Cass. civ., SS.UU., sentenza 22/09/2016, n. 18569
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Il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l'inserimento della sentenza nell'elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione. Qualora, peraltro, tali momenti risultino impropriamente scissi mediante apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, ai fini della verifica della tempestività dell'impugnazione, il giudice deve accertare - attraverso istruttoria documentale, ovvero ricorrendo a presunzioni semplici o, infine, alla regola di cui all'art. 2697 c.c., alla stregua della quale spetta all'impugnante provare la tempestività della propria impugnazione - quando la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell'elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo.
Sul provvedimento
Testo completo
18569/16 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Conseguenze dellapposizione LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE in calce alla SEZIONI UNITE CIVILI sentenza di due diverse Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: date rispettivamente Primo Pres.te f.f. Dott. RENATO RORDORF - indicate come di Presidente Sezione Dott. CARLO PICCININNI deposito e pubblicazione Presidente Sezione Dott. GIOVANNI AMOROSO R.G. N. 17641/2009 Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO Cron. 18569 Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE Rep. Rel. Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI Ud. 19/04/2016 Consigliere Dott. MARCELLO IACOBELLIS PU CI. - Consigliere Dott. BIAGIO VIRGILIO Dott. PASQUALE D'ASCOLA Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 17641-2009 proposto da: BA NC, BA MARIA, nella qualità di 2016 eredi di NI RÒ, elettivamente domiciliate in 185 ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo studio degli avvocati MAURIZIO VASCIMINNI, MORAVIA NICO, LARNE' MARIA PIA, che le rappresentano e difendono, per delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
COMUNE DI REGGIO CALABRIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 130, presso lo studio dell'avvocato FILIPPO NERI, rappresentato e difeso dall'avvocato PAOLO NERI, per delega a margine del controricorso;
controricorrente
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso 1'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
resistente avversO la sentenza n. 150/2008 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 28/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/04/2016 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;
uditi gli avvocati GIUSEPPE BUCCA per delega dell'avvocato Paolo Neri e FRANCESCO MELONCELLI per l'Avvocatura Generale dello Stato;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in fatto Nel procedimento instaurato dal Ministero delle Finanze nei confronti del Comune di Reggio Calabria per opporsi alla stima dell'indennità di esproprio di un'area appartenente alle Stato, NI RÒ ha spiegato intervento volontario chiedendo il riconoscimento in suo favore della proprietà di parte dell'area suddetta per intervenuta usucapione e aderendo, per il resto, all'opposizione formulata dal Ministero. La Corte d'Appello di Reggio Calabria, confermando la decisione di primo grado, ha respinto le domande della RÒ. Per la cassazione di questa sentenza MA e SC ET, eredi di NI RÒ, hanno proposto ricorso nei confronti del Comune di Reggio Calabria e del Ministero dell'Economia e delle Finanze, il primo dei quali ha resistito con controricorso mentre il secondo ha depositato atto denominato "di costituzione" ai fini della partecipazione all'udienza di discussione. Il Comune e le ricorrenti hanno depositato successive memorie. Il collegio della seconda sezione civile di questa Corte chiamato a decidere sul ricorso, rilevato che la sentenza impugnata reca una data di deposito nonché una diversa e successiva (di sette mesi) data di pubblicazione, entrambe seguite da timbro e firma del cancelliere, e che il ricorso per cassazione risulta spedito per la notifica nell'ultimo giorno utile ai sensi dell'art. 327 c.p.c. assumendo come dies a quo la seconda delle date suddette, ha rinviato la trattazione della causa in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione -sollevata da altro collegio della stessa sezione- avente ad oggetto la legittimità costituzionale delle norme in materia di pubblicazione della sentenza e di individuazione del dies a quo di decorrenza del cd. "termine lungo" di impugnazione. Successivamente, con ordinanza interlocutoria n. 19140 del 2015, il collegio, preso atto della decisione della Consulta (escludente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, l'illegittimità degli artt. 133 primo e secondo comma e 327 primo comma c.p.c.), ha denunciato il contrasto determinatosi in relazione alla differente lettura (e applicazione) della citata decisione della Corte costituzionale da parte di altri collegi della medesima sezione, in particolare con riguardo alla possibile ampiezza ed agli eventuali limiti del ricorso alla rimessione in termini per l'impugnazione, sollecitando in proposito l'intervento compositivo di queste sezioni unite. Ritenuto in diritto 1.E' prioritaria la verifica della tempestività del ricorso, pertanto va innanzitutto affrontata la questione in ordine alla quale si è evidenziato il contrasto che ha determinato l'assegnazione del ricorso a queste sezioni unite. In proposito occorre precisare: che la sentenza impugnata non risulta notificata;
