Cass. civ., SS.UU., sentenza 09/06/2011, n. 12539

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Massime2

Anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell'art. 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dalla Corte dei conti è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del giudice contabile, ovvero all'esistenza di vizi che riguardano l'essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli "errores in iudicando" o "in procedendo". Pertanto, la censura relativa alla legittimità ed utilizzabilità nell'ambito del processo contabile, ai sensi dell'art. 651 cod. proc. pen., delle prove raccolte in un processo penale terminato con sentenza di condanna passata in giudicato - riguardando la correttezza dell'esercizio del potere giurisdizionale da parte della Corte dei conti - rimane estranea al controllo sull'eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione stessa.

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 651 cod. proc. pen., prospettata in riferimento all'art. 103 Cost., nella parte in cui tale norma attribuisce efficacia vincolante al giudicato penale di condanna nel giudizio amministrativo per risarcimento del danno che si svolge davanti alla Corte dei conti; appartiene, infatti, alla discrezionalità del legislatore - secondo quanto affermato anche dalla Corte costituzionale - fissare i limiti dei rapporti tra la giurisdizione penale e quella contabile, e l'art. 651 cod. proc. pen. costituisce un'eccezione rispetto alla regola generale che è nel senso dell'autonomia tra il giudizio penale e quelli civili e amministrativi.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 09/06/2011, n. 12539
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12539
Data del deposito : 9 giugno 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V P - Primo Presidente f.f. -
Dott. D L M - Presidente di sezione -
Dott. S A - rel. Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. M L - Consigliere -
Dott. C F - Consigliere -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. M U - Consigliere -
Dott. T F - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 23901/2010 proposto da:
D F G, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE TRASTEVERE 78, presso lo studio dell'avvocato C G, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

- controricorrente -

contro
B L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRIONFALE 7032, presso lo studio dell'avvocato G D, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza n. 130/2010 della CORTE CONTI -Sezione giurisdizionale d'appello per la regione siciliana - PALERMO, depositata il 03/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

uditi gli avvocati Guido CORSO, Dimitri GOGGIAMANI;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Procura della Corte dei Conti per la regione Sicilia, su informativa del P.M. presso il tribunale di Palermo che procedeva per i reati di falso, abuso di ufficio e corruzione, conveniva davanti a quella Sezione giurisdizionale regionale Gaetano D F, dirigente della Regione Sicilia, B Luciano, funzionario dell'UTE di Roma, ed altri amministratori regionali per il danno erariale subito dalla regione Sicilia nella misura di Euro 2.490.000//00, quale danno patrimoniale, e di eguale somma quale danno non patrimoniale, per una serie di illeciti commessi nelle procedure di acquisto di un immobile in Roma, da adibire a rappresentanza. Il procedimento penale si concluse nei confronti del B con sentenza emessa a norma dell'art. 444 c.p.c. (c.d. patteggiamento) e nei confronti di D F con sentenza di condanna.
La sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti affermava la responsabilità amministrativa del D F e del B e li condannava a pagare in solido alla regione la somma di Euro 220.000,00, con rivalutazione ed interessi per danno patrimoniale dall'anno 1991 ed Euro 105.000//00 per danno all'immagine. La sezione giurisdizionale di appello della Corte dei conti per la regione Sicilia, adita dai convenuti condannati, con sentenza depositata il 3.5.2010, rigettava l'appello. In particolare il giudice di appello riteneva che nella fattispecie sussistesse la giurisdizione della Corte dei Conti anche nei confronti del B, funzionario dell'UTE e non della regione, nonostante che il fatto si fosse verificato anteriormente all'entrata in vigore della L. 14 gennaio 1994, n. 20, art. 1, in quanto nell'attività del B, che quale tecnico UTE aveva redatto la stima di congruità e poi il verbale di consegna, era ravvisabile il rapporto di servizio in senso lato. Riteneva poi la sezione giurisdizionale che sulla base delle prove raccolte in sede penale, autonomamente ed esattamente valutate dal primo giudice, andava affermata la responsabilità amministrativa del B. Quanto al D F, riteneva il giudice di appello che la sentenza penale di condanna emessa in sede dibattimentale vincolava il giudice contabile quanto alla sussistenza del fatto di reato ed alla sua imputabilità al convenuto, dovendosi solo verificare la sussistenza del danno erariale e la sua riconducibilità al convenuto;
che l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 651 c.p.p. per violazione dell'art. 103 Cost., era manifestamente infondata, in quanto nel caso in esame "il fatto si è rilevato sovrapponibile con quello accertato dal giudice penale", in particolare risultante dalla sentenza della Cassazione penale 27.7.2007, n. 30757. Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione D F Gaetano e ricorso incidentale B Luciano. Resiste con due controricorsi il procuratore generale presso la Sezione giurisdizionale di appello della Corte dei Conti per la regione Sicilia. Il D F ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi. Quanto al ricorso proposto da Gaetano D F, va, anzitutto, rigettata l'eccezione del resistente di inammissibilità del ricorso per non essere stata riproposta in appello l'eccezione di difetto di giurisdizione. Infatti con l'appello il D F aveva censurato la sentenza di primo grado per omesso esercizio della giurisdizione da parte del giudice contabile, che si era adeguato al giudicato penale, a norma dell'art. 651 c.p.p.. 1.2. Occorre preliminarmente esaminare l'eccezione del ricorrente di illegittimità costituzionale dell'art. 651 c.p.p., per contrasto con l'art. 103 Cost., comma 2, nella parte in cui attribuisce efficacia vincolante al giudicato penale di condanna nel giudizio amministrativo per risarcimento del danno. Ritiene il ricorrente che l'art. 651 c.p.p., prevedendo un vincolo nel "giudizio amministrativo" per il risarcimento del danno e, quindi, nel processo di responsabilità amministrativa, derivante dal giudicato penale, sia pure relativamente all'accertamento del fatto ed all'imputabilità di questo all'agente, comporta la violazione dell'art. 103 Cost., in quanto tali fatti - in luogo di essere sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti - finiscono per essere sostanzialmente sottoposti alla giurisdizione del giudice ordinario penale.

2.1. L'eccezione è manifestamente infondata.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale l'art.103 Cost., comma 2, stabilisce il carattere della tendenziale e non
assoluta generalità della giurisdizione della Corte dei conti sulla materia della contabilità pubblica (della quale, peraltro, è dubbia la coincidenza con il c.d. danno alle risorse pubbliche o alla finanza pubblica).
La sua concreta attribuzione, però, richiede l'interpositio legislatoris, all'esito di valutazioni che non toccano soltanto gli aspetti procedimentali dei giudizio, ma investono scelte in ordine a diversi regimi sostanziali della responsabilità e del giudizio tali da comportare effetti diversi nei riguardi tanto dei responsabili che dei soggetti danneggiati, sicché soltanto al legislatore

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi