si limitava a disciplinare, una volta che si fosse verificata la condizione, l'entità del prezzo da corrispondere, prevedendo una forma di tutela delle venditrici dai ritardi nell'"acquisizione" del fondo e, quindi, nel versamento del prezzo. Si tratta di una ricostruzione plausibile della volontà negoziale, che rende la decisione impugnata immune dai vizi denunciati, sottraendola al sindacato di questa Corte.
Va, in proposito, rilevato che l'interpretazione dell'atto unilaterale, la quale consiste, allo stesso modo dell'ermeneusi del contratto, nell'accertamento della volontà del dichiarante, si risolve in un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, la cui valutazione è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche;sicché non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale, operata dal giudice di merito, che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati (Cass. 19-12-2006 n. 27168). Nella specie, le censure mosse con il motivo in esame si risolvono sostanzialmente nella prospettazione di una diversa interpretazione dell'intento delle proponenti, che nulla toglie alla congruità e logicità di quella offerta dalla sentenza impugnata. 3) Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 112 c.p.c., degli artt. 1103 e 1470 c.c., nonché l'omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che la sentenza impugnata ha omesso di statuire e di motivare sulla domanda proposta dal Comune di Calvenzano nei confronti di G Teresa. Rileva che, anche a voler ritenere corretta la ricostruzione operata dalla Corte di Appello, la domanda di adempimento avrebbe potuto essere rigettata solo nei confronti degli eredi di G A, ma non anche nei confronti dell'altra proponente, alla quale l'accettazione è regolarmente pervenuta, senza che venisse revocata la proposta. Il giudice del gravame, pertanto, avrebbe dovuto dichiarare il Comune proprietario del bene per la quota indivisa (pari a metà ex art. 1101 c.c.) vendutagli da G Teresa.
3a) Il motivo, nella parte in cui denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., è infondato, avendo la Corte di Appello rigettato la
domanda attrice nei confronti di tutti i convenuti, compresa G Teresa. Non sussiste, pertanto, il dedotto vizio di omessa pronuncia, il quale è configurabile solo nell'ipotesi in cui sia mancata da parte del giudice di appello ogni decisione su un motivo di impugnazione, e non anche nel caso in cui il giudice di merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l'abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare adeguatamente la decisione (cfr. Cass. 17-7-2007 n. 15882;Cass. 19-5- 2006 n. 11844;Cass. 14-3-2006 n. 5444;Cass. 14-2-2006, n. 3190;Cass. 12-12-2005 n. 27387). 3b) Nella parte in cui si duole della mancata declaratoria della proprietà del Comune per la quota indivisa vendutagli da G Teresa, il motivo è inammissibile, proponendo una questione nuova. Questa Corte ha più volte avuto modo di affermare che, nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, dovendosi presumere - in difetto di elementi, desunti dal tenore del contratto, che siano idonei a far ritenere che con esso siano state assunte (anche contestualmente) dai comproprietari promittenti distinte autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà - che il bene sia stato considerato dalle parti come un "unicum" giuridico inscindibile, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un'unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un'unica manifestazione negoziale;con la conseguenza che, qualora una di dette manifestazioni manchi, o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell'art. 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente
possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello (o di quelli) tra i comproprietari promittenti, dei quali esista e persista l'efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare (Cass. 13-5-1999 n. 4747;Cass. 5-12-1997 n. 12348;Cass. 22-10-1997 n. 10367;Cass. Sez. Un. 8-7-1993 n. 7481).
Per analoghe considerazioni, in caso di proposta di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, deve presumersi - in difetto di elementi contrari desumibili dal tenore della dichiarazione - che il bene sia stato considerato dai comproprietari proponenti come un "unicum" inscindibile, e che i predetti si siano posti come un'unica parte contrattuale complessa, fondendosi le loro dichiarazioni in un'unica volontà negoziale. Ne consegue che, qualora una di dette dichiarazioni negoziali risulti viziata ab origine o rimanga caducata per una causa sopravvenuta (in particolare, per la morte di uno dei proponenti, intervenuta prima dell'accettazione della controparte), rimane preclusa la possibilità di conclusione del contratto ai sensi dell'art. 1326 c.c.. Nel caso in esame, dalla lettura della sentenza impugnata non risulta che con l'atto di appello il Comune di Calvenzano abbia dedotto che la proposta di vendita delle G abbia riguardato le singole quote di comproprietà e non l'intero immobile, considerato come un unicum inscindibile;ne', venendo meno al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente ha specificato se e quando nelle anteriori fasi di merito abbia chiesto una riduzione del petitum originario, costituito dal trasferimento della proprietà dell'intero immobile.
La questione dell'autonoma trasferibilità della quota di comproprietà dell'immobile spettante a G Teresa, pertanto, involgendo la necessità di indagini di fatto circa l'effettiva volontà negoziale delle proponenti, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.
4) Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione dell'art. 112 c.p.c., nonché dell'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte di Appello completamente omesso di statuire sulla domanda di risarcimento danni, che avrebbe dovuto essere in ogni caso valutata nei confronti di G Teresa, rimasta inadempiente nonostante il perfezionamento del vincolo contrattuale.
4a) Il motivo rimane assorbito dal rigetto del terzo, che preclude la possibilità di ravvisare la sussistenza del dedotto inadempimento di G Teresa.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai resistenti Tadini Luigi, Maria Tullia, Maria Gabriella, Giovanni e Rosaria Teresa nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.