che essa, come sopra evidenziato, reca in calce due annotazioni riportanti ciascuna una data, la prima delle quali (28.10.2007) indicata come data di deposito e l'altra (28 maggio 2008) come data di pubblicazione;
che le suddette annotazioni sono entrambe sottoscritte dal cancelliere;
che, infine, il ricorso risulta notificato al Ministero dell'Economia e delle Finanze con consegna a mani dell'impiegata incaricata presso l'Avvocatura Generale dello Stato il 13 luglio 2009, e consegnato in pari data all'Ufficio notifiche della Corte d'Appello di Roma per la notifica al Comune di Reggio Calabria, effettuata a mezzo posta. I dati sopra esposti rendono evidente che nella specie la notifica del ricorso può ritenersi tempestiva, siccome effettuata nell'ultimo giorno utile (anche per il Comune di Reggio Calabria, a differenza di quanto dall'ente sostenuto nei propri scritti difensivi, dovendosi avere riguardo alla data di consegna all'ufficiale giudiziario e non a quella in cui quest'ultimo consegna il plico alla posta), soltanto se si identifica il dies a quo per la decorrenza del termine cd. "lungo" di impugnazione nella seconda delle date suddette (indicata come di "pubblicazione"). Risulta pertanto imprescindibile individuare, tra quelle recate dalla sentenza, la data alla quale fare riferimento per la decorrenza del termine predetto e, ove si individui la prima di tali date (indicata come di "deposito"), stabilire se sia possibile (e, nel caso, eventualmente entro quali limiti) una rimessione in termini delle ricorrenti che abbiano, in ipotesi, senza colpa lasciato decorrere il termine di impugnazione.
2.La questione dell'apposizione di una doppia data alle sentenze civili, con le conseguenti problematiche giuridiche anche sul piano. costituzionale, non è purtroppo nuova. Essa si è posta (e riproposta) frequentemente nel tempo, sotto diversi profili, dando origine ad una copiosa e non univoca giurisprudenza di legittimità nonché a sospetti di illegittimità costituzionale, basti pensare che già negli anni settanta del secolo scorso le sezioni unite, chiamate a pronunciarsi in proposito, con la sentenza n. 3501 del 1979 hanno affermato che il termine per l'impugnazione previsto dall'art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza, cioè dal momento del suo deposito in cancelleria, non già dal momento della comunicazione dell'avvenuto deposito alla parte costituita, senza che la citata norma sia per questo sospettabile di illegittimità costituzionale. Molto più recentemente però il continuo riproporsi della sciagurata consuetudine di apporre una doppia data in calce alle sentenze civili ha determinato un articolato intrecciarsi e sovrapporsi di interventi giurisdizionali che non risulta ancora sopito se queste Sezioni unite sono chiamate ancora una volta in pochi anni a pronunciarsi in materia, pur essendosi sulla questione già pronunciato più volte il giudice di legittimità, anche a sezioni unite, ed il giudice delle leggi. La prima considerazione che il complesso degli autorevolissimi interventi giurisprudenziali sopra sinteticamente richiamato suggerisce attiene al rilievo che le ripetute pronunce sulla questione riguardano tutte ipotesi in cui in calce alla sentenza sono state apposte dal cancelliere due date (individuate rispettivamente come di deposito e di pubblicazione), con un comportamento definito dalla Corte Costituzionale (non mera irregolarità bensì) "patologial procedimentale grave", ancor più grave se si pensa che tutte le pronunce in argomento, pur divergenti tra loro su aspetti anche non secondari, sono da sempre concordi nello stigmatizzare incondizionatamente tale comportamento non solo per la sual determinante influenza sulle posizioni giuridiche degli interessati ma perché, ancor prima, introduce dubbi e ambiguità in un momento processuale di massimo rilievo, inducendo il fondato sospetto che non sia sufficiente una stigmatizzazione in sede processuale di tale deprecabile consuetudinehò, ma si rendano forse necessari interventi ulteriori, quanto meno di carattere disciplinare. E' poi ancora da considerare che il plurimo e complesso quadro giurisprudenziale sopra richiamato, pur a tratti contrastante e per certi versi di non immediata decifrabilità (come si avrà modo di evidenziare più specificamente in prosieguo), trova giustificazione nell'esigenza (non sempre soddisfatta) di ricondurre a razionalità ed univocità il sistema con riguardo ad una questione di assoluta. centralità, quella dell'individuazione del momento di perfezionamento dell'iter procedimentale che porta al deposito/pubblicazione della sentenza civile (qualunque sia il significato che a tali termini si intende attribuire), cioè del momento nel quale la sentenza suddetta diviene perfetta, esistente, efficace ed irretrattabile (quindi insensibile ai mutamenti legislativi ed alle vicende esistenziali del suo "autore") e a partire dal quale cominciano a decorrere i termini per l'impugnazione nonché, specularmente, per il relativo passaggio in giudicato, restando la decisione in ordine alla identificazione di tale momento comprensibilmente influenzata dall'esigenza di evitare che sulla durata del procedimento