Cass. civ., sez. II, sentenza 30/06/2021, n. 18496

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Il provvedimento analizzato è una sentenza della Corte di Cassazione, emessa dal Consigliere relatore Dott.ssa M.F. Le parti in causa erano una promissaria acquirente e la venditrice, con l'agenzia immobiliare coinvolta. La ricorrente sosteneva di aver subito un danno a causa di un presunto inadempimento della venditrice, che non avrebbe informato adeguatamente sulla provenienza donativa dell'immobile, ritenendo tale omissione un errore essenziale. La venditrice, invece, contestava la legittimità del recesso dal contratto preliminare e chiedeva la condanna della ricorrente per lite temeraria.

La Corte ha rigettato il ricorso principale, confermando la decisione della Corte d'appello di Torino. Ha argomentato che la venditrice aveva fornito la documentazione necessaria, inclusa l'atto di donazione, e che l'acquirente era a conoscenza della provenienza dell'immobile. Inoltre, la Corte ha escluso la sussistenza di dolo omissivo, evidenziando che il semplice silenzio non integra di per sé un comportamento ingannevole. Infine, ha ritenuto che la condotta della ricorrente fosse pretestuosa, giustificando la condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per lite temeraria.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 30/06/2021, n. 18496
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 18496
Data del deposito : 30 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente CCO(V SENTENZA sul ricorso 6973-2016 proposto da: P S, elettivamente domiciliata in ROMA, via Germanico n. 107, presso lo studio dell'avvocato A B, rappresentata e difesa dall'avvocato A F del foro di Torino;

- ricorrente -

contro

N M, elettivamente domiciliata in ROMA, via Cola di Rienzo n. 297, presso !o studio dell'avvocato N B, rappresentata e difesa dall'avvocato G G del foro di Torino;- controricorrente e ricorrente incidentale - e

