Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 01/12/2020, n. 27420
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Nel pubblico impiego privatizzato, nella specie alle dipendenze di un ente locale, anche la partecipazione alle imprese agricole, se caratterizzata da abitualità e professionalità, presumibili in caso sia prescelta la forma societaria, rientra nel divieto di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957 ed è incompatibile con un rapporto di lavoro a tempo pieno, perché, interferendo con l'attività ordinaria del dipendente, è lesiva dei principi costituzionali di esclusività e di imparzialità della prestazione lavorativa a favore del datore di lavoro pubblico.
Sul provvedimento
Testo completo
DIRITT 0 1 DIC, 2020 S E T TE N E N S SE E E AULA 'B' E N 27420/20 ZIO A R T IS G E R E T N LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Oggetto SE E Incompatibilità SEZIONE LAVORO lavoro a tempo pieno presso Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: ente locale attività Dott. LIA TIA Presidente agricola Dott. A T · Consigliere R. G. N. 10577/2015 Cron.27420 Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA. Rel. Consigliere Rep. Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA Ud. 16/09/2020 ha pronunciato la seguente CC ORDINANZA sul ricorso 10577-2015 proposto da: N G V, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso lo studio dell'avvocato F C, che lo rappresenta e difende;
ricorrente
contro
C D M, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso 2020 LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, 1658 rappresentato e difeso dall'avvocato MARIA TERESA SPANU;
avversO la sentenza n D'APPELLO di CAGLIARI, R.G.N. 153/2013;
udita la relazione della di consiglio del 16/09/2 CATERINA MAROTTA. controricorrente . 355/2014 della CORTE depositata il 21/10/2014 causa svolta nella camera 020 dal Consigliere Dott. R. Gen. N. 10577/2015 Rilevato che:
1. con sentenza n. 355/2014, pubblicata in data 21 ottobre 2014, la Corte d'appello di Cagliari, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal Comune di Magomadas e, in riforma della decisione del Tribunale di Oristano, mandava assolto il Comune da ogni richiesta formulata nei suoi confronti da Gian Vittorio N;
il N, dipendente del Comune già assunto con rapporto a tempo pieno poi trasformato in rapporto a tempo parziale, aveva chiesto la restituzione al tempo pieno;
in un primo tempo il Comune aveva accolto tale richiesta con delibera di G.C. n. 113 del 29/12/2008 cui, però, il responsabile del servizio aveva ritenuto di non dare esecuzione lasciando il N a tempo parziale;
dopo la notifica del ricorso di primo grado il Comune, dedotta in sede di giudizio la sussistenza di una ragione ostativa alla restituzione del N al tempo pieno nel periodo oggetto di rivendicazione, costituita dall'essere il predetto socio ed amministratore di azienda agricola, dava atto che, in data 10/10/2011, tale servizio a tempo pieno era stato ripristinato essendo stata l'azienda agricola cancellata dal registro delle imprese;
il Tribunale accoglieva la domanda richiamando l'art. 6, comma 4, del d.l. n. 79/1997 conv. in I. n. 140/1997 e ritenendo, quanto alla dedotta incompatibilità per lo svolgimento da parte del N dell'attività di imprenditore agricolo, che il Comune avrebbe dovuto, casomai, prima disporre il reintegro a tempo pieno e poi intimargli la cessazione dell'attività;
dichiarava così il diritto del N relativamente al periodo dal dall'1/8/2008 al 10/10/2011, con condanna del Comune a corrispondergli le differenze retributive rispetto ad un orario di 36 ore;
la Corte territoriale, riformando la pronuncia di primo grado, respinta l'eccezione di inammissibilità dell'appello per non conformità all'art. 342 cod. proc. civ., riteneva, al contrario, fondate le ragioni del Comune;
in particolare, quanto al merito, riteneva che l'attività di imprenditore agricolo svolta dal N rientrasse nell'ambito del divieto di cui all'art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957;
considerava irrilevante la modesta entità delle dimensioni dell'azienda agricola atteso che non poteva dipendere da una valutazione caso per caso 3 R. Gen. N. 10577/2015 l'impegno richiesto nel lavoro parallelo ed in ogni caso evidenziava che non vi fosse stata nel giudizio di primo grado dimostrazione di tale modesta entità;
riteneva, del pari, irrilevante l'autorizzazione data in passato dal Comune (prima del passaggio in part-time) in quanto un precedente illegittimo non poteva fondare il diritto del dipendente;
2. avverso tale sentenza ha proposto ricorso G V N con cinque motivi;
3. il Comune di Magomadas ha resistito con controricorso successivamente illustrato da memoria.
Considerato che:
1. con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 342 cod. proc. civ.;
censura la sentenza impugnata per aver respinto l'eccezione di inammissibilità del ricorso in appello sostenendo che il Comune impugnante non avrebbe specificamente enucleato le ragioni per le quali sarebbe stato erronea l'interpretazione delle norme di legge applicate dal Tribunale;
2. il motivo è infondato sol che si consideri che la Corte territoriale ha ben chiarito quale fosse il nucleo essenziale del rilievo mosso alla pronuncia del Tribunale dal Comune appellante, permeante ed influenzante l'intero impianto argomentativo della sentenza impugnata, individuando lo stesso nel non aver il giudice di prime cure tenuto conto delle norme che disciplinano l'incompatibilità di coloro che svolgono un'attività lavorativa in proprio a prestare servizio per una pubblica amministrazione;
d'altra parte, anche dopo le modifiche introdotta dall'art. 54, comma 1, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito nella 1. 7 agosto 2012, n. 134), così come interpretata da questa Suprema Corte a sezioni unite, con la sentenza n. 27199 del 2017 - la quale ha precisato che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e con essi le relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice -, non è richiesto il rispetto di particolari forme sacramentali o vincolate ma è sufficiente che la parte appellante ponga il giudice superiore in condizione di intendere con chiarezza il contenuto della censura proposta, dimostrando di 4 R. Gen. N. 10577/2015 aver compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili (cfr. anche Cass. 30 maggio 2018, n. 13535);
3. con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo individuato nella documentazione prodotta in primo grado e riguardante le autorizzazioni date dal Comune nel passato;
4. il motivo è inammissibile sia perché la Corte territoriale ha esaminato la documentazione prodotta dal ricorrente e ritenuto irrilevanti le autorizzazioni intervenute in passato sia perché l'omesso esame rilevante ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. del codice di rito riguarda il fatto storico decisivo ai fini di causa e non le risultanze istruttorie dal quale il fatto stesso, valutato dal giudice di merito, può essere desunto (v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014);
5. con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 60 d.P.R. n. 3/1957 e dell'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001 nonché dell'art. 1, commi 60 e 61 della I. n. 662/996;
sostiene che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere tali norme riguardanti anche le attività agricole;
6. il motivo è infondato;
6.1. nello specifico l'incompatibilità è stata valutata in relazione all'attività che il N, quale socio ed amministratore, svolgeva nell'ambito di un'impresa agricola iscritta al registro delle imprese;
6.2. occorre premettere che la materia dell'incompatibilità, del cumulo di impieghi e degli incarichi negli enti locali territoriali è regolata in modo composito ed articolato;
la disciplina