Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/08/2020, n. 17003

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/08/2020, n. 17003
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17003
Data del deposito : 13 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 10603/2012 R.G. proposto da Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
- ricorrente-

contro

Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia "P Manodori", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. N B e C C, con domicilio eletto in Roma, via Lazio, n. 20/C, presso lo studio di quest'ultimo;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Emilia- Romagna, sezione staccata di Parma, n. 22/22/11 depositata 1'8 marzo 2011. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 gennaio 2020 dal Consigliere G N;
udito l'Avv. C C per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P M, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei primi quattro motivi del ricorso, con assorbimento del quinto.

FATTI DI CAUSA

1. La Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia "P Manodori" (hinc anche: «la Fondazione») presentò la dichiarazione dei redditi per il periodo 10 ottobre 1993-30 settembre 1994, con la quale, avendo applicato al reddito imponibile l'aliquota agevolata (ridotta alla metà) dell'IRPEG prevista dall'art. 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 - cui riteneva di avere diritto - chiedeva il rimborso dell'eccedenza d'imposta di £ 2.160.000.000 (pari a € 1.115.546,90) che, conseguentemente, ne risultava. i Il 10 gennaio 2002, la stessa Fondazione presentava all'Ufficio di Reggio Emilia e alla Direzione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia delle entrate dei solleciti del rimborso richiesto. Il 25 maggio 2005, dopo essere stata informata dall'Ufficio di Reggio Emilia (con la lettera prot. n. 47412 del 18 settembre 2002) che il sollecito allo stesso diretto era stato trasmesso alla Direzione regionale dell'Emilia-Romagna, la Fondazione presentava un ulteriore sollecito (soltanto) a tale Direzione. Con atto prot. n. 30361 del 15 giugno 2005, quest'ultima comunicava alla Fondazione il rifiuto del rimborso richiesto in quanto l'agevolazione prevista dall'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 non spettava alle fondazioni casse di risparmio.

2. Con identici ricorsi, la Fondazione impugnava tale atto sia davanti alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia sia davanti Commissione tributaria provinciale di Bologna, le quali accolsero entrambe il ricorso della contribuente.

3. Avverso tali pronunce, l'Ufficio di Reggio Emilia e la Direzione regionale dell'Emilia-Romagna proposero congiuntamente appello alla Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma (hinc anche: «CTR»), che, riuniti i ricorsi, rigettò i due appelli. Rigettata l'eccezione di inammissibilità degli appelli sollevata dalla Fondazione per essere stati gli stessi proposti congiuntamente ed esclusa la litispendenza delle cause, la CTR affermò anzitutto l'impugnabilità, ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. g), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell'atto della Direzione regionale dell'Emilia- Romagna prot. n. 30361 del 15 giugno 2005 di rifiuto del rimborso. In secondo luogo, la stessa CTR asserì che l'affermazione delle sentenze di primo grado circa l'inapplicabilità della procedura dell'art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 - che l'Agenzia delle entrate deduceva di avere utilizzato - al fine di contestare il credito esposto nella dichiarazione della Fondazione era «stata contestata nei confronti della sentenza della CTP di Reggio Emilia in modo assolutamente generico ed inammissibile, esponendo che l'art. 36 bis all'epoca aveva portata più ampia, senza spiegare in cosa tale ulteriore ampiezza consista, e per nulla nei confronti della sentenza della CTP di Bologna». In terzo luogo, la CTR ritenne infondato il motivo di appello - in particolare, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia - con il quale si lamentava che la Fondazione, dopo avere riconosciuto, nel ricorso introduttivo avverso la stessa sentenza, l'applicabilità della procedura dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, l'avrebbe poi negata con un motivo aggiunto formulato solo nella memoria, in violazione degli artt. 24 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, motivando che tale assunto era «errato in fatto, in quanto in ricorso la parte aveva chiesto il rimborso sulla base della definitività del credito» e «infondato in diritto in quanto la questione della portata applicativa di una disposizione di legge non è rimessa alla disponibilità delle parti, ed ulteriormente in quanto non vi sono motivi aggiunti ma semplici argomentazioni a sostegno dell'originaria domanda». In quarto luogo, la CTR rigettò il motivo di appello con il quale era stata invocata la preminenza del diritto comunitario, come interpretato dalla Corte di giustizia, nonché l'eccezione di giudicato esterno sollevata dagli appellanti con riferimento a tre sentenze della Corte di cassazione che avevano negato la spettanza alla Fondazione dell'agevolazione di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 601 del 1973 per gli anni 1993, 1997 e 1998 in ragione della natura commerciale dell'ente. La CTR motivò al riguardo che: «{i]n presenza di un atto di diritto interno divenuto definitivo su base procedimentale, con verificazione di una decadenza non più sanabile, come nella specie, il potere certo preminente del diritto comunitario si arresta, essendo limitato alla regolamentazione del rapporto di merito, ormai definitivamente preclusa, salvo il caso della diretta applicabilità al caso concreto di una sentenza della Corte di giustizia, ipotesi nella specie inesistente»;
comunque, «non corrisponde al vero che la Corte di giustizia della UE abbia affermato in modo tassativo che la Fondazione ha natura commerciale e che pertanto l'agevolazione non spetta;
come riconosciuto dagli stessi appellanti, è fatta salva la facoltà della Fondazione di provare lo svolgimento di attività esclusivamente non commerciali e bancarie nell'anno in contestazione, conseguendo così il diritto all'agevolazione»;
«[n]e consegue che unico metodo per fare valere il principio invocato dall'Amministrazione era un atto di accertamento cui poteva seguire un giudizio sulla natura commerciale o meno della Fondazione [...] potere ormai precluso, ed ulteriormente che sentenze concernenti annualità diverse non hanno neppure teoricamente (atteso che in fatto per quanto già detto sarebbero irrilevanti, essendo esclusa la valutazione sulla spettanza o meno dell'agevolazione) valore di giudicato».

