Cass. civ., sez. VI, ordinanza 09/10/2020, n. 21760

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. VI, ordinanza 09/10/2020, n. 21760
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21760
Data del deposito : 9 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente ORDINANZA sul ricorso 19326-2018 proposto da: D'O C, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CA( )V presso la CANCIn

IRIA

191:11„-1 CORTI DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO ANDREOLL PAOLO PIVA;

- ricorrente -

contro

MINISTERO DI I. LAVORO I DI I LI POI ,ITICHI SOCIALI, in persona del Ministro pro tempore, ISPI:,TTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI PARMA, in persona del Capo ispettorato pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERATA', DITLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1096/2017 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 12/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. M \RGHERITA MARIA l i

ONI RILEVATO CHE

La Corte di appello di Bologna con la sentenza n. 1096/2017 aveva rigettato l'appello con cui D'Orsi Ciro aveva impugnato la decisione con la quale il tribunale di Parma aveva rigettato la sua domanda diretta ad impugnare ordinanze di ingiunzione per sanzioni comminate a due società di cui il D'Orsi era legale rappresentante. La corte territoriale aveva ritenuto legittima la motivazione per relationem assunta dal tribunale in quanto la decisione richiamata aveva ad oggetto i medesimi fatti posti a base della attuale controversia ;
aveva valutato infondata la censura relativa agli addebiti posti a base delle ordinanze di ingiunzione (somme asseritamente corrisposte a dipendenti ma non risultanti da buste paga, come accertato da verbali della DTL) ed infine generica la doglianza relativa alla mancata indicazione delle modalità determinative delle sanzioni comminate. Avverso detta decisione D'Orsi Ciro proponeva ricorso affidato a due motivi cui resisteva con controricorso il Ministero del lavoro nonché l'Ispettorato del lavoro di Parma. Veniva depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO CHE

1) Con il primo motivo è dedotta ai sensi dell'art. 360 co.1 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 118 disp.attuaz. c.p.c. per aver ,la corte territoriale, ritenuto legittima la motivazione resa dal tribunale con il richiamo per relationem ad altra sentenza. Deduce che la possibilità di richiamare per relationem altre decisioni Ric. 2018 n. 19326 sez. ML - ud. 21-07-2020 -2- sebbene prevista dal legislatore, non debba essere interpretata in modo tale da far risultare apparente la stessa motivazione. Il motivo risulta inammissibile per piu' ragioni: in primo luogo perche' denuncia l'apparenza della motivazione con il richiamo del vizio di violazione di legge, evidentemente estraneo rispetto alla censura. Quanto poi alla motivazione dei provvedimenti, questa Corte ha avuto occasione di precisare che "In seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c.. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.. (Cass.n. 22598/2018). Il principio evidenzia come il requisito della motivazione del provvedimento assunto resti del tutto insoddisfatto, così costituendo profilo di illegittimità censurabile in cassazione, solo nelle ipotesi in cui venga meno alla finalità di rendere esplicite le ragioni della decisione adottata. Nel caso di specie, il richiamo a precedenti decisioni similari, fondate sui medesimi fatti originativi della controversia, deve far ritenere esplicitate le ragioni del decidere. Questa Corte anche di recente ha chiarito che "la motivazione "per relationem" della sentenza, ai sensi dell'art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., può fondarsi anche su precedenti di merito, e non solo di legittimità, allo scopo di massimizzare, in una prospettiva di riduzione dei tempi di definizione delle controversie, l'utilizzazione di riflessioni e di schemi decisionali già compiuti per casi identici o Ric. 2018 n. 19326 sez. ML - ud. 21-07-2020 -3- caratterizzati dalla decisione di identiche questioni" (Cass. n. 2861/2019). Ulteriore ragione di inammissibilità, per il vero assorbente, sta nel rilievo che il ricorrente non ha trascritto la sentenza di primo grado (n. 255/2016) e la sentenza cui il tribunale si era riferito per relationem ( n. 59/2016), non prodotte in questa sede, e la n. 59/2016,neppure adeguatamente localizzata. 2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione degli artt. 10 e 11 I.n.689/81 ( art. 360 co.1 n. 3 c.p.c), Parte ricorrente si duole della motivazione ritenuta non convincente in merito ai criteri di liquidazione delle sanzioni. Anche tale motivo risulta inammissibile intanto perché la doglianza è riferita a vizio inconferente ( violazione di legge) rispetto a quanto denunciato e poi anche perché a seguito della riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, la disposizione deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riferentesi a riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione(
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