Cass. pen., sez. V, sentenza 26/07/2018, n. 35792

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 26/07/2018, n. 35792
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35792
Data del deposito : 26 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: COCO GIANLUCA nato a BOLOGNA il 30/11/1971 avverso la sentenza del 19/09/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per il rigetto udito il difensore N E

COMPARSO RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Bologna ha dichiarato l'improcedibilità, ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen., del reato di cui all'art. 615 ter cod. pen. per il quale il tribunale in sede aveva affermato la penale responsabilità di G C. La corte territoriale ha ritenuto integrato l'illecito accesso al sistema informatico dell'Istituto Comprensivo di Budrio, in cui l'imputato si era introdotto utilizzando l'account e le password di altra dipendente e mediante il quale aveva elaborato un falso documento di fine rapporto a nome di persona che non aveva mai prestato servizio presso l'amministrazione, cancellandolo subito dopo la compilazione, reputando non conducente - in punto di esclusione dell'antigiuridicità del fatto tipico - l'asserita funzione di sperimentazione della vulnerabilità del sistema, prospettata dal ricorrente.

2. Avverso la sentenza, ha proposto ricorso l'imputato, per mezzo del difensore, deducendo, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla valutazione dell'antigiuridicità della condotta, per avere la corte territoriale omesso di motivare in ordine all'esclusione della rilevanza penale del fatto in conseguenza della finalità di denuncia che ha ispirato l'accesso. Sul ricorrente, persona incarica di pubblico servizio, gravava l'obbligo di segnalazione di condotte illecite di cui fosse venuto a conoscenza nell'esercizio del servizio, con conseguente sussistenza della causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen.. Con il secondo motivo, denuncia mancanza di motivazione in relazione alla richiesta del beneficio della non menzione della declaratoria ex art. 131 bis cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

2. Nel riproporre la prospettazione avanzata nei motivi d'appello, il ricorrente deduce la sussistenza della causa di giustificazione, anche in forma putativa, dell'adempimento del dovere, fondato sul vincolo di fedeltà che lega il pubblico dipendente all'amministrazione derivante dagli artt. 54 e 54 bis del d. Igs. 165/2001, disposizioni che prevedono obblighi di informazione finalizzati alla prevenzione di fenomeni illeciti, quali la corruzione, a cui è correlata la non punibilità, sotto il profilo disciplinare e antidiscriminatorio, del dichiarante.

3. Siffatta deduzione appare, all'evidenza, infondata.

3.1.L'art. 54 bis del d. Igs. 165/2001, introdotto dall'articolo 1, comma 51, del d. Igs. 190/2012, nel testo aggiornato dall'articolo 1 della legge 30.11.2017, n. 179, recante disciplina della "segnalazione di illeciti da parte di dipendente pubblico", intende tutelare il soggetto, legato da un rapporto pubblicistico con l'amministrazione, che rappresenti fatti antigiuridici appresi nell'esercizio del pubblico ufficio o servizio. L'istituto, che presenta analogie con altre figure di ambito internazionale (da cui deriva anche il termine whistleblowing), si conforma strutturalmente all'361 cod. pen. ma se ne distingue in riferimento ai presupposti ed all'ambito di operatività, nella doppia declinazione della tutela del rapporto di lavoro e del potenziamento delle misure di prevenzione e contrasto della corruzione. La segnalazione in esame risponde, difatti, ad una duplice ratio, consistente da un lato nel delineare un particolare status giuslavoristico in favore del soggetto che segnalata illeciti e, dall'altro, nel favorire l'emersione, dall'interno delle organizzazioni pubbliche, di fatti illeciti, promuovendo forme più incisive di contrasto alla corruzione. In riferimento al primo profilo, l'ultima parte del comma 1 dell'articolo 54- bis prevede che il dipendente virtuoso non possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro, per motivi collegati alla segnalazione effettuata, che deve avere ad oggetto una condotta illecita, non necessariamente penalmente rilevante. Quanto ai destinatari della comunicazione, la stessa può essere rivolta all'autorità giudiziaria ordinaria, alla magistratura contabile ed al superiore gerarchico del segnalatore. In riferimento all'oggetto, la formula riferita al contesto di acquisizione della notizia ("di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro") esprime che il fatto oggetto di segnalazione possa riguardare — a fini di tutela del dipendente - solo informazioni acquisite nell'ambiente lavorativo. Alle condizioni date, i commi 2 e 4 dell'articolo 54-bis prevedono un articolato sistema di protezione dell'anonimato del segnalante, in una prospettiva palesemente incentivante, escludendo la materia dalla normativa in tema di accesso civico e dall'ambito di applicazione della legge 241/1990 e limitando la rivelazione dell'identità ai soli casi di indispensabilità per la difesa dell'incolpato.Con l'orientamento n.40 dell'ANAC, il sistema è stato esteso anche mediante la previsione di informativa in favore del responsabile anticorruzione che viene, in tal modo, a potenziare il ruolo centrale, nell'ambito della singola organizzazione pubblica, in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione.
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