contro

RM CASE s.a.s. di SPENNACCHIO DANIELE ANTONIO & C. e SPENNACCHIO DANIELE ANTONIO personalmente, domiciliati in ROMA, presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall'avvocato L I R del foro di Torino;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 1518/2015 della Corte di appello di Torino, depositata il 5 agosto 2015 e notificata il 25 ottobre 2016;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 4 novembre 2020 dal Consigliere relatore Dott.ssa M F;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. C M, che ha concluso per il rigetto dei primi tre motivi di ricorso principale e l'inammissibilità del quarto, in subordine il rigetto integrale del ricorso principale e l'assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
uditi l'Avv.to L B (con delega scritta dell'avvocato A F)A P, per parte ricorrente, e l'Avv.to L I R per parte controricorrente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 gennaio 2009 S P evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, M N, l'agenzia immobiliare RM CASE s.a.s. e il socio accomandatario Daniele Antonio SPENNACCHIO, premettendo di avere sottoscritto in data 29.10.2006 proposta irrevocabile di acquisto di bene immobile per il prezzo di euro 180.000,00, di cui euro 5.000,00 versati contestualmente alla sottoscrizione di detta proposta a titolo di caparra confirmatoria, e in data 30.11.2006 scrittura integrativa con la quale la N garantiva la piena disponibilità del bene e l'assenza di vincoli, occasione nella quale versava un ulteriore acconto di euro 20.000,00, cui veniva attribuita ancora natura di caparra confirmatoria;
aggiungeva che il saldo avrebbe dovuto essere versato non appena gli enti mutuanti interpellati avessero terminato le formalità per la concessione di un mutuo, circostanza della quale era stata prontamente informata la promittente venditrice, essendo stata esplicitata la necessità di dover accedere ad un finanziamento di euro 50.000,00 per l'integrale versamento del prezzo;
precisava ancora che in data 30.12.2006 aveva versato un ulteriore acconto di euro 20.000,00, oltre ad avere commissionato il giorno 04.01.2007 la progettazione e la realizzazione di arredi;
solo successivamente a tale data la promissaria acquirente veniva a conoscenza che l'immobile promesso in vendita era pervenuto alla promittente venditrice per donazione, ragione per la quale gli istituti di credito consultati avevano rifiutato di accordarle il finanziamento, secondo le prassi consolidate delle banche;
detta circostanza veniva contestata alla promittente venditrice e all'agenzia di mediazione assumendo l'inadempimento dell'obbligo di informazione, per cui dichiarava di considerare risolto il contratto preliminare, con conseguente obbligo della promittente venditrice di restituzione di quanto ricevuto, pari ad euro 45.000,00, oltre alla provvigione corrisposta per euro 5.900,00, richiedendo, altresì, la condanna di tutti i convenuti al risarcimento dei danni. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenute, spiegata dalla N riconvenzionale per sentir dichiarare la legittimità del recesso ovvero, in via subordinata, la condanna dell'agenzia e del socio accomandatario alla manleva, il giudice adito, con la sentenza n. 1574/2013, espletata istruttoria, respingeva le domande attoree e in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiarava la legittimità del recesso dal contratto preliminare esercitato in data 05.04.2007 e per l'effetto riconosceva il diritto della convenuta a trattenere la caparra di euro 25.000,00. In virtù di rituale appello interposto dalla PIU, la Corte di appello di Torino, nella resistenza degli appellati, proposto dalla N appello incidentale condizionato, insistendo sulla domanda in manleva nei confronti dell'agenzia e del socio accomandatario, con sentenza n. 1518 del 2015, respingeva il gravame principale e per l'effetto confermava la decisione di primo grado, con condanna dell'appellante alla rifusione delle spese del grado e al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che l'efficacia del contratto non era stata sottoposta alla condizione dell'ottenimento del mutuo e la stipulazione di contratto di finanziamento non era stata neanche prevista come sicura. Aggiungeva che dalle prove testimoniali acquisite risultava che fra la documentazione consegnata alla promissaria acquirente al momento della sottoscrizione del preliminare, in data 20.11.2006, vi era anche l'atto di donazione, per cui non poteva essere imputata alla promittente venditrice alcuna omissione nel fornire informazioni sulla provenienza del bene, né sussisteva alcun presupposto per l'annullamento del contratto anche in considerazione del fatto che la donazione era stata disposta dal padre della N a favore della sua unica figlia, sicchè il rischio di azione in riduzione era del tutto modesto. La condanna dell'appellante al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c. veniva dalla Corte distrettuale ravvisata da un'analisi dettagliata della condotta extraprocessuale dell'originaria attrice. Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso Sabrina Più, sulla base di quattro motivi, cui hanno resistito con separati controricorsi gli originari convenuti, contenente quello della N anche ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico motivo. In prossimità della udienza pubblica tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla RM Case s.a.s. e da Daniele Antonio Spennacchio, nonché dalla N nei rispettivi controricorsi ai sensi dell'art. 327 c.p.c. Questa Corte ha avuto più volte occasione di affermare che in caso di appello proposto avverso sentenza di primo grado, ai fini dell'operatività del termine semestrale di decadenza dal gravame (previsto dall'art. 327 c.p.c., nel testo novellato dalla legge n. 69 del 2009 ed applicabile - ai sensi dell'art. 58 della stessa legge - ai soli giudizi pendenti dopo la sua entrata in vigore), la "pendenza del giudizio" va individuata con riferimento alla data di notificazione dell'originario atto introduttivo (ex multis, Cass. 5 giugno 2015 n. 11666;
Cass. 4 maggio 20012 n. 6784). In sostanza, il nuovo quadro normativo introdotto nel corso dell'anno 2009 ha previsto che il più breve termine di impugnazione per la proposizione dell'appello si applichi ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009. Orbene, deve escludersi che ciò nella specie ricorra per essere stato il contraddittorio instaurato in primo grado il 29 gennaio 2009 e dunque trova applicazione la norma anteriore alla riforma. Quanto alla eccezione di improcedibilità ex art. 369 c.p.c. per essere stato il ricorso depositato oltre i venti giorni rispetto la data di notificazione a tutte le parti, è anch'essa infondata. La legge consente agli avvocati che hanno sottoscritto il ricorso di procedere al suo deposito anche mediante l'invio per posta, in plico raccomandato, al cancelliere della Corte di Cassazione. Qualora ci si avvalga di tale mezzo, il deposito si ha per avvenuto, a tutti gli effetti, alla data di spedizione dei plichi con la posta raccomandata, e ciò ai sensi del comma 5 dell'art. 134 delle disp. att. c.p.c. (è sufficiente, dunque, che il plico sia spedito prima dello scadere dei venti giorni decorrenti dalla notifica, a nulla rilevando che esso pervenga alla cancelleria della Corte successivamente allo spirare di tale termine: v. Cass. n. 9861 del 2014 e Cass. n. 684 del 2016). Ai fini della verifica del tempestivo deposito del ricorso per cassazione, ex art. 369 c.p.c., nel caso in cui la parte si sia avvalsa del servizio postale, come nella specie, assume pertanto rilievo, per il ricorrente, la data di consegna del plico all'ufficio postale, mentre il termine di venti giorni dall'ultima notificazione si calcola dalla data di ricezione dell'atto notificato alla parte contro cui il ricorso è proposto, con la conseguenza che essendo stato notificato il ricorso ai controricorrenti a mezzo pec in data 1° marzo 2016 (v. relativa attestazione di notificazione in atti), il deposito dello stesso è da ritenere tempestivo per essere stato inviato a mezzo posta in data 21 marzo 2016, pervenuto alla Corte di Cassazione il 23 marzo 2016, come da avviso di ricevimento. Pure infondata è la deduzione di inammissibilità del ricorso principale ai sensi dell'art. 366 n. 3 c.p.c. per mancanza di esposizione sommaria dei fatti. Questa Corte ha affermato che "per soddisfare il requisito imposto dall'art. 366, primo comma, n. 3), c.p.c. il ricorso per cassazione deve contenere l'esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito (Cass. 3 febbraio 2015 n. 1926). Il ricorso deve, quindi, contenere tutti gli
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