4. Avverso tale sentenza della CTR — depositata in segreteria 1'8 marzo 2011 e non notificata — ricorre per cassazione l'Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 23/27 aprile 2012, a cinque motivi.

5. La Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia "P Manodori" resiste con controricorso, notificato il 6/7 giugno 2012. 6. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 13 gennaio 2020, nella quale il Procuratore generale ha concluso come indicato in epigrafe.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., error in procedendo per violazione dell'art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR ritenuto ammissibile la doglianza della Fondazione relativa all'inapplicabilità della procedura dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 al fine di contestare il credito esposto nella dichiarazione nonostante tale doglianza - che costituiva un nuovo motivo, non prospettato nel ricorso introduttivo (nel quale la Fondazione aveva, al contrario, riconosciuto l'applicabilità della suddetta procedura) - fosse stata prospettata dalla Fondazione, nel giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, solo con la memoria illustrativa depositata il 2 maggio 2007. 2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., error in procedendo per violazione dell'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR ritenuto inammissibile il motivo di appello relativo all'applicabilità alla fattispecie del procedimento dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, atteso che gli appellanti: in entrambi i ricorsi in appello, avevano dedotto che tale procedimento, «ai sensi della normativa vigente ratione temporis, veniva effettuato dagli uffici finanziari ai sensi dell'articolo 36 bis del D.P.R. 29/9/1973 n. 600, che a sua volta non prevedeva la comunicazione degli esiti della liquidazione stessa, a differenza di quanto è stabilito per le dichiarazioni presentate dal 1/1/1999;
i contribuenti, infatti, avevano notizia di eventuali riduzioni o azzeramenti di rimborsi chiesti con la dichiarazione unicamente tramite solleciti o richieste informative»;
nel ricorso in appello alla Commissione tributaria provinciale di Bologna, avevano aggiunto che «ne consegue che la sentenza è ulteriormente viziata, perché, essendosi limitata a prospettare alternativi procedimenti ai quali la legge assegna, invece, funzione e ambiti di operatività diversi, perviene a conclusioni del tutto contraddittorie, in quanto, ammessa la possibilità di disconoscere il rimborso in sede di liquidazione, che le disposizioni vigenti ratione temporis configuravano come procedimento interno, tranne nel caso in cui si richiedeva la notifica di una maggior pretesa scaturente dalla liquidazione stessa, non avrebbe dovuto escludere l'eventualità che il rimborso fosse stato effettivamente disconosciuto in sede di liquidazione».
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